attualità, politica italiana

"L’ombra dei Lavitola sulla Terza Repubblica", di Filippo Ceccarelli

E nell’Italia sconvolta dalle attese e dai pericoli, dalle novità e dai vuoti, l’unica certezza è il ritorno di Lavitola e De Gregorio, il gatto e la volpe del berlusconismo più oscuro e ruspante. TOH, guarda chi si rivede! Non si dirà qui che i morti afferrano il vivo, le due condizioni risultando piuttosto relative in un paese decisamente in bilico. Ma certo questa duplice e graziosa ricomparsa, con un corredo antropologico e giudiziario di risonante attualità, non rischia solo di tradursi in un ulteriore colpo a uno dei presunti vincitori, che il Cavaliere oltretutto si aspettava, ma soprattutto alla speranza di chiudere un ciclo di ricordi e di potere. Mentre queste due figure, più che riaprirlo, lo squarciano, lo spalancano, lo squadernano riportando l’orologio a tempi ormai lontanissimi.
La storia ha infatti a che fare con l’«acquisto» – così crudamente definito in atti – di un certo numero di senatori che avrebbero dovuto mandare a casa il governo Prodi. Sembra di ricordare che Berlusconi aveva battezzato tale proposito «Operazione Spallata», o qualcosa del genere. Ma siccome l’Italia è il paese della commedia, e Berlusconi vi svolge il ruolo di impresario, regista e attore, occorre ricordare che di quell’annoso mercimonio si venne a conoscenza nel primissimo ciclo di intercettazioni telefoniche, deflagrato come una «bomba», così disse il Cavaliere, nel dicembre 2007.
Bene, delle cinque attrici che egli cercava affannosamente di arruolare in qualche fiction Rai, una – la stessa che gli aveva regalato un gattino, di nome Miele, con annesso topo meccanico ribattezzato Romano, come Prodi – sarebbe appunto stata «a cuore» di un senatore dell’opposizione che in tal modo, vistola sistemata in qualche sceneggiato, sarebbe passato con il centrodestra.
Era in realtà una balla, come poi comprese anche la poverina, che qualche illusione se l’era pure fatta, e ci rimase un po’ male di quell’interessamento di un senatore che nemmeno la conosceva. Ma pazienza. Per tornare al gatto e alla volpe, si viene a sapere oggi che Berlusconi si affidò a Valterino Lavitola per portare a sé Sergio De Gregorio, con la consueta lungimiranza selezionato dal talent scout Di Pietro. I due personaggi arrivarono in braccio a Berlusconi come cespiti relazionali dell’eredità di Craxi (vedi i documenti, anche iconografici, lodevolmente messi a disposizione e on line dall’omonima fondazione) . Gente sveglia, comunque, pure troppo.
Sarebbe impossibile seguirli nel viluppo rovinoso delle loro peripezie, spesso contraddittorie e non di rado reciprocamente conflittuali. Tra affari, ambizioni, gelosie e beghe la comune origine napoletana, come documentata da irresistibili
intercettazioni in dialetto, arricchisce senz’altro la tonalità farsesca di alcune vicende, che tuttavia restano così gravi da interessare diverse procure. Ma il fatto decisivo è che entrambi, almeno fino a un certo punto, si posero al servizio del Cavaliere traendone un certo beneficio.
De Gregorio, giornalista avventuroso e uomo d’affari non proprio solidissimo, divenne un autentico leader, alla testa del movimento «Italiani nel mondo», fondato alla presenza del cardinal Martino, che fece anche recitare il Padre nostro, e socio fondatore del Pdl. Per le vie d’Italia apparvero poster che lo raffiguravano sorridente sotto lo slogan «Il Coraggio dei Valori». Promise in seguito di imprigionare chi rimuoveva il crocifisso dagli uffici ed ebbe pure una tv che però, nei momenti di scanca, si scoprì mandare in onda porno. Poi si stufò della politica, ma eccolo qui.
Lavitola, d’altra parte, va ricordato come il terminale berlusconiano in Sudamerica: affari Finmeccanica, paradossale costruzione di carceri, e altri «bingo biblici», come li designava. Oltre ad operazioni più o meno coperte sul disvelamento contundente della casa di Montecarlo e alla gestione romana, invero assai costosa, di quell’altro gentiluomo e procacciatore di signorine, insomma di Gianpy Tarantini, nei riguardi del quale Valterino non fu in verità poi così leale. Ma anche di questo, con la rivoluzione grillina e ciò che si delinea per i destini del paese, i lettori potranno farsi una ragione.
Certo la fidata segretaria berlusconiana, Marinella, non lo sopportava per la sua insistenza: «Mi togli il fiato» diceva, come pure «Lasciami vivere ». Ma il Cavaliere lo stava a sentire, eccome. Forse perché Lavitola era molto abile nell’adulazione, e a tale proposito non si resiste a riportare un gioiellino di pestilenziale oscenità: «Io sinceramente non credo che ci sia una donna che al mondo che se lei telefona e le dice: “Vieni qui e fammi una pompa”, quella non viene correndo». E quindi, con magico tocco fantozziano: «Dottore, lei mi perdona se mi permetto».
Più che perdonato. E infatti è Lavitola l’interlocutore al quale il Presidente del Consiglio, vincitore molto parziale delle ultime elezioni, affidò un dimenticato, ma in fondo anche ragionevole proposito: «Non me ne fotte niente, io tra qualche mese me ne vado per i cazzi miei, e quindi vado via da questo paese di merda di cui sono nauseato. Punto e basta».
Ecco: punto sì, ma evidentemente non basta, infatti non basta mai, e tutto cambia, in Italia, ma il peggio resta ed è sempre più difficile sperare, anche se ci si prova sempre.

