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"Francia, vietato bocciare. L’égalité conquista le aule", di Alberto Mattioli

Dal vietato vietare di sessantottina memoria al vietato bocciare. Gli obbiettivi della gauche diventano meno ambiziosi ma più realisti. Nella scuola francese, far ripetere l’anno diventa fuorilegge. O quasi: «Nel quadro dell’acquisizione di conoscenze, competenze e metodi prevista alla fine del ciclo e non più dell’anno scolastico, far ripetere un anno dev’essere eccezionale». Così recita l’articolo primo della «legge di rifondazione» della scuola, fiore all’occhiello del programma di François Hollande, attualmente in discussione all’Assemblée nationale.

Con un emendamento, i deputati socialisti sono andati anche più in là di quanto proposto dal loro governo, che si era limitato a scrivere che si deve «proseguire la riduzione progressiva» dei ripetenti. Invece adesso la bocciatura diventa l’eccezione che dovrebbe confermare la regola di una scuola migliore. Liberté, égalité, fraternité e promozione.

Il benefattore della peggio gioventù è il controverso responsabile dell’Educazione nazionale, il filosofo socialista Vincent Peillon, una specie di mina vagante nelle acque governative, un ministro iperattivo che una ne fa e cento ne propone, compresa quella di legalizzare le droghe leggere (si spera non in classe). Però la sua crociata contro le bocciature non è così eccentrica. Fra i Paesi dell’Ocse, la Francia detiene saldamente il record del «redoublement», la ripetizione dell’anno: tocca a più di uno studente su tre, quando la media nel resto del mondo è di meno di uno su sette.

Da tempo, gli esperti vanno ripetendo che la misura è, ai fini pedagogici, del tutto inutile. Di certo, è disastrosa per quelli economici: nel 2009, per esempio, ha rappresentato un aggravio di più di due miliardi di euro per le esauste casse pubbliche. E del resto la mitica «circolare della rentrée», cioè l’editto del ministero che indica obiettivi e modalità dell’anno scolastico che inizia, già nel 2010 spiegava ai professori recalcitranti che far ripetere l’anno «costituisce l’ultima risorsa». Ma i docenti francesi finora non se ne sono dati per inteso e proseguono le loro stragi di discenti.

Sulla scuola, Hollande si gioca molto. Quello dell’Educazione nazionale è uno dei tre ministeri (gli altri sono gli Interni e la Giustizia) dove lo Stato continuerà a investire. Delle 60 mila persone che assumerà nei prossimi cinque anni, 54 mila saranno nella scuola.

Se finora tutte le riforme erano partite dal liceo per «scendere» verso le elementari, la filosofia di Peillon è opposta: gli sforzi e i mezzi saranno concentrati sulla «primaire», specie per gli alunni che per ragioni di estrazione sociale o provenienza territoriale sono svantaggiati. Secondo le statistiche, alla fine delle elementari è scolasticamente «fragile» un ragazzino su quattro e questo ritardo, nell’implacabile logica selettiva della scuola francese, in seguito non viene colmato quasi mai.

Certo, l’Educazione nazionale è un tale mastodonte (850 mila insegnanti, 12 milioni di studenti) che chi la tocca deve armarsi di pazienza e prudenza. Peillon ha già scatenato un putiferio proponendo di passare alle elementari dalla settimana di quattro giorni (ovviamente pieni) a quattro giorni e mezzo. E anche il dibattito sulla sua legge si sta svolgendo in un’atmosfera da per chi suona la campana, anzi la campanella. La destra giudica la riforma «ideologica» e «chiacchierona» e cerca di soffocarla sotto 1.400 emendamenti. La gauche più a gauche la trova non abbastanza audace e non la voterà. I Verdi avevano addirittura proposto di vietare i voti alle elementari, ma il loro emendamento è stato respinto. I voti restano, la bocciatura no

La Stampa 18.03.13

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“Aiutarli nelle scelte invece di punirli”. Gavosto: da noi penalizzati gli immigrati, di Flavia Amabile

Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli: perché questa decisione della Francia? Davvero bocciare non serve?

«È dimostrato che nella stragrande maggioranza dei casi non aiuta. Chi aveva un percorso difficile continua ad averlo anche dopo essere stato bocciato, e spesso viene bocciato di nuovo. A volte, se può, abbandona del tutto. C’è stata una presa di posizione molto netta su questo punto anche da parte dell’Ocse: non è questo lo strumento migliore per evitare lo spreco di risorse umane».

In Italia siamo un po’ troppo buonisti però, dicono in tanti.

«In Italia il tasso di bocciature è insignificante alle elementari, è intorno al 4% alle medie e sale invece al 10% alle superiori ma con tassi anche del 17% per chi frequenta i primi anni delle superiori».

Insomma nella scuola dell’obbligo si boccia poco.

«Si bocciano soprattutto gli immigrati. Il loro rischio di non farcela può essere fino a 19 volte più elevato di quello che corre uno studente italiano. L’obbligo è esteso fino a 16 anni, però, dunque si devono frequentare almeno uno o due anni di superiori».

Ed è a quel punto che inizia la selezione vera e propria.

«È giusto che ci sia severità, ma le bocciature si potrebbero evitare aiutando gli studenti a scegliere il percorso più adatto alle loro caratteristiche. E poi, organizzando attività di sostegno, corsi pomeridiani, o allungando il tempo della scuola anche al pomeriggio. È importante anche che il gruppo docente faccia agire i compagni di classe, lasciando che siano loro ad aiutare chi è più fragile».

Attività di sostegno, corsi pomeridiani e tempo allungato: bellissimo e irrealizzabile. Mancano i fondi.

«Verissimo, ma la realtà non cambia: bocciare è un fallimento della scuola, un arrendersi di fronte a un problema che non si è stati in grado di risolvere».

La Stampa 18.03.12