Tognoli Calvi Maria. Un nome sicuramente sconosciuto ai più ma che in queste ore mi è tornato più volte alla mente. Maria è stata una lavoratrice bracciante e una staffetta Ha lottato da giovane per la libertà e l’emancipazione, quando era già anziana per i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, per l’uguaglianza e per la democrazia. Era una pensionata che votava comunista, ed era colta anche se aveva solo la terza elementare. Maria era mia nonna. Di donne e uomini così nello Spi, in Cgil e nella società ce ne sono per fortuna sempre tantissimi. Per cui pretendo rispetto per tutti i pensionati e gli anziani di ieri e di oggi. Oppure qualcuno pensa che gli anziani da rispettare siano solo quelli che in politica, nella società, nelle arti e nei mestieri, in televisione e nel mondo della cultura hanno avuto e hanno un ruolo importante e di potere? Chi la pensa così si dovrebbe vergognare. Dico queste cose perché in questi giorni sento commenti sui pensionati e sullo Spi ingrati, stupidi, smemorati e anche un po’ «razzisti». Lo Spi è un grande sindacato che raccoglie gli uomini e le donne che hanno combattuto le storiche battaglie per la democrazia e per i diritti, quelli che sono stati in prima linea per contrastare il fascismo, la mafia e il terrorismo, quelli che hanno costruito la Cgil, conquistato lo statuto dei lavoratori e un welfare universalistico. Lo Spi, un sindacato di lotta e di memoria, è fatto di questa gente qui e rappresenta quasi tre milioni di persone che continuano a militare nella Cgil. Persone che hanno lavorato per una vita e che oggi per lo più prendono una pensione non certamente da ricchi, che devono fare i conti con uno Stato sociale fatto a pezzi a cui si aggiunge il dramma della disoccupazione o della precarietà di figli e nipoti. Gli anziani e i pensionati non sono egoisti ma hanno a cuore il futuro di questo Paese. Eppure c’è chi li vorrebbe relegare ai margini della vita pubblica e chi si infastidisce perfino perché votano una determinata forza politica o perché si iscrivono al sindacato. Nessuno si interroga mai del perché ciò avviene, del perché il centrosinistra non raccoglie uguali consensi tra i giovani e i lavoratori e di quanto pesano licenziamenti, crisi e precarietà nella militanza sindacale. Per molti il problema è che il 37% dei voti ottenuti dalla coalizione di centrosinistra provenga da persone con più di 60 anni e che la Cgil rappresenta prevalentemente i pensionati. Il peso degli anziani in politica, nella società o all’interno di un’organizzazione sindacale viene quindi visto come un’onta, qualcosa di cui vergognarsi, una sorta di peccato originale da rimuovere con tutti i mezzi possibili. Stiamo rincorrendo il tema del cambiamento – che è sacrosanto e nel quale credo profondamente – finendo però per mettere tutti nel tritacarne in nome del motto «il nuovo per il nuovo purché sia nuovo». Non ci si rende conto però che in questo modo nessuno andrà mai bene, che ci sarà sempre qualcuno più giovane o, semplicemente, meno vecchio. Non ci si rende conto che rinnovamento e cambiamento non possono essere ricondotti solo a una questione anagrafica e che non è di un insulso conflitto generazionale ciò di cui il Paese ha bisogno. Lo Spi fra le sue priorità ha il continuo rapporto con i giovani, perché pensa davvero e si batterà nella promozione di una nuova generazione in grado di costruire un modello di società alternativo al berlusconismo dell’ultimo ventennio. Una generazione che riconsegni alla politica quell’interesse e quella passione che gli anziani di oggi hanno avuto la possibilità di conoscere nel secolo scorso. Non sono quindi i pensionati che intralciano il cambiamento, ma chi non è disponibile a lasciare il passo avendolo detenuto per troppo tempo in ogni campo. Anche in questo non si tratta di età, non c’è differenza fra 50, 60 o 70 anni ma si tratta di capire quando occorre fermarsi e accontentarsi di ciò che si è dato e di ciò che si è avuto. Qui sta l’egoismo, siano essi pensionati o ancora attivi. E allora sono i giovani e i diversamente giovani che devono allearsi nel pretendere il rinnovamento. La vita si sta allungando, gli anziani stanno aumentando e vogliono continuare ad impegnarsi per un Paese che sia migliore per tutti. Dobbiamo essere orgogliosi di avere tanti pensionati che non rinunciano al voto nel pieno rispetto della Costituzione e che non fanno il tifo per l’antipolitica, che non fanno di tutte le erbe un fascio e che proprio per questo chiedono il cambiamento profondo dei partiti e della politica. D’altra parte gli ultra 60enni sono un terzo della popolazione del nostro Paese e per fortuna esistono e camminano nel sentiero della vita insieme agli adulti e ai giovani. Tutti siamo importanti, ad ogni età, sapendo che, come sosteneva mia nonna che lavorava nei campi, ogni stagione dà i suoi frutti, in primavera, in estate, in autunno ed ovviamente anche in inverno. È questo il senso concreto di una forte alleanza fra giovani ed anziani per conquistare il cambiamento. Il cambiamento va aiutato promuovendo la partecipazione dal basso e non il rovescio, per cui occorre rafforzare e non depotenziare ogni regola che definisce democrazia e partecipazione.
L’Unità 16.05.13