Da molti mesi, ormai, è diventato un appuntamento da far tremare i polsi. Stiamo parlando dei dati sull’andamento del mercato del lavoro che l’Istat diffonde periodicamente. Cifre fuori controllo, frutto dell’intersecarsi e della sommatoria fra diverse emergenze, quella dell’occupazione giovanile, del Mezzogiorno, delle donne. Ed è proprio quest’ultima ad emergere in modo ancor più netto dai numeri relativi al mese di marzo, con ben 70.000 donne in meno sui luoghi di lavoro.
La gravità della situazione questa volta non emerge completamente dal classico dato sulla disoccupazione, il cui tasso si è attestato all’11,5%, invariato rispetto a febbraio e comunque in aumento di ben 1,1 punti percentuali rispetto al marzo del 2012. Ancor più drammatica, infatti, è la rilevazione sull’andamento dell’occupazione, poiché il mese scorso i lavoratori sono diminuiti di 248mila unità rispetto ad un anno fa. In particolare, secondo le stime provvisorie dell’Istat, gli occupati erano 22 milioni 674mila, in diminuzione dello 0,2% rispetto a febbraio (-51mila). Un calo che in pratica riguarda la sola componente femminile: in un mese le donne occupate sono diminuite, appunto, di 70mila unità. «L’aumento della permanenza delle donne ultra cinquantenni a lavoro non è sufficiente – hanno spiegato i tecnici dell’Istat – a garantire un consolidarsi della crescita dell’occupazione femminile o della sua stabilità. Il momento resta particolarmente critico, anche per l’occupazione femminile». Più in generale, a marzo il tasso di occupazione, pari al 56,3%, è diminuito di 0,1 punti percentuali su base mensile e di 0,6 punti rispetto a dodici mesi fa. «È dall’estate del 2012 – hanno ricordato ancora i tecnici dell’Istituto di Statistica – che si registra un calo dell’occupazione più o meno tutti i mesi».
SEMPRE PIÙ INATTIVI
L’enfasi che si sposta dal dato sulla disoccupazione a quello sull’occupazione si spiega con il fatto che non necessariamente le due dinamiche hanno un andamento simmetrico. Di mezzo, infatti, c’è il cosiddetto popolo degli scoraggiati, ovvero di coloro che pur privi di un impiego hanno rinunciato a segnalare la loro condizione e per questo non figurano nella lista dei senza lavoro. Vanno piuttosto ad ingrossare le fila degli individui inattivi di età compresa tra i 15 e i 64 anni,il cui numero non a caso è ancora aumentato. A marzo si è registrato un incremento dello 0,5% (+69 mila unità) rispetto al mese precedente, il che ha portato il numero complessivo degli inattivi a quota 14,351 milioni con un tasso che sale al 36,3%. Un altro fronte caldissimo è quello della disoccupazione giovanile. Il tasso dei 15-24enni privi di un impiego nel mese scorso è salito al 38,4%, in aumento di 0,6 punti percentuali rispetto a febbraio (era al 37,8%) e di 3,2 punti su base annua. Nel dettaglio, secondo le stime provvisorie dell’Istat, a marzo erano in cerca di lavoro 635mila under 25, pari al 10,5% della popolazione in questa fascia d’età. Il tasso di disoccupazione giovanile si riporta, così, su livelli altissimi, vicino al massimo storico raggiunto a gennaio (38,6%).
Di nessuna consolazione è il fatto che l’emergenza lavoro italiana si inserisce in un quadro continentale dello stesso tenore, come ha certificato sempre ieri Eurostat. I numeri parlano di una disoccupazione record. A marzo, il tasso destagionalizzato nei 17 Paesi dell’eurozona è salito al 12,1% ritoccando il precedente record storico (12%), peraltro stabilito proprio il mese precedente. La disoccupazione nell’Unione europea a 27 membri è risultata invece stabile a marzo (10,9%). Scomponendo i dati, l’Austria è il Paese con la disoccupazione più bassa (4,7%), la Grecia il fanalino di coda (27,2%). Ed ancora, i disocc pati nell’euro zona sono in totale 19,21 milioni, mentre nell’Unione eu- ropea i senza lavoro arrivano a 26,52 milioni. Eurostat segnala poi il forte balzo della disoccupazione giovanile (under 25): 24% nell’euro zona (22,5% in febbraio), una cifra però fortemente inferiore al citato dato italiano del 38,4%.
L’Unità 01.05.13