Poi il “Celeste Signore” — la definizione è del Parini — si ritira in bagno e si imbelletta il viso con la Genescience, duecento euro al barattolo, a base ovviamente di miracolosi peptidi, e spesso si accorge che l’ha quasi terminata e allora afferra il cellulare d’ordinanza e poiché “da tutto è servito e a nullo serve” spedisce da Chenot il suo Willy, segretario “d’amabil rito” che però non sempre riesce a ottenere il rifornimento — pagato a sbafo — dei preziosi Actif Essential: «Tu riesci a farmela avere entro lunedì mattina? Perché se no mi spacca le palle. Ecco, la Genescience viso, non il contorno occhi. Due ne ha consumate nel giro di…». Quindi, mentre la biacca sul viso si condensa, gli capita persino di inorridire perché l’impertinente Willy, scosso il giogo della servile rima se ne va libero in versi sciolti: «La usi come colla per i manifesti».
Ecco, la polizia giudiziaria ha tradotto in linguaggio gelido e tuttavia crudo il delicato giorno pariniano del Celeste Signore, e dunque adesso anche quel matto vestire e gli squillanti colori di cui s’orna le vesti non sono più un’estetica bizzarra, ma il curriculum dello scroccone, conti di sartoria pagati da chissà chi, la giacca arancione di Gianni Campagna, i maglioni che egli stesso ribattezzò compiaciuto formaglioni…. «Gli stilisti Iceberg, Gerani, Richmond, hanno a cuore il mio guardaroba» spiegò in un’intervista a Panorama. E a Massimo Giannini disse: «Non li scelgo io, me li regalano». E le mille scarpe le confeziona un artigiano della Brianza. Chi paga?
Ricordate le domande di Nanni Moretti: «Che lavoro fai? Come campi? Chi paga l’affitto? Questa sigaretta qui come l’hai avuta?». La giovane alternativa ma scroccona rispondeva: «Giro, vedo gente, mi faccio ospitare». Ecco, lo scroccone, anche nella versione ideologica di Moretti, non maneggia mai il denaro che sporca invece le mani dei suoi succubi benefattori. Scrive la polizia: «L’esame dei conti di Formigoni permette pacificamente di constatare come di fronte ad un elevato tenore, non risultino uscite o addebiti riconducibili a tali importanti spese». Una vita di degnazioni, offerte ed oboli dovuti riempiono dunque i mattinali di polizia, cifre milionarie, bonifici con danaro misterioso per l’acquisto della casa della fidanzata Emanuela Talenti e contanti di centinaia di migliaia di euro di provenienza illecita per «un grande amore vero, pulito e lontano dai riflettori mediatici» durato dal ‘97 al 2005 «con strascichi sino al 2009». Il soldato di Cristo non l’ha mai sposata e perciò è un’altra voce di spesa, ancora «utilità di provenienza illecita», soldi in contanti per l’amore lussureggiante, insieme alle barche e allo champagne perché «il presidente beveva solo quello», come il Ludwig (Helmut Berger) di Visconti che tendeva la mano ormai tremante e qualcuno gli porgeva il bicchiere già pieno. Gad Lerner gli ha chiesto: lei si piace, vero? E lui, come Helmut Berger: «No. Una volta mi piacevo, quando ero bello».
Vizi privati e pubbliche virtù? Formigoni non si occupa mai di annoiante economia domestica e così, tornando al suo giorno pariniano, le focaccette, per euro soltanto 36,6, si posano da sole sulla “parca mensa”; e i pesci, per euro appena 380, forse sono gli stessi di cui raccontano Matteo e Marco e Luca perché gli si moltiplicano davanti mentre mangia la brioche senza versare i 7,6 euro dovuti. La polizia annota, con serietà, che persino il cappuccino è scroccato. E anche le iscrizioni ai cavalieri di San Giorgio, a Forza Italia e al Pdl gli sono pagate con i contanti di Daccò.
Più che la parassita di Moretti, sembra il Fomà Fomìç di Dostoevskij, il prepotente e ipocrita della provincia russa che si arrabbia quando non è bene servito: «Sono io che vi faccio un favore a vivere presso di voi e non voi a me». E difatti il proprietario del ristorante racconta al giudice, senza rendersi conto di parlare come il russo, che la vita a sbafo la «pagava sempre Daccò» anche quando Formigoni andava «da solo a mangiare da Sadler » e però era lui «l’autoritario, lui che decideva, qualche volte era anche po’ incazzato e Daccò era sempre attento ai suoi umori, e se il presidente mostrava disappunto per qualche cosa, Daccò era molto nervoso e ci trasmetteva una certa tensione ». E c’è del genio nel Formigoni che rimprovera Daccò e gli rinfaccia di essere un delinquente, come nel film “Lo scroccone e il ladro” con Danny De Vito, dove il ladro viene derubato dal padrone della casa che sta rapinando.
Qui si capisce finalmente che Formigoni ha con il denaro lo stesso rapporto che ebbe con la castità, che non è solo astinenza sessuale ma è rinunzia ai godimenti del mondo e che fu il suo battesimo pubblico mentre ora è uno scialo «di ospitalità in ville con servitù e cuochi, di posti meravigliosi» e «tre yacht a sua disposizione» sempre noleggiati «con i pagamenti illeciti ricevuti dalla fondazione Maugeri e dal San Raffaele a favore di Piero Daccò e della sua famiglia». Daccò addirittura «aveva un angolo di cantina dedicata a lui» e «c’è persino una bottiglia da sei litri di champagne valutata 15000 euro».
Dunque Formigoni cancella la secolare simpatia alla figura allegra dello scroccone italiano, allo scroccone plautino, al vivere bene senza pagare del nostro teatro e del nostro cinema, ai parassiti ma sfigati Totò e Macario, alle maschere napoletane, agli Arlecchino e ai Brighella che mangiano a spese altrui ma hanno l’anima buona. Formigoni invece pretende lo scrocco e trasforma la tangente in capriccio, vuole essere pagato in “erba voglio”.
E mentre leggo tutte queste pagine di rapporti di polizia mi sembra quasi di vederlo seduto su una montagna di brioche, di pomatine, di cipria materiale, di costosissime robine, ninnoli e accessori che si porta dietro sugli yacht e nelle case che gli mettono a disposizione in Sardegna e ai Caraibi, tra camerieri che si inchinano, bottiglie che si svuotano, persone che, se non si umiliano, vengono cacciate come capita al comandante di una delle barche. Ogni volta che respira, Formigoni riceve il pizzo, un pizzo alla carriera per tutti gli appalti passati, presenti e futuri della Regione Lombardia.
Figura straordinaria dell’Italia moderna, Formigoni ha dunque aggiornato il mascalzone italiano con l’innocenza dell’onnivoro che mangia qualsiasi cosa e trasforma lo scrocco in una divisa, uno statuto, e chissà come avrebbe commentato Fellini se gli avessero detto che, cinquant’anni dopo il suo capolavoro, un politico italiano, un lombardo, un cattolicissimo peccatore di governo per 17 anni filati avrebbe preteso come tangente la Dolce Vita.
La Repubblica 16.02.13