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"Lavoro, immigrati, Imu, giustizia Pd, le leggi dei primi cento giorni", di Simone Collini

Cittadinanza per i figli degli immigrati che nascono in Italia, niente Imu per chi quest’anno ha pagato fino a 500 euro, reintroduzione dei reati di falso in bilancio, autoreciclaggio e voto di scambio, cancellazione delle norme ad personam come la ex Cirielli utile a tagliare i tempi di prescrizione. E poi conflitto di interessi, rappresentanza sindacale, diritto di partecipazione dei lavoratori alle scelte strategiche delle imprese.
Queste sono le principali leggi che approverà il governo Bersani nei primi cento giorni, in caso di vittoria della coalizione dei progressisti e dei democratici alle elezioni di febbraio. Il leader del Pd ha dato mandato ai responsabili dei diversi settori del partito di scrivere la parte del programma di loro competenza. I lavori sono pressoché terminati, ma al di là delle ultime limature sul testo complessivo, ci sono una serie di interventi già dati per assodati, che Bersani vuole portare a casa entro l’ estate. Interventi che nelle intenzioni del leader Pd servono a dare da subito il segno di quella «riscossa civica e morale» che deve chiudere il ventennio berlusconiano.
La prima legge che vuole approvare, come Bersani ha già detto in varie occasione, è quella per dare la cittadinanza italiana ai bambini nati in Italia da una coppia di immigrati residenti nel nostro Paese da almeno cinque anni. Una norma «di civiltà», per il leader Pd, che sarà affiancata dall’abrogazione del reato di immigrazione clandestina e della tassa sul permesso di soggiorno, dal superamento dei Cie (gli stranieri potranno essere trattenuti solo per il tempo necessario all’identificazione), da una nuova legge quadro sull’immigrazione alternativa alla Bossi-Fini e a quella Maroni-Berlusconi.
IL LAVORO AL CENTRO
Un capitolo sostanzioso riguarda le misure da approvare sul fronte del lavoro, che per Bersani dovrà essere messo «al centro» dell’attività del prossimo esecutivo. Tra le leggi che non hanno bisogno di particolari operazioni per garantire una copertura economica e che vengono giudicate fondamentali per il rapporto tra democrazia e lavoro c’è la modifica dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori. L’obiettivo è quello di garantire alle organizzazioni sindacali con significativa rappresentanza a livello nazionale la facoltà di costituire proprie rappresentanze sindacali aziendali, anche se non hanno firmato gli accordi applicati nell’unità produttiva. Si tratta di una legge che impedirebbe il perpetuarsi o il moltiplicarsi di casi come quello della
Fiom, che è esclusa in molti stabilimenti Fiat nei quali non ha firmato il contratto «modello Pomigliano». Bersani vuole però portare a casa in tempi rapidi anche un intervento sull’articolo 8 del decreto 138 del 2011, col quale l’allora ministro Sacconi ha introdotto la possibilità di derogare, nella contrattazione decentrata, a leggi vigenti e al contratto nazionale.
LENZUOLATE DI MORALITÀ
Ma nei primi cento giorni Bersani vuole anche approvare quelle che definisce delle «lenzuolate di moralità». In cima alla lista c’è la modifica della legge sull’anticorruzione, con la reintroduzione dei reati di falso in bilancio, di autoreciclaggio, di voto di scambio (bisogna andare oltre il solo caso di elargizione di denaro). Tra le leggi ad personam che Bersani vuole abrogare c’è la ex Cirielli, ribattezzata salva-Previti, che taglia i tempi di prescrizione, mentre più in generale sul fronte giustizia si partirà da norme che garantiscano il funzionamento del processo civile, un adeguamento degli organici del personale amministrativo e giudiziario, un processo di depenalizzazione per tutti i reati contravvenzionali, il rilancio delle pene alternative al carcere.
Tra le pratiche che Bersani vuole aprire subito, anche se la discussione non si chiuderà in soli cento giorni, c’è anche la legge elettorale: «Dal primo giorno ripresenteremo il doppio turno di collegio». E poi c’è invece un provvedimento che non vorrebbe dover approvare: una nuova manovra di correzione dei conti pubblici, «perché di manovra in manovra si finisce per aggravare la recessione».

