I dati congiunturali sul manifatturiero della via Emilia presentati ieri a Bologna gettano benzina sul fuoco acceso cinque giorni fa dal grido d’allarme di Confindustria Emilia-Romagna, che per la prima volta in 40 anni di vita dell’associazione ha chiamato a raccolta i presidenti di tutte le territoriali e di categoria per lanciare un ultimatum alla politica romana. Un’esasperazione di fronte all’inerzia del Governo acuita dal graduale peggioramento delle performance 2012 delle piccole (che soffrono di più) e grandi industrie regionali: -4,3% produzione e fatturato su base annua e -4,8% gli ordini, segnale non rincuorante sulle prospettive a breve. Con l’aggravante di un gap sempre più ampio tra le attese delle imprese e il reale andamento di produzione e domanda. «Il 2013 doveva essere l’anno in cui si concretizzavano i segnali di risveglio che si respirano in Europa e che altri Paesi competitor stanno già cogliendo. Noi ci confidavamo e parlavamo di recupero per questo avvio d’anno, invece la recessione continua a non dare tregua e rischia di intaccare i fattori portanti della nostra struttura produttiva, peraltro tuttora solida e competitiva», afferma il presidente degli industriali emiliano-romagnoli, Maurizio Marchesini, commentando l’Indagine congiunturale realizzata da Unioncamere e Confindustria Emilia-Romagna assieme a Intesa Sanpaolo.
La ripresa è rimandata al 2014 e non per colpa del terremoto, cui sono imputabili al più un paio di decimi di punto nella caduta del Pil (-2,2% nel 2012 con la prospettiva di un -0,5% anche quest’anno, ma di un -0,8% per l’industria in senso stretto) e il minore smalto all’estero di biomedicale e piastrelle. Il punto è che si è persa qualsiasi prospettiva. E pure l’export è sempre più fiacco nell’arginare la débâcle del mercato domestico (da cui dipende ancora oltre il 60% del fatturato delle imprese): +3,1% la crescita delle esportazioni regionali l’anno scorso (peggio della media italiana), dopo il +13,2% del 2011 e il +16,2% del 2010. Con 3mila imprese internazionalizzate in meno rispetto a dieci anni fa e, quel che più preoccupa, nel bel mezzo di una domanda mondiale che continua a correre a un ritmo del 13% l’anno.
Quel gran pezzo dell’Emilia, come Edmondo Berselli chiamava questa terra di efficienza, competitività e coesione sociale arrivata a pesare il 9% del Pil nazionale e il 12,7% del suo export, ha perso ormai mordente rispetto alla dinamica del Paese. «Serve uno shock di politica economica che ridia fiducia e stimoli all’economia reale», ribadisce Marchesini, secondo cui il decreto che sblocca 40 degli oltre 90 miliardi di debiti della Pa è sicuramente un passo in avanti, ma rischia di sortire pochi effetti tra le Pmi per l’eccesso di burocrazia. Così come allarma la costante erosione di credito: -4% i prestiti alle imprese sulla via Emilia da settembre a inizio 2013 (-4,2% a gennaio contro un -3,9 in Italia). «Le banche sono troppo selettive», è la denuncia degli industriali. Uno su tre ha problemi di liquidità e anche aziende sane sono a corto di cassa e di ossigeno. Il direttore regionale di Intesa Sanpaolo, Adriano Maestri, si difende: «Anche nella virtuosa Emilia il tasso di nuove sofferenze sta crescendo del 3% l’anno».
E non ci sono schiarite in vista, da qui a giugno: l’analisi di Confindustria su un panel di 740 associate racconta che solo un’impresa su quattro prevede di aumentare produzione o ordini, quota di ottimisti che sale (al 31,2%) solo a proposito di domanda estera. Non va meglio per l’occupazione. «Abbiamo perso 55mila unità di lavoro nell’industria dal 2007 a oggi – afferma il numero uno di Unioncamere regionale, Carlo Alberto Roncarati – ovvero il 9,2% del totale, con la previsione di altri 3.500 posti di lavoro in fumo quest’anno. Nel 2013 la ricchezza creata dal settore industriale sarà pari a quella di fine anni Novanta».
I NUMERI
25%
Le imprese ottimiste
Solo un’industria su quattro in Emilia-Romagna prevede un aumento della produzione nel primo semestre 2013, il 22% stima un calo. Più pessimiste le imprese sotto i 50 addetti
-4,3%
Produzione e ordini 2012
Tra i comparti manifatturieri della via Emilia più sofferenti, il legno mobile (-8,3%) e la moda (-6,9). Gli ordini sono scesi in media del 4,8%, ma del 6,9% tra le microaziende
55mila
Posti di lavoro persi dal 2007
È l’occupazione spazzata via dalla crisi. Unioncamere stima altri 3.500 tagli quest’anno, scendendo a quota 500mila unità
Il Sole 24 Ore 09.04.13