68 anni, l’età di un nonno, è l’età della nostra memoria.
Noi che non c’eravamo, noi che non abbiamo visto direttamente, noi che non abbiamo ascoltato i suoni e percepito gli odori, noi che non siamo stati resi schiavi, feriti, torturati, stuprati, gasati, bruciati; noi ricordiamo tutto, come parola incisa su pietra nel nostro cuore e nella nostra mente.
68 anni fa si riaprivano i cancelli di Auschwitz, tutt’intorno era silenzio, morte, cenere di ossa umane, milioni di ossa umane di schiavi trucidati, e scheletri vaganti, nella campagna polacca e nei resti della cultura occidentale.
Da 68 anni, quelle ceneri e quegli scheletri impongono al mondo di non smettere di comprendere che ciò che è stato può ripetersi. Fu quello il tempo dello sterminio degli ebrei, lo Shoah, i 6 milioni di ebrei europei assassinati con il progetto di sterminarli tutti, ma fu anche il tempo dell’atroce sorte di antifascisti, partigiani, di omosessuali, di Sinti e Rom, di disabili, di Testimoni d Geova, e di molti altri a segnare l’inferno realizzato dai nazisti e dai fascisti d’Europa.
Di tutto ciò a noi rimane la scelta della memoria. Chi è tornato, ci ha consegnato la battaglia contro l’indifferenza, come simbolo del vivere e non del sopravvivere, chi non è tornato pretende da noi Il futuro della memoria, ed è questo dunque il nostro perenne dovere di esseri umani.
Da www.partitodemocratico.it
Pubblicato il 27 Gennaio 2013
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