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"Borse di studio, si ferma il decreto. Le Regioni frenano. Studenti esultano", di Salvo Intravaia

Scontro sul decreto sul diritto allo studio universitario. Il decreto super contestato è stato rinviato di due settimane. Le associazioni degli studenti che da mesi lo contestano e che anche oggi hanno dato vita a sit-in, parlano di una prima vittoria. Il ministro Profumo dice che “si farà”, ma poco dopo il presidente delle Regioni di fatto lo stoppa: “Va modificato” E’ la Conferenza Stato-Regioni che apre l’ultimo capitolo sul contestato provvedimento: riunita questa mattina lo ha rinviato al prossimo 21. Gli assessori all’Istruzione di diverse regioni italiane avrebbero bocciato per ben due volte le bozze “migliorative” presentate dal ministro. E comunque la sensazione è che in piena campagna elettorale nessuno vuole prendersi la responsabilità di avallare un provvedimento impopolare che potrebbe escludere dalle borse di studio da un terzo al 45 per cento degli attuali aventi diritto.

Una decisione che il ministro Profumo commenta spiegando che il decreto verrà varato il 21: “Si farà per dare più risorse al diritto allo studio. Lavoriamo ora ad una soluzione che sia equa e che tenga conto delle disuguaglianze”, dice il ministro. E cambiamenti serviranno, sottolinea lo stesso presidente delle Regioni Vasco Errani che spiega la decisione della Conferenza: “Quel decreto non ci convince, e per questa ragione è stato rinviato di due settimane. “Non condividiamo – dice Errani – i nuovi criteri di accesso alle borse, vanno modificati i fondi per il 2013 e vanno distribuiti con i vecchi criteri. Poi – conclude – si ragioni nei mesi successivi su come modificarli collaborando con regioni, università e studenti”.

Ma gli studenti parlano di “prima vittoria” col preciso obiettivo di fare desistere completamente la Conferenza dall’approvare il decreto in questione. “Il Ministro dimissionario Profumo – scrive in una Michele Orezzi, coordinatore dell’Unione degli Universitari – non è riuscito a stravolgere tutto il sistema di diritto allo studio nell’arco di una settimana. Questa volta – continua – l’abbiamo fermato. Questo decreto rischia di espellere migliaia di studenti dal sistema delle borse di studio lasciandoli senza alcun tipo di supporto”.

Il decreto approntato dal ministero, secondo gli studenti, riduce le possibilità di accedere alle borse di studio e fa leva su entrambi i criteri previsti: il merito e la condizione economica. Abbassa le soglie massime (Isee) di accesso alle borse di studio che vengono differenziate per regione e aumentano, fino a raddoppiare, i crediti minimi per mantenere – anno per anno e per tipologia di laurea – la borsa di studio negli anni a seguire. Ma non solo. Il decreto interviene anche sull’importo delle borse di studio, che contrariamente alla logica, subiscono un taglio (che varia dal 7 al 12 per cento) rispetto attuali per studenti residenti in sede e pendolari.

E per finire aggancia lo status di fuorisede non alla distanza chilometrica dell’ateneo dal luogo di residenza ma ai tempi di percorrenza dei mezzi pubblici. Una novità che non convince gli studenti perché in Italia i mezzi di trasporto – treni, pullman e autostrade – sono parecchio diversificati da Nord a Sud e, questa volta verrebbero penalizzati gli studenti settentrionali.

“Ci auguriamo ora che il ministro non tenti inutili colpi di coda a tre giorni dalle elezioni con il chiaro obiettivo di strumentalizzare un tema così importante come il diritto allo studio e il futuro degli studenti per meri fini elettorali – dichiara Luca Spadon, portavoce di Link coordinamento universitario – Pretendiamo la definitiva cancellazione del decreto e l’apertura di un reale dialogo con gli studenti”.

