Un lavoratore anziano, meno di cinque anni alla pensione, accetta il part time fino alla fine della carriera. Meno stipendio ma anche meno ore in ufficio. In cambio la sua azienda assume un giovane con un contratto a tempo indeterminato. Si chiama staffetta generazionale, l’espressione è stata usata anche dal premier Enrico Letta nel suo discorso di insediamento. E sarà uno degli argomenti di discussione nel ritiro del fine settimana previsto per la squadra di governo. Un esame che partirà da un disegno di legge già pronto, sul quale lo stesso Letta ha messo gli occhi, e presentato da Giorgio Santini, ex segretario aggiunto Cisl ora senatore del Pd.
Il part time sarebbe incentivato. Pur stando in ufficio meno ore il lavoratore non intaccherebbe la pensione futura: i suoi contributi sarebbero comunque pieni con la differenza pagata dallo Stato. L’anziano potrebbe poi chiedere un anticipo dell’assegno pensionistico, che nell’immediato limiterebbe il taglio dello stipendio, ma sarebbe poi scalato al momento della pensione vera e propria. E potrebbe svolgere il ruolo di tutor della persona al di sotto dei 35 anni che l’azienda dovrebbe assumere in cambio. Alle imprese il progetto piace: avrebbero più dipendenti, ma risparmiando sul costo del lavoro. Anche la domanda interna potrebbe risentirne positivamente. Ma tutto questo, naturalmente, ha un costo: per pagare la differenza di contributi il disegno di legge mette sul piatto mezzo miliardo di euro l’anno. Basterebbero per 50 mila part time, portando quindi a 50 mila assunzioni. Ma non sarà facile trovare quei soldi, un terzo della somma che i ministri dell’Economia e del Lavoro, Saccomanni e Giovannini, stanno faticosamente cercando per rifinanziare la cassa integrazione. «D’accordo — dice Santini — ma in questo modo potremmo far ripartire l’occupazione giovanile». Ad aiutare il dibattito nel governo sarà anche la sperimentazione partita proprio in queste settimane.
Alla fine dell’anno scorso era stato il ministro del Welfare Elsa Fornero a firmare un decreto che, anche se con paletti più stretti, regola proprio la staffetta generazionale. La prima regione a raccogliere l’opportunità è stata la Lombardia con un progetto che in tre anni dovrebbe portare a 250 staffette. Secondo Paolo Reboani — presidente di Italia lavoro, il braccio del ministero che segue la parte tecnica del progetto — è una «nuova solidarietà che prova a superare quel dualismo fra ipergarantiti e precari». Chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori: un muro antico che la recessione ha reso ancora più alto. E che in realtà si prova ad abbattere da più di 20 anni. Il primo a fissare per legge questo meccanismo fu nel 1991 il ministro del Lavoro Franco Marini. La differenza rispetto ad oggi è che il part time era senza incentivi: stipendio pi ù basso, pensione più bassa. Punto e basta. Non accettò nessuno e non è una sorpresa.
Il Corriere della Sera 09.05.13