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“Noemi, il cavaliere e le donne italiane”, di Chiara Saraceno

“Perché le donne italiane non reagiscono?” E´ la domanda che mi viene spesso posta da giornaliste straniere, che non si capacitano del silenzio delle donne, prima sul caso delle potenziali candidate alle europee individuate sulla base delle loro caratteristiche estetiche, poi sul caso di Noemi Letizia. Certo, posso puntigliosamente elencare i nomi di donne che hanno scritto su queste vicende analizzandole per quel che dicono sullo stato dei rapporti uomo-donna nel nostro paese. Salvo dover ammettere che si tratta di voci che fanno fatica ad entrare nel discorso pubblico, dal momento che, al solito, il caso è diventato un conflitto tra uomini. Ove le donne – le aspiranti candidate alle europee, Noemi, Veronica – sono diventate solo elementi di contorno: ciò di cui si parla per combattersi, non soggetti parlanti su di sé. Persino l´ex fidanzato di Noemi non ci ha pensato due volte a raccontare i loro rapporti privatissimi. Anche Veronica Berlusconi, che pure ha avuto l´ardire di prendere la parola su di sé, di nominare le questioni, è stata oggetto di pesanti operazioni di squalificazione. Da parte del marito, che le ha dato praticamente della minus habens, incapace di pensare con la propria testa, facilmente influenzabile dai pettegolezzi della “sinistra”. Da parte della stampa di suo marito, che ha pensato bene di ricordarle le sue origini, sbattendone le foto da giovane attricetta un po´ discinta in prima pagina. Di ricordare a lei e a tutte noi che il corpo di una donna rimane proprietà pubblica ben al di là di quanto lei abbia deciso. E qualsiasi leggerezza di gioventù nell´esporlo e nell´usarlo prima o poi verrà loro rinfacciata. E´ bene che le giovani donne che oggi ritengono intercambiabili, o anche complementari, un “book ben fatto” e ben presentato, una comparsata al Grande Fratello e una preparazione professionale solida, ne siano consapevoli.
Ciò detto, comprendo benissimo lo sconcerto di chi mi pone quella domanda: la difficoltà a capire, e più ancora ad accettare, che le donne (ma spero anche molti uomini) italiane accettino che il loro presidente del consiglio abbia nei loro confronti un atteggiamento sistematico di mancanza di rispetto. E´ uno stillicidio continuo, che va dal complimento greve all´ossessiva ricerca di donne giovani e carine che gli facciano da contorno, al disprezzo nei confronti di quelle che giovani e carine non sono (specie se non può annoverarle tra le proprie fans) fino ai criteri utilizzati per “promuoverle” e magari farle ministre – a prescindere dalle loro altre eventuali qualità. In una sorta di conferma del vecchio pregiudizio per cui una donna, per fare strada, deve avere specifiche qualità fisiche e magari anche dare l´idea di essere disponibile.
E´ vero. Non c´è stata una protesta pubblica, né oggi né le volte precedenti. Ci sono molte possibili spiegazioni – stanchezza, timore di essere fraintese come moraliste, sfiducia nella efficacia delle proteste, imbarazzo nel farsi coinvolgere in un discorso pubblico in cui si discetta sulla “purezza” di Noemi o sulla intelligenza delle veline e non si risparmiano colpi bassi. A queste ne aggiungerei almeno altre due. La prima riguarda l´inedita traduzione che Berlusconi ha fatto dello slogan femminista degli anni settanta: “il privato è pubblico”. Con questa espressione si voleva dire che i rapporti tra gli uomini e le donne così come si danno nella vita quotidiana, nella organizzazione della famiglia, nella divisione del lavoro, persino nella sessualità, sono fortemente plasmati da rapporti di potere sociale. Nella variante berlusconiana il privato, non solo erotico e sessuale, ma anche quello degli interessi economici, è invece transitato tout court nella politica, senza più distinzioni (per questo, tra l´altro, Berlusconi non può evocare oggi impunemente il diritto alla privacy). Da strumento per denunciare i rapporti di potere, l´assunto che il privato è politico è diventato un´arma del potere. Questo rovesciamento si accompagna ad un altro, più diffuso, più di massa, che coinvolge soprattutto i senza potere e che è sollecitato dalla televisione: la messa in pubblico (purché in TV) della propria vita privata e intimità come strumento per avere un più o meno effimero successo.
La seconda ragione riguarda l´imbarazzo a trattare i “casi Noemi” senza valutare le protagoniste come semplici vittime dell´uomo potente di turno e/o di genitori ambiziosi e sconsiderati (quindi di fatto senza propria capacità e volontà), ma anche prendendo le distanze dal modello di donna e di successo cui sembrano aderire. Siamo diventate afasiche perché non capiamo il modo e il mondo in cui si muovono molte giovani (e anche meno giovani) donne. Soprattutto non capiamo come dall´orgogliosa affermazione “il corpo è mio” si sia passati alla messa in rete del proprio corpo.
Eppure il grande successo in rete del documentario “Il corpo delle donne” ci mostra che molte donne (e anche uomini), messe di fronte all´uso improprio e umiliante del corpo femminile da parte della televisione (ma anche della pubblicità) italiana, iniziano a ribellarsi, a discutere, a riprendere la parola.

La Repubblica, 29 maggio 2009

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