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Boom a elementari e licei tornano le classi-pollaio, di Corrado Zunino

Crescono gli studenti italiani, e cresceranno ancora il prossimo anno. Gli ultimi dati forniti dal ministero dell’Istruzione ai sindacati prevedono che ai tre cicli scolastici (dai sei ai diciannove anni) si iscriveranno 6 milioni e 832 mila studenti, 26.706 in più dell’anno scorso.
L’incremento della popolazione scolastica si sente fortemente alle elementari: più 21.049. Ma anche alle superiori: più 13.384. Il boom viene frenato dal dato delle scuole medie, che il prossimo settembre vedrà una flessione degli iscritti pari a 7.727. È un dato rilevante, che accelera in realtà un percorso di crescita che dura da cinque anni di fila, secondo le rilevazioni del Miur. Dal 2008 al 2013 il numero degli iscritti è aumentato di 56.486 studenti (+0,8% complessivo) e sul quinquennio resta molto forte l’accelerazione alle elementari (59.362 in più, +3,7%), una crescita più contenuta alle medie (10.079, +0,4%) mentre il calo qui si vede invece alle scuole superiori: 12.955 alunni in meno (-0,5%).
I demografi, ma anche i dirigenti dell’Istruzione di lungo corso, imputano questa generale crescita scolastica alla forte immigrazione straniera pre-crisi, ovvero fino al 2008. D’altro canto l’ultimo censimento ha registrato 59 milioni e 433 mila residenti in Italia (la cifra più alta di sempre) a fronte di 250 mila italiani in meno. Il dato generale è attribuibile all’onda degli stranieri, che oggi superano i quattro milioni. E così accade nella scuola, che sempre più riceve figli di extracomunitari.
Il paese a due facce vede — come ha sottolineato il sito di Tuttoscuola —
il crollo della scolarità al Sud e un aumento potente degli iscritti negli istituti lombardi (65 mila alunni in più negli ultimi cinque anni) e in Emilia Romagna (+10 per cento). Nel-l’Italia meridionale, isole comprese, nel quinquennio si sono registrati 148 mila alunni in meno. La flessione demografica di quell’area, tutt’altro che nuova, è costante e gli esperti prevedono che continuerà ancora per molto tempo, senza risparmiare nessuna regione. Basilicata, Calabria ma anche il Molise hanno picchi negativi tra il 7% e il 9%. Negli istituti superiori di alcune aree del Sud la decrescita formativa ha superato il 10%, e questo è un grave sintomo di dispersione scolastica. Fra l’altro, il ministero è in grave disagio perché al prosciugamento dei ragazzi iscritti non corrisponde una fuoriuscita di insegnanti. Nelle
classi calabresi e molisane c’è un insegnante ogni 17 ragazzi, in Emilia Romagna uno ogni 21.
Nello stesso periodo considerato, i cinque anni che arrivano al 2013, in tutto il Centro-nord si è registrato un deciso incremento: 88 mila scolari in più nel Nord Ovest, 76 mila nel Nord Est, 41 mila in più nelle regioni centrali. Più che un’immigrazione scolastica interna, meridionali che salgono con le famiglie nel produttivo Settentrione, anche qui siamo in presenza di uno spostamento di immigrati verso il Nord Italia dopo il primo approdo: i bambini-ragazzi in età scolare seguono, ovviamente, i loro genitori in cerca di un lavoro.
Con la crescita scolastica dell’Italia centro-settentrionale prossima ventura, sono inevitabili e prevedibili gli effetti sulle classi da chiudere o aprire, le strutture scolastiche da ridurre o ampliare (gli accorpamenti). Si segnalano in crescita le classi pollaio, quelle dove si stipano oltre trenta alunni. Nel 2010 le classi “over 30” in Italia erano 2.108 (su 350 mila), pari allo 0,6%, dato in salita. Le proiezioni sulla stagione 2013-2014 fanno immaginare il superamento della soglia dell’un per cento con le classi pollaio stimate intorno a quattromila. Fra l’altro, una sentenza del Consiglio di Stato e tre del Tar del Molise hanno fissato il tetto, oltre il quale una classe diventa un pollaio, a quota 25. Fissando lo spazio per alunno in 1,96 metri quadrati a testa. Il Miur ha già fatto sapere che, per i vincoli posti dalla legge, il prossimo anno non potrà esserci un aumento dei posti (e quindi delle classi). Gli ultimi record della scuola italiana — 42 alunni allo scientifico D’Assisi di Roma, 37 alunni di cui due disabili in un istituto tecnico di Colleferro, nell’hinterland della capitale, 41 in un tecnico di Fucecchio — saranno probabilmente infranti.

