Per il ministro Profumo il Regolamento sul Sistema nazionale di valutazione, inserito all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri dell’8 marzo per l’approvazione definitiva, è un grande lavoro che va chiuso prima della fine del mandato, un atto dovuto. In ballo ci sono il miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia del servizio scolastico, l’innalzamento dei livelli di apprendimento, lo sviluppo delle competenze degli studenti. Tra gli effetti attesi, c’è lo sviluppo di una autonomia responsabile, grazie alla rendicontazione sociale e alla comparabilità dei risultati. Niente premialità, almeno per ora.
A sentire il sottosegretario Elena Ugolini, alla cui tenacia va attribuito l’approdo finale del provvedimento in CdM, è dal 2001 che si discute di valutazione: il testo attuale è frutto di una mediazione e trae spunto dal lavoro di Governi diversi. L’esistenza di un SNV, a detta del Governo, è condizione necessaria per l’accesso ai fondi strutturali europei della programmazione 2014-2020.
L’altra faccia del Regolamento è il clima di forte tensione che si è venuto a creare per la fretta di licenziare un provvedimento di tale importanza fuori tempo massimo, con un nuovo parlamento che si sta per insediare. Politicamente poco corretto. C’è chi ha parlato di “un colpo di mano” e di “un modo di procedere arrogante e autoritario”.
Il fronte dei contrari è ampio e variegato. Non “contrari a priori”, visto che l’introduzione di un SNV è considerato necessario da tutti e già implicito nella riforma dell’autonomia. Contrari ai tempi e ai modi. La solita riforma calata dall’alto, si osserva, e per giunta ad opera di un Governo “scaduto”.
La solita riforma a costo zero, passata ai raggi X dal MEF, in modo da certificare che non ci siano “nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. In Europa invece, alla quale guardiamo per copiare ed importare modelli, i sistemi di valutazione costano. Nella piccola provincia autonoma di Trento, spesso citata come esempio del fare, dove già da alcuni anni è stato implementato il controllo e la valutazione dei risultati, è previsto un apposito fondo per la qualità del sistema educativo.
Altro punto debole sono le carenze strutturali della famosa struttura a tra gambe del SNV: quella dell’Invalsi è preponderante, quella dell’Indire debole, quella del corpo ispettivo pressoché inesistente.
La riforma, così come è nata, sarà vissuta passivamente dalla scuola reale, destinataria e mai partecipe delle scelte “strategiche” che la riguardano. Col rischio che l’autovalutazione diventi una burocratica esecuzione di formali protocolli predisposti dagli “esperti” e il miglioramento sia di facciata.
Non è stato recepito il suggerimento espresso dagli organi consultivi di coinvolgere le scuole per renderle “protagoniste” e non mero “oggetto” della valutazione. Incerto anche il coinvolgimento degli enti locali. Chissà se e come potrà essere valorizzato quel personale scolastico sempre più schiacciato da vecchi e nuovi adempimenti.
Ma “piuttosto che niente è meglio il piuttosto” dice un vecchio adagio, assunto dai sostenitori di questa scelta. E così il Governo tecnico potrà vantarsi di avere messo a segno una riforma epocale.
La Tecnica della Scuola 08.03.13