Walter Lavitola è stato per anni editore e direttore dell’Avanti!, foglio dell’ex Psi. I soldi pubblici ottenuti dalla testata sono al centro di un’inchiesta
Silvio Berlusconi su uno dei primi manifesti di Forza Italia. Il partito fu fondato nel 1994 dopo la dissoluzione della Prima Repubblica causata da Tangentopoli
L’AMICIZIA TRA BETTINO E SILVIO
Un giovane Silvio Berlusconi con l’amico Bettino Craxi. Nella cerchia del leader socialista c’erano anche Sergio De Gregorio e Valter Lavitola, poi passati al Cavaliere e ora al centro dell’inchiesta per corruzione a Napoli.

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“Mi pagava in nero con mazzette a rate”, DARIO DEL PORTO CONCHITA SANNINO

UN «patto scellerato» da tre milioni di euro. Concepito da Silvio Berlusconi per comprare il senatore Sergio De Gregorio. Obiettivo: «sabotare» il governo Prodi.
SETTE anni dopo l’insediamento nella primavera del 2006 di quella risicata maggioranza, all’alba di una nuova Repubblica, un parlamentare confessa di aver venduto la propria funzione. De Gregorio, eletto con l’Idv di Di Pietro e poi passato nel centrodestra proprio mentre diventa presidente della Commissione Difesa, fornisce le prove. Mette a verbale la verità: «Due milioni li ho avuti in nero, il resto come sostegno al mio movimento». Intermediario e “postino”: Valter Lavitola. E sottolinea: «Non mi voglio giustificare, so che è un reato». Ma «avevo debiti fino al collo». I pagamenti? «Avvenivano inesorabilmente, mese dopo mese». Dilazionati anche perché, secondo i magistrati, Berlusconi non si fidava. Soldi che, per uno strano giro, dai conti del senatore finiranno anche a gente di camorra.
Ora Berlusconi è indagato dalla Procura di Napoli per corruzione e finanziamento illecito ai partiti. Stessa accusa per il senatore uscente De Gregorio, ormai in procinto di finire agli arresti domiciliari per la precedente indagine sui
finanziamentia L’Avanti!, e il faccendiere Valter Lavitola, in carcere da dieci mesi, che in una lettera rinfacciava all’ex premier il suo ruolo nella compravendita dei senatori. I pm Curcio, Milita, Piscitelli, Vanorio e Woodcock, coordinati dai procuratori aggiunti Cafiero de Raho e Greco, hanno trasmesso ieri al Parlamento la richiesta di perquisizione di una cassetta di sicurezza ritenuta riconducibile all’ex premier. E il nucleo di polizia tributaria della Finanza ha notificato al Cavaliere l’invito a essere interrogato martedì prossimo. De Gregorio, intanto, solo pochi mesi fa, ha cercato di ottenere dall’ex premier ulteriori «aiuti» rivolgendosi a Niccolò Ghedini, a Marcello Dell’Utri e a Denis Verdini. Tutti a conoscenza del denaro che gli era stato versato. Per caso, De Gregorio non è di nuovo in Parlamento. «Il 19 dicembre il partito mi ha chiesto di ricandidarmi, ma io ho rifiutato», assicura. Il Pdl insorge. «È un’inchiesta priva di fondamento, la cassetta è intestata al Pdl», afferma Ghedini.
«COSÌ MI HA PAGATO CON TRE MILIONI».
Dal luglio 2006 fino al marzo 2008, il Cavaliere ha versato tre milioni a De Gregorio. Un milione, “in chiaro”, è giustificato da un accordo federativo «tra Forza Italia e il mio movimento Italiani nel mondo». Altri due versati “in nero” e depositati sui conti del senatore. Che racconta. «Ho partecipato all’Operazione
libertà diretta a ribaltare il governo Prodi. Già dopo il voto che mi vide eletto presidente della Commissione Difesa, discussi a Palazzo Grazioli con Berlusconi di una strategia di sabotaggio, della quale mi intesto tutta la responsabilità. L’accordo si consumò nel 2006. Il mio incontro a Palazzo Grazioli con Berlusconi servì a sancire che la mia previsione di cassa era di 3 milioni. Subito partirono le erogazioni. Ho ricevuto 2 milioni in contanti da Lavitola a tranche da 200 e 300mila euro». «Ed è qui che entra in gioco Lavitola, che frequentava molto Palazzo Grazioli perché era intimo del senatore Comencioli, pace all’anima sua». De Gregorio aggiunge: «Non sto qui a giustificare di aver ricevuto 2 milioni in nero. Ho commesso un reato. Non mi domando perché Berlusconi affidasse a Lavitola la pratica di consegnarmi il danaro». Ribadisce: « (Quei soldi, ndr) sono una parte del patto scellerato che io fino al 2007 ho accettato da Lavitola. Inutile dirlo, è una mia responsabilità».