La Repubblica 08.02.13

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“Borse di studio, rabbia degli universitari Profumo costretto a fermare il decreto”, di Corrado Zunino

Dopo quattordici mesi di concertazione, il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo — a mani nude, con il suo premier in campagna elettorale e il Pd pronto ad assicurare nuovi fondi per l’università con il governo prossimo futuro — ha provato a riformare il capitolo piangente delle borse di studio universitarie. E, fin qui, si è dovuto arrendere. Le Regioni si sono dette «poco convinte» dell’ultimo suo decreto, cambiato quattro volte da quando, venerdì scorso, sono circolate le anteprime. Incassato lo stop, ieri pomeriggio il ministro ha chiesto al fido Daniele Livon, responsabile Università al Miur, di svuotare i sette articoli presentati e generare un quinto testo entro martedì prossimo. «Bisogna lasciare i criteri del 2012», gli aveva detto Vasco Errani, governatore dell’Emilia Romagna. E così Cappellacci per la Sardegna, la Marini per l’Umbria. Destra e sinistra insieme. Con il candidato Pd del Lazio, Nicola Zingaretti, che arrembava: «Bisogna pagare il cento per cento delle borse di studio, punto». Il problema è che si parte da una situazione fuori decenza: un terzo degli “aventi diritto”, oggi, non viene saldato. Diversi studenti fuorisede in questa stagione hanno abbandonato gli studi superiori perché su quei cinquemila euro contavano. Profumo, ministro riformista che nel suo percorso da tecnico deve già contare due cocenti sconfitte (il decreto sul merito e l’aumento delle ore degli insegnanti), dopo aver parlato a lungo con gli universitari a inizio febbraio ha presentato questa proposta: tassa unica studentesca sul territorio per finanziare le borse di studio (oggi varia fra venti Regioni), lieve aumento delle risorse da parte dello Stato (220 milioni), Regioni vincolate a un minimo finanziamento (70 milioni, oggi sono libere di scegliere se e quanto mettere a bilancio). Ancora, minimi di reddito scelti per macroregioni: al Nord limite di 21.000 euro, al centro di 18.000 euro, al Sud di 15.000 euro. Soldi ai fuorisede: più 20 per cento per chi si è trasferito negli atenei di Roma, Bologna, Venezia. Una barriera anagrafica, invece, per limitare gli “studi lunghi”: niente borse alle matricole oltre i 25 anni (nel triennio) e i 32 anni (nel biennio specialistico). Infine, una scelta di merito ( leit motiv profumiano): per avere l’assegno lo studente dovrà far crescere i crediti formativi dell’anno accademico. A una matricola oggi ne bastano 20, il ministro ha chiesto di portarli a quota 35. Le associazioni studentesche — Link e Udu su tutti — hanno visionate le bozze e iniziato a contestare: la platea dei beneficiati diminuirebbe, le gabbie territoriali sfavoriranno gli studenti del Sud, gli obblighi anagrafici renderanno difficile la vita ai “lavoratori” a basso reddito. Per dare forza ai concetti, rodati da quattro anni di piazza, gli studenti hanno invaso le università di Siena e Cagliari, occupato il rettorato di Pavia, sono saliti sui tetti dell’ateneo di Parma, a Firenze hanno stampato migliaia di tovaglioli anti-decreto, si sono smutandati a Venezia. I partiti in “campagna” hanno fatto propria la mobilitazione e i governatori hanno frenato. Profumo si è fatto forza: «Approverò comunque il decreto». E per martedì ha riconvocato in viale Trastevere presidenti di Regioni e giovani contrari e favorevoli. Dopo un consulto con il ministro Barca, proporrà di togliere l’Isee per macroregioni, lasciare alle Regioni la scelta del “reddito minimo” da applicare obbligandole, però, a saldare il dovuto. Il 21 febbraio, in Conferenza Stato-Regioni, lo show down. Ieri sera il Tar di Torino ha offerto una nuova sentenza in materia: la Regione Piemonte ha intascato tasse dagli studenti (destinate a finanziare le borse di studio) di 1,97 milioni superiori agli assegni poi erogati: quei soldi vanno rimborsati.

La Repubblica 08.02.13