L’Italia va sempre più indietro. Secondo le stime di primavera dell’Fmi il Pil calerà anche quest’anno dell’1,5%, dopo una perdita del 2,5 dell’anno scorso. Anche il Tesoro nel Def (documento di economia e finanza) non ha escluso quel dato, limandolo però dello 0,2% (a -1,3%) considerando l’effetto espansivo dei pagamenti dei debiti della Pa. Sul decreto relativo ai pagamenti è intervenuto ieri in Parlamento il ministro Vittorio Grilli, ribadendo la possibilità di ulteriori stanziamenti l’anno prossimo e «aprendo» anche alla possibilità di inserire nel provvedimento le eventuali risorse per la Cig in deroga, «da non coprire però – ha dichiarato – con fondi per le spese in conto capitale». Quanto ai conti, il ministro ha insistito sulla necessità di non superare il 3% del deficit. Resta il fatto che l’economia rallenta ancora, creando un pesante allarme occupazione. Secondo gli analisti di Washington il tasso di disoccupazione salirà al 12%, un punto e mezzo in più rispetto al 2012. «Alla fine del 2013 in Italia sarà stato svolto gran parte del lavoro di aggiustamento fiscale – ha spiegato Org Decressin, vice direttore per la ricerca del Fondo, presentando l’outlook – se tutte le misure saranno implementate ». Questo permetterà di affrontare il 2014 con prospettive di crescita migliori. Che significa con un Pil positivo, ma di appena mezzo punto. Come dire: il Paese arranca. E a pesare sui fondamentali c’è anche l’incertezza politica. «Non c’è accordo su nuovo governo è ciò porta con sé dei rischi per il Paese», si legge nel rapporto. Blanchard ha aggiunto che, nonostante i passi avanti fatti sul piano fiscale, «crediamo che molto possa ancora essere fatto sul fronte della privatizzazione, sul fronte del sistema giudiziario eccetera ». Le nuove stime pesano sull’indebitamento, che sale al 2,6% del Pil, e sul debito, che sfonda i1130%. Ma il Fondo non prevede la necessità della manovra. «Non ci dovrebbe essere bisogno di stringere ulteriormente la politica fiscale – ha dichiarato Carlo Cottarelli, direttore del Dipartimento Affari fiscali dell’Fmi – E questo, nel contesto di una politica monetaria a livello europeo che dovrà continuare a essere espansiva, dovrebbe aiutare l’Italia a riprendersi in termini di attività economica. Noi prevediamo una ripresa a partire dall’ ultimo trimestre di quest’anno». Per Cottarelli il pareggio strutturale sarebbe raggiunto. Il deficit italiano, depurato dagli effetti del ciclo, sarebbe a -0,2%, sostanzialmente in equilibrio, anche considerando le nuove spese per i crediti delle aziende con la Pa, che incidono solo marginalmente sull’indebitamento.
CRESCITA Ora si tratta di tornare a crescere. E su questo fronte lo stato del credito non è affatto secondario. Il settore bancario appesantisce tutta l’Eurozona, con la sua scarsa redditività e la debole capitalizzazione. La disponibilità del credito è uno dei presupposti per la ripresa: ecco perché si spinge per interventi a sostegno dei gruppi finanziari. Ma le banche restano osservate speciali, soprattutto dopo il f accuse lanciato l’altroieri da Mario Draghi sui mancati ribassi nei tassi, nonostante il fatto che la Bce avesse garantito iniezioni di liquidità all’1%. Anche per Washington «gli interessi sui prestiti restano troppo alti, e c’è bisogno di ulteriori urgenti misure per rafforzare le banche». Intanto in Parlamento interviene Grilli sui debiti della Pa. «Possiamo fare altro, oltre ai 40 miliardi già previsti, nel 2014? Io ritengo di sì», spiega il ministro ai parlamentari. Trattandosi di debiti pregressi fino al 2012, non spesa corrente, non pesano sul cammino verso il pareggio strutturale e quindi, «se al 15 settembre si potrà sapere quant’è l’ammontare esatto si potranno programmare » ulteriori tranche del debito per pagare i crediti commerciali. Dei 40 miliardi messi a disposizione, 14 sono già in cassa. Ma il tema più urgente oggi è la cassa in deroga. Il ministro non esclude che il Parlamento possa intervenire in quel provvedimento (anche se a rigor di regolamento sarebbe inammissibile per estraneità di materia), ma le coperture non possono essere in deficit. «L’Europa considera la spesa per il welfare strutturali, e quindi non finanziatili con indebitamento», spiega. «Siamo pronti a superare la non ammissibilità se c’è l’unanimità – dichiara il relatore Giovanni Legnini (Pd) – ma trovare le risorse con nuovi tagli è difficile, abbiamo raschiato il barile».
L’Unità 17.04.13