«SOLDI ANCHE A ROTONDI E MUSSOLINI»
Ma De Gregorio dice d’aver nutrito dubbi sulle modalità dei pagamenti. «Io insistetti: ma perché non me li date al partito? Che senso ha questa roba in nero? Mi venne spiegato, dallo stesso Lavitola, che gli altri partiti minori avevano ricevuto somme più o meno uguali, se non inferiori al milione di euro che mi era già stato
bonificato». Precisa ancora il senatore: «Ricordo addirittura che fu indicata la cifra di 700 mila euro, e non di un milione, (nell’accordo Italiani nel mondo-Fi,
ndr) per non fare irritare Rotondi, la Mussolini e gli altri che avevano ricevuto sostegno dal partito in misura più o meno equivalente a questo contratto».
“PUOI OFFRIRE FINO A 5 MILIONI DI EURO”
«Quando mi sono riavvicinato a Berlusconi abbiamo combattuto insieme una guerra. E di guerra vera si trattava, perché Berlusconi voleva che Prodi, che aveva prevalso per una manciata di voti, ritornasse a casa. Prefigurare dal punto di vista politico la caduta del suo governo non era difficile. Berlusconi era deciso a individuare il malessere di alcuni senatori, di alcuni deputati, che potessero determinare l’evento finale». De Gregorio cercò di portare dalla parte del centrodestra il senatore Giuseppe Caforio. Fu un boomerang. «Dissi a Berlusconi che forse Caforio poteva ascriversi al ruolo degli indecisi e lui mi disse: “Cosa gli puoi offrire?” Risposi: che magari gli diate un finanziamento alla sua forza politica. Allora lui disse: “Puoi proporgli fino a 5 milioni”. Ma Caforio mi registrò e mi denunciò». Invece De Gregorio, raggiunto l’accordo, cambiò casacca solo all’ultimo per non destare sospetti. «Avendo fatto quel ragionamento con Berlusconi — racconta sempre ai pm — chiamo il senatore Schifani e gli dico: Renato, se mi votate io accetto i voti e mi prendo la responsabilità di farmi indicare dal Presidente della commissione Difesa».
LA STRATEGIA DEL SABOTAGGIO IN AULA
«Berlusconi aveva promosso l’Operazione libertà per determinare in ogni modo possibile la fine del governo Prodi», dice De Gregorio. “Cosa facemmo noi per far cadere il governo Prodi?”» Era il gennaio 2007. «Ci attivammo, intanto». E quando i pm chiedono, «Noi, plurale maiestatis?», risponde: «Noi come centrodestra ». Ed ancora: «Io continuavo in Commissione Difesa a respingere i provvedimenti del governo. Era sicuramente un motivo che indeboliva Prodi».
“LAVITOLA ARRIVÒ CON I SOLDI AL SENATO”
Uno dei testimoni chiave dell’inchiesta ed ex collaboratore di De Gregorio, il commercialista Andrea Vetromile, offre riscontri significativi al racconto della compravendita del senatore De Gregorio. «Mi risulta che solo Lavitola abbia consegnato a De Gregorio 4-500mila euro nella sede del Parlamento. Assistetti a quell’operazione. Ricordo che stavo con De Gregorio nel suo ufficio, all’epoca era presidente della Commissione Difesa, quando si presentò Lavitola con una borsa che io sapevo essere piena di soldi. Fu lo stesso De Gregorio ad annunciarmi la visita di Lavitola che gli avrebbe consegnato i soldi di Berlusconi quale ringraziamento
per il passaggio al suo schieramento politico. Quando Lavitola entrò, dopo i primi convenevoli, mi chiese di uscire. Quando rientrai, la scrivania di De Gregorio era piena di soldi».
QUEI SOLDI FINITI ALLA CAMORRA
Su De Gregorio indaga il pool anticamorra. Negli atti, appena depositati alla Camera, si fa riferimento agli esami di «flussi finanziari per decine di milioni di euro » sui conti di De Gregorio. «Fra le numerose operazioni finanziarie emergevano alcune che apparivano ad un tempo singolari e significative». Quel denaro, erogato dal Cavaliere a De Gregorio, finirà — all’insaputa dell’ex premier — nelle casse di personaggi vicini ai clan. Scrivono infatti i magistrati: «All’origine e alla fine di alcuni flussi economici che passavano attraverso le società e i conti del senatore De Gregorio, si ponevano dalla parte iniziale, di origine, l’allora capo dell’opposizione Berlusconi ovvero la sua formazione politica; e dall’altro, quello di destinazione ultima, soggetti vicini a un’associazione camorristica operante nell’area napoletana».

La repubblica 01.03.13