Il tempo passa, il governo non c’è, e le «pratiche» da sbrogliare in campo economico si stanno moltiplicando in modo sempre più preoccupante. Parliamo di questioni della massima importanza, in alcuni casi letteralmente vitali, se pensiamo al già evidente imminente esaurimento delle risorse per la cassa integrazione in deroga. Quella che riguarda i settori produttivi che fino a qualche anno fa non erano «coperti» da alcun ammortizzatore sociale, e che non viene finanziata da contributi di aziende e lavoratori. Una realtà che riguarda molte decine di migliaia di persone: si può stimare che siano difesi nel reddito e nel posto di lavoro grazie a questo strumento circa 100mila lavoratori.
Per questo strumento di tutela che per molti osservatori non è peraltro nemmeno adeguato, come importo, a garantire a una famiglia un tenore di vita decente – le risorse a suo tempo stanziate sembrano ormai esaurite. Che la situazione da questo punto di vista sia drammatica lo testimoniano gli allarmi sempre più disperati lanciati da sindacati e autorità in tante Regioni. In Liguria, tanto per fare un esempio, sono circa 10.000 i lavoratori garantiti dalla Cig in deroga. Ma per loro, dicono le organizzazioni sindacali, ci sono soltanto 18 milioni invece dei 50 che sarebbero necessari. Identica situazione critica c’è in Lombardia – il governatore Roberto Maroni ipotizza servano 300 milioni – nelle Marche e anche in Piemonte. Solo per citare qualche caso.
Non è chiaro quando finiranno i fondi. Né c’è accordo neanche su quanto servirà trovare in qualche piega del bilancio pubblico per assicurare gli assegni «in deroga»: gli artigiani della Cna parlano di almeno un miliardo, altre stime dicono due miliardi. Forse di più, come afferma l’ex ministro del Lavoro di Prodi Cesare Damiano. Quel che è certo è che Cgil, Cisl e Uil hanno indetto per il prossimo 16 aprile una manifestazione nazionale per chiedere a governo e Parlamento di trovare risorse ulteriori. Un’impresa non facile né scontata, vista la situazione sempre delicatissima dei conti pubblici e delle casse dello Stato.
Ma non è quella della cassa integrazione in deroga l’unica «pratica» irrisolta che rischia di avvelenare lo scorcio finale del governo Monti. E mettere in gravissima difficoltà tanti cittadini. C’è ad esempio il caso degli 80mila lavoratori precari con contratti a tempo determinato per i quali a suo tempo il governo riuscì a individuare risorse (o piuttosto, come dicono alcuni osservatori, decise di stringere deliberatamente i cordoni della borsa) che permetterebbero di tenerli in attività soltanto fino al 31 luglio prossimo. A parte il fatto che di fatto queste persone svolgono mansioni spesso in dispensabili per il funzionamento di molti servizi pubblici, sembra piuttosto improbabile (e certamente molto poco popolare) che in una situazione tanto grave sul versante dell’occupazione si voglia davvero mettere in mezzo alla strada dalla mattina del primo agosto 80mila italiani.
Scadrà invece il 30 giugno – a meno di trovare e stanziare nuove risorse aggiuntive – la importante detrazione del 55 per cento per chi effettua investimenti per la riqualificazione energetica degli immobili. Superata questa scadenza (più volte prorogata) l’incentivo avrà termine, e resterà a disposizione soltanto il bonus per le ristrutturazioni edilizie. Eppure questa misura complessivamente ha registrato un grande successo: secondo i dati dell’Enea (aggiornati però soltanto al 2011) 280.700 pratiche totali, investimenti complessivi superiori a 3, 3 miliardi di euro, valore degli importi portati in detrazione di oltre 1,8 miliardi, un risparmio energetico superiore a 1.435 Gwh/anno e ben 305 kt/anno di CO2 (il gas serra responsabile del riscaldamento globale) non emessa in atmosfera. Infine, rischiano di restare appesi alla crisi politica anche i contratti di servizio tra lo Stato e FS, Anas e Poste.
La Stampa 11.04.13