Al terzo o quarto streaming in meno di un mese, risalendo il primo incontro Bersani-Letta con i cinquestelle al 27 di marzo, il giornalista politico comincia a sentirsi un po’ telecronista balbettante e desolato, critico televisivo senza mezzi né preparazione, anima in pena dispersa nel cyberspazio istituzionale.
E seppure le fatiche dell’informazione non fanno notizia, la diretta web di ieri, l’incontro fra il presidente incaricato e una sempre più folta delegazione grillina, s’è comunque aperta all’insegna dell’incomunicabilità per poi chiudersi in un pacato botta e risposta a base di freezer e scongelamenti.
O meglio, per la verità l’ultima rimarchevole battuta, che quasi certamente Letta si era messo in canna prima ancora di sedersi con i parlamentari del M5S dietro l’ormai famigliare tavolone della Sala del Cavaliere, è quella sulla canzone «Dio è morto», peraltro composta da Guccini un anno prima (1966) che l’incaricato venisse al mondo.
Sulla presenza o meno della divinità in questo genere di vicende si può discutere, più o meno laicamente, ma in ogni caso l’esperienza politica – e un po’ anche politicante – torna utile e Letta è stato molto bravo a pronunciarla a sorpresa proprio nel mentre si alzava dichiarando chiusa la sessione on line. Di dover trasmettere a Grillo che Dio è morto, ma dopo tre giorni risorge, i grillini non se l’aspettavano proprio, e perciò hanno fatto il classico buon viso a cattivo gioco – che poi in fondo non era nemmeno troppo cattivo.
Comunque Grillo se lo sarà visto, forse, e non avrà bisogno di saperlo dall’assortito duo Crimi& Lombardi. Detto questo, e al netto del senso di alienazione che questo genere di confronti procura al gentile pubblico non pagante, Letta, che non per caso ha accettato con misurato entusiasmo di pagare la tassa-streaming, è venuto bene sullo schermo. Per niente imballato, abbastanza sicuro, moderatamente gesticolante ed empatico, a un certo punto ha rivendicato di voler mettere del «calore» nella discussione proprio in quanto la sua controparte gli pareva surgelata. Non era una cosa carina da dirsi, ma c’è riuscito senza procurare reazioni nei presenti.
Sotto il quadro con paesaggio di rupi e cascate, i grillini somigliavano piuttosto a delle statue di pietra. Anche quando il presidente incaricato, dopo aver esposto i suoi progetti, li ha ripetutamente invitati a «mescolarsi» – che invece nel loro ambiente deve essere una faccenda parecchio controversa. E infatti a tarda sera è intervenuto il Verbo in persona con un post: «Con questi non ci mescoleremo mai». Dopo aver definito Letta «Capitan Findus, lo stoccafisso del Ppdmenoelle», con meno efficacia Grillo ha reso nota la sua avversione anche lessicale alla mescolanza, «un termine da cucina per quanto raffinata, o per cocktails dal risultato non necessariamente gradevole al gusto».
Crimi l’ha quindi buttata sull’inazione imposta alle Camere. Lombardi ha consegnato a Letta una proposta di abrogazione del finanziamento per co-firmarla. Purtroppo non si è vista la faccia con cui Letta ha accolto l’auspicio.
La particolare condizione dello streaming pone i partecipanti – o attori che siano – in un’area grigia in cui convivono pubblico e privato, finzione e realtà. E tuttavia l’abbondanza di periodi ipotetici usati da Letta – «se riuscirò», «se scioglierò la riserva», «se questo governo si farà», «se arriverà in Parlamento» – hanno lasciato capire che la situazione va per le lunghe.
Anche la diretta è parsa a un certo punto volgere alla noia. Esaurita la metafora lettiana dei ministri esperti, che non devono fare «scuola guida», e consumatasi l’insistenza grillina sulle piccole e medie industrie, ci si è sorpresi a fissare le pareti di damasco giallo, i misteriosi dignitari seduti al fianco dell’incaricato (poi rivelatisi quali il dottor Luigi Ferrara, già vicecapo di Gabinetto di Letta a Palazzo Chigi e il dottor Roberto Cerreto, funzionario di Montecitorio) le toppe sui gomiti della giacca dell’onorevole Nuti, in primo piano.
Né francamente hanno suscitato brividi – ma non è affatto detto che fosse questo lo scopo – le divagazioni sull’ostilità del Pd su Rodotà, il cambio da Marini a Prodi, i movimenti del senatore Marino, eletto a Brescia e ora candidato sindaco di Roma, la mancata modifica del Porcellum sollevata dall’onorevole Giarrusso, come del resto il solito tormentone sulla Bicamerale, i richiami alla legalità, più un chiarimento sul fiscal compact. Per poi tornare al tipo di ministri che Letta, la cui cortese disponibilità era finalizzata ad alzare «la saracinesca» che i grillini pongono tra sé e il mondo, starebbe cercando di arruolare: se con alto profilo d’indipendenza o «navigati», là dove il termine apre orizzonti d’incommensurabile ambiguità.
Ma a quel punto la novità dello streaming si era già da un pezzo trasformata in una specie di talkshow di serie B, come quelli che si vedevano alla metà degli anni 80 in certe emittenti locali, inquadrature fisse, pallide luci, sonoro così così. E d’accordo che la situazione è grave, ma la prossima volta, forse, un po’ di musica non guasterebbe.
La Repubblica 26.04.13