Il più bravo di tutti è senza ombra di dubbio Paolo Del Debbio, che dopo aver fatto da spalla lunedì sera a Berlusconi per un’intervista-fiume su Retequattro, ieri mattina su Canale 5 ha dato il buongiorno al medesimo principale domandandogli con invidiabile candore: «Presidente, ci dica: cosa intende fare sull’Imu?».
COME se non avessero parlato d’altro giusto la sera prima, per un’ora e venti, ultima puntata di “Quinta colonna” prima del voto. Del Debbio è una grande spalla perché non ha per nulla l’aria di esserlo. Anche quando si trova davanti al Cavaliere ha il feroce aplomb di un professore di etica (lo è davvero, sia pure a contratto), e dunque appaiono sincere la sua curiosità e la sua indignazione, quando manda in onda le voci e la rabbia dell’Italia che non ce la fa più, con il risultato che quando dà la parola a Berlusconi affinché offra soavemente le sue miracolose promesse alla gente disperata (e soprattutto al pubblico a casa) nessuno si ricorda più che Del Debbio non è un arruffapopolo televisivo, non è un Santoro di destra, ma è un berlusconiano a ventiquattro carati, un vero uomo di partito: già fondatore di Forza Italia, già direttore dell’ufficio studi forzista, già candidato alla presidenza della Regione Toscana.
Poi, siccome Del Debbio è bravo, s’è conquistato il suo posto in prima fila nel palinsesto di Mediaset, come conduttore di “Quinta colonna” (nome rivelatore, perché è quello con cui il generalissimo Franco battezzò i filomonarchici infiltrati clandestinamente a Madrid per aiutare le quattro colonne dell’armata franchista nella conquista della città). E ora è lui il vero protagonista di una campagna elettorale che non rispetta nessuna regola, nessuna legge, nessuna norma. Tranne una: aiutare Silvio. Una campagna non dichiarata, che un’invisibile regia ha lanciato già da molte settimane sulle tv della casa: che sono poi, incidentalmente, tre delle maggiori reti televisive italiane. Luoghi privilegiati — accanto ai soliti telegiornali — i programmi d’intrattenimento: quelli che di solito si occupano di attrici tradite, di ricette della nonna e di mirabolanti invenzioni. E’ qui che, ancora una volta, Berlusconi ha deciso di andare a caccia di voti.
Nelle ultime settantadue ore sulle reti Mediaset è scattata l’Operazione Imu. L’ha aperta Barbara D’Urso, già collaudata come intervistatrice del Capo. «Domenica Live», subito dopo il pranzo della festa. Invece delle ballerine e dei cantanti, un’antologia della disperazione con le voci di una disoccupata che non riesce a pagare l’Imu e di una donna che ha dovuto vendere la casa per pagarla. Poi, prima di passare alla laureata in chimica che s’è adattata a vendere trippa e lampredotto, e all’amico dell’operaio che s’è impiccato per la disperazione, la D’Urso ripete ossessivamente: «Mancano sette giorni alle elezioni! Mancano sette giorni alle elezioni!». Come a dire: ricordatevi tutto questo, quando avrete la matita in mano.
Poi, con tre mosse in ventiquattr’ore, è entrato in scena Del Debbio. Prima mossa, “Mattino Cinque” di lunedì (conduce anche quello, con Federica Panicucci). Prima ancora dell’oroscopo, appare il titolone: «Tutta la verità sull’Imu ». Lungo servizio per rivelarci che non basta ridurre o abolire l’Imu sulla prima casa, bisogna abolirla tutta «perché alle imprese l’Imu è costata il 154 per cento più dell’Ici». Gli imprenditori, intervistati, approvano.
Seconda mossa, la sera stessa a “Quinta Colonna”. Stavolta non ci sono collegamenti con le piazze né contraddittori a distanza. C’è lo studio apparecchiato con le poltrone bianche modello “Porta a porta”. Megaintervista a Berlusconi, un’ora e venti di diretta in prima serata. «Vorrei che chiarisse, presidente, cosa intende fare
sull’Imu», chiede Del Debbio con lo sguardo severo, come se fosse appena tornato da un viaggio in Papuasia e la domanda gli fosse venuta in mente in quel preciso istante. E allora Berlusconi parte in quarta. «La casa è sacra, non dev’essere pignorabile!». «L’Imu è una tassa dannosissima, l’abbiamo dovuta votare obtortissimo collo!». E, naturalmente, la promessa che tutti conoscono già: «Al primo Consiglio dei ministri… ». Il pubblico applaude, entusiasta.
La terza mossa è arrivata ieri a «Mattino Cinque». Lo studio è cambiato, ma ci sono sempre loro due, e la domanda è la stessa: «Presidente, ci dica: cosa intende fare sull’Imu?». Stesse risposte, stessi annunci, stesse istruzioni per andare a riscuotere alle Poste la restituzione della tassa. Con una domanda finale: «Da uno a dieci, quanto crede nella sua vittoria?». «Undici! ».
Ma sì, se uno guardasse solo le reti Mediaset non avrebbe dubbi. Il problema numero uno dell’Italia è questa stramaledetta Imu che strangola l’economia e spinge la gente a suicidarsi. E l’unico che vuole cancellarla e anzi restituirla è lui, «il presidente Berlusconi». Ricordiamocelo, perché «mancano sette giorni alle elezioni!».
I suoi telegiornali si occupano del fuoco d’artiglieria. «Berlusconi: restituiremo l’Imu», annuncia subito il Tg5, come se fosse la notizia del giorno. «Via l’Imu, dice Berlusconi», avverte Studio Aperto con un lungo servizio. E ancorché orfano di Emilio Fede, il Tg4 fa il suo dovere: «Cancelleremo e restituiremo l’Imu» fa dire al Cavaliere con un megaspot di un minuto e 40 secondi. Da giorni e giorni, del resto, qualunque cosa accada, sui telegiornali delle sue reti Berlusconi è il politico che parla per primo e più a lungo. Quando non può mostrarlo in diretta, il Tg5 ce lo mostra alla scrivania presidenziale, mentre saluta una folla adorante davanti a un Grand Hotel o davanti a tanti microfoni tutti per lui, foto degne di una casa reale, mentre per gli altri abbondano le interviste controluce in strade semibuie.
Dettagli, certo, ma la tv è fatta di dettagli e nessuno conosce meglio di Berlusconi cosa pensa il pubblico televisivo. Una sera del 1992, due anni prima che Forza Italia vedesse la luce, a un giornalista che gli chiedeva se volesse candidarsi a fare il sindaco di Milano, lui confidò un po’ seccato: «Ma lei lo sa che ogni giorno mi arrivano 400 lettere di casalinghe che mi ringraziano per averle liberate con i miei programmi dalla noia delle loro mattine? Ecco, con questa base elettorale, se io entrassi in politica, altro che sindaco: farei un partito reaganiano, vincerei le elezioni e diventerei presidente del Consiglio…». Diceva — purtroppo — la verità. Eppure, quella sera non gli credette nessuno.
La Repubblica 20.02.13