Grazie soprattutto alle scelte del Pd, che avrà il 40% di donne tra i parlamentari eletti, il prossimo Parlamento sarà rosa al 30%, il 10% in più che nella legislatura che sta terminando. Indubbiamente un risultato positivo, ma solo un dato di partenza. La crescita di pr senza femminile alla Camera e al Senato, infatti, non deriva da una generale consapevolezza dell’importanza del ruolo delle donne per il benessere economico e sociale del Paese.
Basta guardare alle liste per cogliere immediatamente che a fronte del Pd che, come detto, con il 40% di elette porterà in parlamento almeno 154 donne, gli altri partiti hanno percentuali e valori assoluti decisamente più limitati, talvolta risibili, come l’Udc che ha solo 2 donne eleggibili, o Rivoluzione civile che ne ha soltanto 4. I dati che ricorda Di Vico, e con lui sondaggisti e ricercatori, dicono inoltre che quando si tratta di eleggere con la preferenza le donne sono ancor più marginalizzate, anche perché non si è costruita in Italia una valorizzazione positiva e una abitudine affinché le donne votino donne.
Arriveremo dunque ad un risultato di crescita della presenza femminile in Parlamento, ma rischiamo che il Parlamento resti un’eccezione isolata. Le donne sono infatti ancora molto, molto indietro quanto a posti di comando e carriera, sia nelle istituzioni che nelle imprese.
Eppure le donne rappresentano una eccezionale risorsa: in termini di lotta alla povertà, per accrescere red- dito e stabilità delle famiglie; in termini economici, per contribuire alla crescita del Paese con competenze ed energie complementari a quelle degli uomini; in termini sociali, di riequilibrio dei ruoli e tempi di lavoro e famiglia e di più servizi di cura; in termini etici, perché è dimostrato che la presenza di donne ai vertici di istituzioni e imprese riduce corruzione e illegalità.
È questo il senso, questa la consapevolezza che ha portato Bersani ha scegliere proprio la «rivoluzione rosa», come lui stesso l’ha definita, come principale fattore di innovazione delle liste e quindi delle culture e delle proposte del Partito democratico.
La prossima legislatura sarà un banco di prova per il Paese, per tutto il Parlamento e in particolare per le donne che vi faranno parte. Se unite potremo avere, questa volta, la forza per agire concretamente nella direzione di una effettiva parità, una parità che valorizza le differenze e annulla ogni gender gap. Non dovremo essere élite che si limita a indicare ricette, dovremo lavorare concretamente e in modo fattivo per cambiare le condizioni reali dell’economia, del lavoro e della vita.
Attraverso misure concrete, che uniscano la leva fiscale della detassazione, l’intervento sui servizi, dagli asili a quelli per gli anziani, il sostegno alla maternità e il contrasto alle dimissioni in bianco. Riequilibrio di genere nei congedi parentali, poi, e flessibilità degli orari e incentivi al part-time. Ancora quote di parità nei consigli di amministrazione, insieme a misure per facilitare i percorsi di carriera, e un’Authority sulle discriminazioni. E misure per estendere i diritti a tutte le forme contrattuali, equilibrando alcuni difetti della riforma del lavoro.
Le donne e gli uomini che siederanno in Parlamento hanno poi un dovere civico e morale che è premessa di tutte le altre azioni: reagire alla crescente violenza, stoppare il femminicidio, costruire una società che rispetta le donne. Veniamo da anni in cui l’immagine e il ruolo della don- na nella nostra società hanno subito solo offese. E nei quali non c’è stata nessuna politica attiva per le donne.
Poi c’è stata la manifestazione del 13 febbraio 2011, che ha dato l’avvio alla riscossa civica del Paese. Il movimento Se Non Ora Quando? è riuscito a determinare l’imposizione in agenda dei temi legati alle donne, che sono decisivi anche in questa campagna elettorale, e propone oggi un’iniziativa di confronto tra le varie liste proprio perché l’agenda del paese dei prossimi anni non porti il nome proprio di un uomo, ma la forza collettiva delle donne. La campagna «Un paese per donne: le parole per dirlo», promossa da Se Non Ora Quando?, ha raccontato durante queste ultime settimane le storie di tante donne reali, con le loro difficoltà, le loro speranze, quello che si aspettano dal Paese. È a loro che dobbiamo rispondere, è per loro che dovremo governare.
É il momento di cambiare, di puntare sul valore femminile, di caratterizzare così l’azione del governo, il governo a guida Pd. Ma anche in questo sapendo di avere la responsabilità di proporre un’alleanza che coinvolga tutte le donne, e punti soprattutto alle giovani generazioni: quelle che conoscono meno i movimenti e le battaglie del passato, che hanno incrociato Se Non Ora Quando?, che hanno la testa nel futuro, che dobbiamo accompagnare verso un’Italia più giusta.
L’Unità 11.02.13