Antonio Pizzinato presidente onorario dell’Anpi Lombardia, Grillo dice che il 25 aprile è morto. È vero?
«Credo che la manifestazione di ieri anche a Milano stia ad indicare che il 25 aprile sia più vivo che mai nel far vivere i valori della Resistenza. Ieri mattina ero a Dongo sul lago di Como. Un luogo simbolo della nostra storia. Ho sottolineato alle nuove generazioni che devono far vivere questi valori e ho ricevuto consensi da tutti. Non è questo il problema, oggi».
Qual è?
«Il punto è che nell’ultimo ventennio
in parte non si sono fatti vivere i valori nati dalla Liberazione che sono implementati nella nostra Costituzione. Non possiamo dimenticare che il valore della Resistenza è stata alla base del decreto luogotenenziale che nel giugno del 1944 stabiliva che spettava solo al popolo sovrano decidere i passi successivi
».
Cioè?
«Uno dei punti che negli ultimi anni è stato messo in discussione è proprio quello che oggi non sono più gli italiani a scegliere, ma il Parlamento. Ecco perché serve una riforma elettorale subito. In secondo luogo la Costituzione dice chiaramente che è compito
della Repubblica rimuovere gli ostacoli di tipo economico e sociale che impediscono l’eguaglianza e la pari dignità. Se no si rimuovono questi ostacoli non c’è futuro».
Ha ragione Grillo dunque quando dice che oggi i partigiani si metterebbero a piangere?
«No, se tornassero i partigiani ci aiuterebbero a operare per rimuovere questi ostacoli. questo è quello che bisogna fare. I partigiani non si mettevano mai da parte come i grillini».
Per esempio?
«Nel mondo del lavoro bisogna assicurare a tutti la parità dei diritti. Credo che il modo in cui è stata celebrato quest’anno la festa
della Liberazione, con la presenza di tutte le istituzioni, senza contestazioni, con tutti i sindacati sia il segnale migliore per rispondere a Beppe Grillo».
I rappresentanti del Movimento Cinque Stelle, però, ieri a Milano sono scesi dal palco dopo le parole del presidente Boldini.
«Credo che Grillo debba riflettere su questo continuo rimettere in discussione tutto e non fare in modo che coloro che sono stati eletti in Parlamento con il suo movimento svolgano un’opera costruttiva per compiere questo passaggio. Bisogna riavviare una nuova stagione che faccia rivivere i valori della Resistenza».
La Repubblica 26.04.13
******
“È pericoloso fare a pezzi la nostra storia fuori dalla Costituzione l’Italia è perduta” di Alessandra Longo
Negli ultimi due anni Stefano Rodotà ha incontrato quindicimila studenti. Lo ha fatto per sponsorizzare la Costituzione figlia della Resistenza, per regalarne i segreti alle future generazioni: «Non è vero che i giovani sono indifferenti. Spesso non sanno nulla. Se gliela spieghi, la Carta, ci trovano dentro i valori in cui credono». E nel giorno in cui Grillo dichiara «morto» il 25 aprile, il professore avverte: «Di questa storia non va smontato
nessun pezzo». Il tono è severo, appassionato, anche se l’ex candidato alla presidenza della Repubblica non vuole scendere in polemica diretta con chi ha sostenuto il suo nome. Ma non si scherza con la storia se si vuole rinascere come Paese: «Dobbiamo essere consapevoli della radice profonda che hanno i diritti di libertà
nel nostro Paese».
Professore, ancora una volta il 25 aprile è stato consumato in maniera controversa,
più divisiva che unificante.
«Quello di quest’anno è stato un 25 aprile diverso dagli anni passati. Perché diversa è la situazione in cui viviamo, immersi in un disfacimento civile e politico».
Forse per questo non c’è stato il dovuto e corale omaggio.
«Ma è questa data e ciò che rappresenta che ci può aiutare in un momento di crisi. Mai come ora abbiamo bisogno di una politica costituzionale che abbia come presupposto la consapevolezza piena dei valori della Costituzione e delle loro radici».
E invece c’è chi pensa al 25 aprile come ad un rito polveroso.
«E’ esattamente il contrario. Non si tratta di mantenere viva una memoria storica ma di rendere omaggio alle basi su cui si può fondare la ricostruzione, non solo economica, del Paese. L’identità costituzionale ci può consentire di riedificare un sistema civile e politico
in un momento di crisi profonda».
Molti italiani hanno perso dimestichezza con la storia.
«E allora bisogna ricordarlo. Il 25 aprile è il punto conclusivo di una
vicenda che vede coinvolti in prima persona i cittadini a difesa della libertà. C’è un nesso profondo tra lotta armata, coscienza culturale e coscienza istituzionale e il
cemento di tutto è l’antifascismo».
Eppure si sente la stanchezza del ricordo, in molti denunciano la retorica resistenziale.
«E’ giusto che la storiografia si
interroghi, approfondisca. Altra cosa è convalidare forme di revisionismo che hanno come unico obiettivo, marginalizzando la Resistenza, di attaccare la Costituzione ».
Mi chiedo se questo Paese è ancora in grado di pensieri profondi, così alle prese con il quotidiano, con la sopravvivenza.
«Ma di questo stiamo parlando, delle radici, dell’identità, senza le quali non si va da nessuna parte. Se si decide di mettere mano alla Costituzione dobbiamo essere consapevoli che la Carta ha al suo interno valori forti che non possono essere messi in discussione senza abbandonare il quadro di riferimento cui si ispirarono i nostri Padri Costituenti. Ed è un quadro di riferimento vitale e dinamico».
Si riferisce ai diritti.
«Sì, penso alla difesa del lavoro, dell’istruzione, al diritto costituzionale ad un’esistenza libera e dignitosa. Tutti diritti violati dal fascismo e dal nazismo».
E per lei c’è una data che rappresenta tutto questo: il 25 aprile.
«Assolutamente sì, la mia è una risposta netta. Non si può cancellare con un colpo di penna il 25 aprile perché significa avviare un rischioso esercizio di abbandono progressivo del dato costituzionale ».
Lei pensa che siamo ancora in tempo per correggere la rotta?
«Io sono andato nelle scuole, ho incontrato 15 mila ragazzi. Ho assistito al risveglio di quello che Habermas definisce “il patriottismo costituzionale”. Non è vero che i giovani sono indifferenti. Dalla seconda metà del 2010 alla prima metà del 2011 la Costituzione è finita sulle magliette, è stata portata nelle piazze… «.
Le più recenti performance della classe dirigente di questo Paese certo non aiutano.
«Infatti. Questo ceto politico ha fatto poco o nulla per riprendere le fila anche se è proprio adesso che abbiamo le responsabilità maggiori. O ricostruiamo l’identità costituzionale o subiremo il declino non solo economico ma anche civile e culturale».
Concludendo…
«Concludendo non si può smontare nessun pezzo di questa storia che è la nostra storia più bella ».
La Repubblica 26.04.13