Qualche piccolo passo avanti, e molta strada ancora da fare: mentre il ministro Fornero annuncia che a inizio febbraio partiranno le prime lettere ai lavoratori salvaguardati dalla riforma previdenziale, e in Gazzetta ufficiale fa la sua comparsa il decreto che dovrà tutelare la seconda ondata di 55 mila persone, resta da trovare una soluzione per circa 150 mila soggetti a vario titolo esodati, che da qui ai prossimi anni rischiano di ritrovarsi senza stipendio né pensione.
I numeri non sono ufficiali e la materia, già oggetto nei mesi scorsi di polemiche anche molto aspre, resta quanto mai delicata. Ma questo è l’ordine di grandezza su cui starebbe ragionando a livello tecnico all’Inps, nel momento in cui stanno per partire le operazioni di verifica relative alla seconda ondata di soggetti coinvolti. Toccherà al prossimo governo valutare quali margini di manovra esistono, sotto il profilo finanziario, per allargare ulteriormente la platea.
LA SCELTA DEL 2011
La vicenda parte com’è noto nel dicembre del 2011. Approvando una drastica riforma delle pensioni, che per molti lavoratori spostava in avanti il traguardo anche di 4-5 anni, l’esecutivo tecnico si era posto il problema di tutelare coloro che avevano lasciato il lavoro facendo conto sui requisiti precedentemente in vigore e che si trovavano in mobilità oppure versavano contributi volontari. Non si fissava un numero ma venivano stanziate risorse finanziarie per 5,1 miliardi complessivi, tra il 2013 e il 2019, sufficienti a salvare 65 mila persone.
Poco tempo dopo i criteri erano stati poi allargati, senza però modificare la copertura. Quindi in luglio, con la cosiddetta “spending review”, la platea è stata decisamente allargata – in particolare a coloro che a dicembre 2011 non avevano ancora lasciato il lavoro – e di conseguenza sono stati resi disponibili altri 4,1 miliardi tra 2014 e 2020. Venivano quindi aggiunte, in modo esplicito, altre 55 mila persone.
LA LEGGE DI STABILITÀ
Infine con la recente legge di stabilità venivano stabilite tutele per ulteriori 10 mila soggetti. Alla relativa spesa si sarà fronte con 100 milioni più se necessario i risparmi derivanti dal mancato adeguamento all’inflazione, dal 2014, delle pensioni al di sopra dei 3.000 euro al mese circa (già attualmente deindicizzate). Aggiungendo al conto altri 10 mila lavoratori già tutelati rispetto alla meno dirompente riforma del 2010, quella che introduceva le cosiddette finestre di uscita di un anno, si arriva ad un totale di 140 mila salvaguardati.
Ma quanto è grande la platea dei potenziali interessati? La stima soprattutto inizialmente non era facile: si trattava tra l’altro di acquisire, attraverso gli uffici provinciali del lavoro, tutti gli accordi aziendali di uscita anticipata stipulati sulla base delle vecchie regole previdenziali. Da un documento tecnico dell’Inps del maggio scorso uscì una stima di 389.200 persone: il numero suscitò reazioni polemiche anche dal ministero, ma la cifra non è stata mai smentita ufficialmente.Non tutte queste persone erano però toccate allo stesso modo: ad esempio per qualcuno il periodo da attendere era relativamente breve, di pochi mesi. Si valuta che 80-90 mila avrebbero raggiunto nel frattempo i requisiti richiesti dalla legge Fornero. Dunque ne resterebbero 300 mila o forse poco meno: sottraendo coloro che sono stati salvaguardati finora con i vari provvedimenti, ce ne sarebbero più o meno altrettanti, 150 mila circa, al momento senza tutele.
Il dossier passerà quindi al prossimo governo, e certo non sarà tra quelli più facili da gestire. Intanto con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto ministeriale relativo ai 55 mila tutelati dalla spending revew si avviano le procedure di individuazione dei salvati di questa seconda tranche.
Il Messaggero 23.01.13