«Abbiamo lavorato da un anno per sbloccare i debiti della pubblica amministrazione con i fornitori e abbiamo costruito, con la disciplina di bilancio, la possibilità di avere il via libera della Commissione. Ora quel via libera c’è e io non vedo ragioni per non procedere con un provvedimento d’urgenza». Vittorio Grilli, a meno di sorprese, lascerà a breve la scrivania che fu di Quintino Sella, ma nella sua stanza al primo piano del ministero dell’Economia non c’è ancora traccia di scatoloni.
Farete un decreto? «Da parte mia non vedo ostacoli. Il ministero dell’Economia è pronto. Certo, ci sono ancora molti aspetti tecnici da definire. E la decisione sullo strumento da adottare non tocca a me. Ma se è vero che siamo davanti a un’emergenza, e io credo che sia vero, è giusto partire prima possibile. Ci stiamo lavorando con la massima urgenza, poi toccherà al presidente Monti decidere quando spingere il bottone».
Il governo è in ordinaria amministrazione, ma in piena emergenza economica il concetto di amministrazione ordinaria, definito in modo vago dalla dottrina costituzionale, non può essere interpretato (e non lo fa certamente il Quirinale) in modo restrittivo. Perciò tutti guardano a Monti perché, dopo le aperture di Bruxelles, intervenga immediatamente per avviare il pagamento da parte delle amministrazioni pubbliche dei debiti verso le imprese, un tassello fondamentale per far fronte al credit crunch e ristabilire un flusso ragionevole di liquidità nel sistema economico.
Il pressing della Confindustria, in questo senso, dura da mesi, il Governo ha adottato più di un provvedimento, ma finora i risultati sono stati modesti. Su uno stock di debito che, secondo le stime prudenziali della Banca d’Italia si aggira intorno ai 70 miliardi, ne sono stati pagati ad oggi solo alcuni milioni. Il timore che si possa ancora perdere tempo è alto.
«Non si è perso tempo. La scarsa solidità delle nostre finanze, e l’impossibilità di ricorrere a un uso diretto del bilancio, ci hanno costretto a cercare strade impervie. Ma se oggi la Commissione ci dà margini più ampi sulla valutazione di questi debiti ai fini del conteggio del deficit e sul debito, ciò avviene perché in questo anno abbiamo messo ordine nei nostri conti, fino all’uscita dalla procedura di deficit eccessivo». Ci sarà il cambio di passo? «Ora possiamo mettere in campo risorse dirette, quindi non vedo difficoltà insormontabili nell’intervenire con urgenza. Ovviamente servirà anche un consenso ampio del Parlamento, perché un eventuale decreto dovrà comunque essere convertito in legge dal Parlamento. Qui si tratta di cambiare, anche se solo una tantum, i saldi di bilancio. Non è un’operazione banale».
Il rischio è che la burocrazia e le resistenze nella pubblica amministrazione possano ancora una volta rallentare, rinviare, bloccare il processo di liquidazione dei debiti. A cominciare dal problema della certificazione dei crediti che andranno effettivamente pagati. «In questo senso la piattaforma per la certificazione che abbiamo messo su in questo anno ci tornerà utile. Ma soprattutto voglio precisare che da parte del Tesoro non verranno messi inutili ostacoli o complicazioni burocratiche. Sarebbe assurdo chiedere alle amministrazioni di mandare milioni di fatture al Tesoro. Loro sanno chi sono i loro fornitori e potranno pagarli direttamente. Da parte nostra ci sarà un controllo ex post non ex ante. Nessuno avrà più alibi».
Resta la questione di come verranno reperite le risorse per i pagamenti. Si ricorrerà a emissioni di titoli del Tesoro? Saranno le singole amministrazioni ad andare sul mercato? Si ricorrerà ancora una volta alla Cassa depositi e prestiti? Forse è il caso di fare chiarezza su questo. «Andiamo con ordine. Tra i pagamenti, innanzitutto, ci sono le spese per investimento dei Comuni. Si tratta di circa 10 miliardi sui 70 totali stimati. In questo caso molto spesso le risorse ci sono, i Comuni le hanno. Si tratta, quindi, semplicemente di permettere loro di spenderle, attraverso un allentamento del Patto di stabilità interno. Cosa che ora, dopo il sì della Commissione, possiamo fare. Ci sono poi i debiti legati alla spesa corrente delle amministrazioni in sofferenza di cassa. In questo caso dobbiamo provvedere ad approvvigionarci, attraverso l’emissione di titoli di Stato, di liquidità da riversare agli enti interessati. Ma potremo anche pagare alcuni debiti direttamente con titoli di Stato. Non credo invece nel ricorso alla Cdp. È un soggetto privato, fuori dalla Pa, non ha senso usarla per pagare debiti che non sono suoi».
La Commissione ha dato il via libera, ma come reagirà il mercato davanti a queste nuove emissioni di titoli di Stato? «Non potrà che reagire positivamente. Stiamo facendo un’operazione di trasparenza. Eppoi in questo modo, dando liquidità alle imprese e rafforzando indirettamente il sistema creditizio, possiamo contribuire a rilanciare la crescita e quindi a rafforzare il denominatore nel rapporto tra deficit/debito e Pil. Teniamo insieme crescita e rigore».
Il Sole 24 Ore 20.03.13