Nessuna illusione: anche il 2013 sarà un anno «difficile », con l’economia che ristagna e la disoccupazione che avanza. Lo preannuncia il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, parlando all’università di Firenze tra le contestazioni degli studenti. Lo confermano con dati e previsioni i suoi esperti nel tradizionale «Bollettino economico».
Perciò, poiché il contesto globale è quello, le stime vengono riviste al ribasso. Ora indicano un Pil 2012 a quota meno 2,1% e per il 2013 è previsto ancora un rosso, a meno 1% , ben più giù di quel che sperava la Banca d’Italia oltre un anno fa (+1,3%). Nel secondo semestre si comincerà a vedere qualche segno di miglioramento, ma non sufficiente a invertire la rotta. La ripresa sarà «lenta e difficile », secondo l’analisi di Visco.
E infatti il segno più davanti al Prodotto interno lordo arriverà solo nel 2014 quando è previsto un rimbalzo positivo dello 0,7%. In quell’anno, però, la disoccupazione avrà raggiunto il 12%, falcidiando soprattutto i giovani. Perciò, c’è poco da stare allegri: la recessione continuerà a mordere.
In questi giorni l’Italia è alle prese con le elezioni e presto avrà un nuovo governo. Così Visco guarda avanti, a quel che si dovrà fare per uscire dal tunnel: ci vuole un «piano organico di riforme»
per riguadagnare competitività e tenere a bada lo spread. Ne riassume i «punti fondanti»: maggiori liberalizzazioni, più qualità nei servizi pubblici, meno burocrazia, lotta dura all’evasione, giustizia civile più efficiente… Gli studenti lo interrompono, volano insulti e spintoni, risuonano slogan: «Contro la crisi e l’austerità/ fuori Bankitalia dall’università ».
Proprio l’austerity è uno dei temi- chiave del Bollettino. In una apposita tabellina sono elencate le cause che hanno buttato giù il Pil 2012, soffocando l’economia. Tra queste ci sono il balzo accusato dallo spread nel luglio 2011, dunque durante il governo Berlusconi e le manovre di correzione seguite per evitarne «un incontrollato peggioramento». In termini quantitativi il risultato fa riflettere: il caro-spread e il successivo aumento del costo del credito si sono «mangiati» un punto di Pil. Un altro punto lo hanno eroso proprio le manovre, destinate a pesare anche quest’anno.
Gli esperti calcolano i riflessi di tutto questo in termini di conti pubblici. Si scopre così che lo scorso anno il deficit-pil si è collocato «in prossimità» del 3% (da 3,9 nel 2011), che migliora l’avanzo primario (al netto degli interessi), che il rapporto debito-pil sarebbe aumentato di sei punti, fin verso il 127%. «Nonostante la debolezza congiunturale – si legge nel testo – le manovre approvate nel secondo semestre del 2011 consentiranno di migliorare ulteriormente i saldi di finanza pubblica nel biennio 2013-2014».
Come sempre, il Bollettino è una miniera di informazioni. Così, per esempio, viene fuori che è ripreso l’afflusso di capitali esteri, seguito a un deflusso durato fino ad aprile. E ancora: dopo l’estate è tornato a salire il costo del credito per le imprese e a novembre il divario con le aziende tedesche era pari a 1,4 punti. Le prospettive dell’occupazione sono destinate a restare negative anche nei prossimi mesi. Quest’anno i consumi delle famiglie continueranno a contrarsi di quasi 2 punti percentuali. Scende l’inflazione.
In compenso, si allentano le tensioni sui mercati finanziari, sono scesi i rendimenti dei titoli di stato. In Italia e Spagna, tuttavia, il costo medio di finanziamento di famiglie, imprese e intermediari finanziari a ottobre era ancora superiore di circa 110 punti a quello osservato nei paesi di Eurolandia meno colpiti dalla crisi. Per il domani è «essenziale» consolidare i progressi compiuti, anche in termini di recupero di fiducia, un volano-chiave per riavviare gli investimenti e dunque la crescita.
La Repubblica 19.01.13