da La Repubblica

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Più alunni, ma stesse classi, di Carlo Forte

Dal prossimo anno scenderà di 100 unità, da 1000 a 900 alunni, il numero minimo di alunni per costituire un’istituzione scolastica dotata di un preside e di un direttore dei servizi generali e amministrativi titolari. La determinazione del numero dei dirigenti scolastici da assegnare regione per regione sarà attribuita, infatti, utilizzando come dividendo il numero degli alunni complessivamente frequentanti nella regione e come divisore il numero 900. É quanto trapela da una serie di incontri al ministero dell’istruzione in vista dell’intesa con le regioni. L’amministrazione ha reso noto che il numero degli alunni è cresciuto di circa 26mila unità, ma il numero delle classi (e quindi dei docenti) non subirà variazioni. Ciò per rispettare i vincoli di spesa imposti dalle disposizioni in vigore. Tanto più che per rientrare nei limiti bisognerebbe che il numero delle istituzioni scolastiche scendesse di almeno 1000 unità. Resta il fatto, però, che il numero dei dirigenti scolastici subirà riduzioni molte modeste. Dal prossimo anno, infatti, l’organico dei dirigenti sarà ridotto di appena 38 unità, passando dagli attuali 8880 a 8842. E l’anno scorso il taglio era stato altrettanto modesto : 37 dirigenti in meno. Le regioni potranno scegliere di costituire istituzioni scolastiche anche in deroga ai parametri di massima fissati dal ministero. Ma i dirigenti scolastici e i direttori dei servizi generali e amministrativi non saranno assegnati alle istituzioni scolastiche con meno di 600 alunni, che scendono a 400 nelle scuole di montagna. Quanto al coordinamento delle disposizioni per la costituzione degli organici e gli effetti della sentenza della corte costituzionale 147/2012, l’amministrazione sarebbe orientata a non rivedere la propria posizione. La Consulta, infatti, si è limitata a dire che è incostituzionale la norma che impone alle regioni di non costituire istituti comprensivi al di sotto dei mille alunni. E cioè l’articolo 19 comma 4 del decreto legge 98/2001.Perchè è una norma di dettaglio che rientra nella competenza delle regioni. Ma ha fatto salva la facoltà dell’amministrazione scolastica di definire gli organici dei dirigenti scolastici. E quindi anche il successivo comma 5 il quale dispone che «alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unità, ridotto fino a 400 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome». Ciò vuole dire che l’amministrazione ha pieno titolo a dire quanti dirigenti scolastici intende assegnare alle regioni. Sta alle regioni, poi, stabilire quante istituzioni scolastiche istituire. Fermo restando che la differenza tra il numero delle scuole istituite dalla regione e il numero dei dirigenti da assegnare non comporterà aumenti nella dotazione organica dei medesimi. Pertanto, se i dirigenti scolastici assegnati non basteranno, le scuole che non otterranno un titolare dovranno accontentarsi di un reggente. Idem per quanto riguarda i direttori dei servizi. E sarà questa la sorte che toccherà, in ogni caso, alle scuole con meno di 600 alunni, in via ordinaria, o con meno di 400 alunni, se si tratta di scuole di montagna.

da Italia Oggi