L’Unità 20.01.13

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Bersani: «Siamo noi la sola alternativa alla destra», di Laura Matteucci

MILANO «Siamo alla sfida più alta, all’appuntamento storico per cui abbiamo lavorato per anni: portare il cambiamento alla dimensione del governo. E stavolta la vittoria è a portata di mano. La politica unita alla riscossa civica ci ha già fatto vincere, ci farà vincere ancora». Pier Luigi Bersani intende in Italia e in Lombardia, la regione chiave, quella che farà la differenza tra una vittoria certa e un rischioso pareggio: è a Milano prima e a Brescia poi insieme al candidato alla presidenza della Regione Umberto Ambrosoli, la prima di una serie di incursioni in terra lombarda in vista delle elezioni. La premessa del segretario del Pd è una riflessione: «I voti sono tutti utili: solo che alcuni lo sono come testimonianza, o come protesta, votare per noi invece è utile per battere la destra e vincere». Il riferimento è soprattutto al movimento di Ingroia Rivoluzione civile, col quale «non c’è mai stata né ci sarà l’ipotesi di un patto di desistenza». Perché «vince chi arriva primo in una logica di bipolarismo commenta Bersani Dunque a Ingroia dico “attenzione, sono i progressisti e il Pd che possono costruire un’alternativa alla destra”. Posizioni di radicalizzazione e di riduzione del tema della legalità su posizioni faziose, non favoriscono il cambiamento». Corollario: la rottura tra Ingroia e il Pd è a livello nazionale, perché per le regionali lombarde alcuni esponenti del movimento sono confluiti nella lista «Etico per un’altra Lombardia» che appoggia Ambrosoli.
Il segretario del Pd conferma anche l’intenzione di procedere con una legge sul conflitto di interessi: «Abbiamo già diverse proposte». E a Grillo che vorrebbe far sparire i sindacati replica: «Il qualunquismo parte da qualsiasi punto e poi arriva sempre a destra, a posizioni fascistoidi». Bersani conferma invece la possibilità di dialogo con Monti dopo le elezioni: «Siamo aperti al confronto con le forze antipopuliste, europeiste e costituzionaliste per un pacchetto di riforme. La nostra è una posizione chiara da due anni». Di sicuro però la politica economica, con una recessione che secondo Bankitalia è attribuibile alle misure correttive, dovrà cambiare: «Non si può rincorrere la recessione con manovre continue, che la recessione finiscono per aggravarla», dice Bersani. Sì, allora, a maggiori stimoli per gli investimenti e per il lavoro («se non si crea la convenienza alla stabilizzazione, non se ne viene fuori»), no ad altre patrimoniali oltre all’Imu, che va resa progressiva e affiancata ad un’imposta personale sui grandi patrimoni immobiliari. «Il resto, la ricchezza finanziaria continua Bersani va fatto emergere, perché il problema è che in Italia i ricchi non sappiamo chi siano».
LA LEGA E IL MILIARDARIO
Ma il punto ora è vincere in Lombardia. Regione ostica, dove, nonostante vent’anni di scorribande e lottizzazioni di Lega e Pdl, di Berlusconi, Bossi e Formigoni, ancora i sondaggi li danno pur lievemente in testa (anche se in realtà alle ultime amministrative il centrosinistra ha vinto quasi ovunque). Nulla di cui stupirsi, tantomeno scoraggiarsi: «La destra esiste», e Bersani e Ambrosoli invitano a «guardare il bicchiere dall’altro verso, perché loro hanno perso un sacco di consensi, e per la prima volta la sfida è aperta». «Tutte le promesse che fanno oggi attacca Ambrosoli le avrebbero potute realizzare in quasi 20 anni di governo. Invece niente, non ne hanno realizzata nemmeno una. E quella di trattenere il 75% dei proventi delle tasse in Lombardia l’avevano già detta anni fa». Il centrosinistra, continua Ambrosoli, oppone la «solidità» dei propri obiettivi di «rigenerazione» della politica, della Lombardia all’«ipocrisia di chi fa finta di non avere responsabilità per i vent’anni di un governo incapace di rispondere ai bisogni dei lombardi». In campo contro Ambrosoli, Maroni per la riedizione dell’alleanza Lega-Pdl (come dice Bersani: «leghisti, siete tornati col miliardario solo per un seggiolone in Regione»), Albertini per i montiani («il mio vero dispiacere commenta Bersani visto che Monti ha deciso di puntare su una scelta civica, più civico di Ambrosoli non c’è nessuno, e appogiare altri è una scelta che rischia di dare una mano di là»). E poi, i grillini: «Ma l’elettorato di Grillo è in forte diminuzione dice Ambrosoli anche per la capacità del centrosinistra di coinvolgere attraverso forme di partecipazione programmatica. Lo dico non perché pensiamo a quell’elettorato come ad una riserva indiana da conquistare, ma perché siamo convinti che la partecipazione sia un valore». Risorse finanziarie per la campagna elettorale non tantissime, anche perché Ambrosoli non intende usare fondi pubblici, voglia di vincere invece parecchia: «Siamo consapevoli di essere più forti. Siamo convinti di far proposte capaci di farsi carico dei problemi e dei bisogni dei cittadini e delle imprese, di dare risposte di lungo respiro, e anche immediate. Gli imprenditori ci chiedono di essere liberati da una burocrazia asfissiante, e questo per esempio lo possiamo fare subito».

L’Unità 20.01.13