«Non mi piace come è iniziata questa campagna elettorale tra politicismi e cabaret». Pier Luigi Bersani riflette e voce alta mentre sta per recarsi negli studi di Canale 5 per prendere parte a Italia domanda (in onda quando questo giornale è già in stampa). Chiaro il riferimento ai centristi da una parte e Silvio Berlusconi dall’altra. Non ci sta a farsi tirare per la giacca da chi pretende di occupare palazzo Chigi prendendo meno voti e da chi preferisce fare il matador anziché parlare di programmi seri.
«Non ci sto dice a fare campagna elettorale in questo modo, noi del Pd vogliamo parlare al Paese, un Paese dove c’è bisogno di una ricostruzione nazionale». Pensa a Pier Ferdinando Casini, a Antonio Ingroia, a quei «competitor che hanno obiettivi più piccoli, di interdizione» che puntano a sottrarre voti al Pd, o a continuare come il Cavaliere a difendere i propri interessi personali usando le istituzioni. Secondo Bersani il Pd è un’altra la strada che deve seguire in questa campagna elettorale, «perché quello che noi dobbiamo dire agli italiani è che la nostra è l’unica forza politica tanto solida e radicata nel territorio da poter affrontare la ricostruzione. Questa è la responsabilità che abbiamo sulle nostre spalle». Cosa pensa di questo ritorno di Berlusconi? «Ho visto la sua strategia risponde -: sparare una bufala al giorno. Non intendo seguirlo. Io penso alla mia campagna elettorale, inizieremo domani (oggi per chi legge, ndr) e lo faremo cercando di legare il tema della moralità pubblica a quello della democrazia.
Fra 48 ore sarà chiaro a tutti che il nostro è l’unico partito che non ha il nome sul simbolo ed è ora di capire cosa questo significhi».
Per il candidato premier del centrosinistra, i nomi dei candidati che troneggiano sulle liste, sono il sintomo di una «regressione della democrazia», che «noi dobbiamo arrestare e il modo è quello della partecipazione democratica». Per questo annuncia, aprendo la sua campagna elettorale oggi con i giovani a Roma, che chiamerà tutto il popolo delle primarie a diventare protagonista diretto in questa sfida all’ultimo voto. «Bisognerà andare nelle piazze, casa per casa, perché questo è il modo di far partecipare il nostro popolo». Torna sul voto utile. Casini lo ha accusato di «debolezza» per averne parlato? «Non abbiamo paura di nessuno», risponde. Poi, aggiunge: «Non è piaciuto il modo in cui l’ho detto? Lo spiego così: è evidente a tutti che il compito di battere la destra è sulle nostre spalle, dal Piemonte, al Trentino alla Sicilia, in ogni singola Regione del Paese. Noi siamo gli unici che possiamo farlo e per questo dico: dateci il vostro voto».
Anche sulla desistenza di cui parla Leoluca Orlando delle liste Ingroia nelle Regioni dove si gioca il futuro della prossima legislatura (Lombardia, Sicilia e Campania), il segretario fa chiarezza: in quelle realtà è fondamentale non disperdere i voti del centrosinistra e quindi concentrarsi per sconfiggere l’avanzata della destra, il cui obiettivo evidente è quello di creare una maggioranza zoppa. E di questo si stanno occupando Maurizio Migliavacca e Enrico Letta per cercare con l’ex pm, con i quali i contatti sono continui, un punto di incontro almeno in Lombardia (impossibile in Campania dove De Magistris non ha intenzione di fare passi indietro, idem Orlando in Sicilia). Non di patto si tratta, di cui al Nazareno nessuno vuol parlare, quanto piuttosto di una campagna meno martellante sul voto utile a cui Ingroia guarda con grande preoccupazione. Ingroia, poi, starebbe pensando di appoggiare Ambrosoli al Pirellone per cercare di sconfiggere in questo modo Roberto Maroni. Perché per quanto i sondaggi a un mese dal voto lasciano il tempo che trovano al Pd motivi per dormire tranquilli non ce ne sono. Bersani lo sa ma è convinto che stavolta è possibile farcela e farcela bene: «Noi possiamo vincere anche in quelle Regioni che oggi sembrano difficili da conquistare».
Ma se Casini, che non è Kevin Costner, dice «noi balliamo da soli», il leader Pd ribadisce: «Dobbiamo puntare al 51% dei seggi ma ragionare come se avessimo il 49% perché la prossima legislatura avrà bisogno di riforme e misure di natura costituente e ci sarà bisogno di una larga condivisione». Concetto ribadito ieri durante l’incontro con Riccardo Nencini, per firmare un patto di consultazione tra i due partiti nell’ambito del Pse. Nencini si è presentato con un dono: un piccolo busto in bronzo con Garibaldi navigatore, dell’artista Giampaolo Talani. «È di buon augurio per la prossima navigazione nel mare della campagna elettorale e nel più impegnativo oceano di cinque anni di Governo», ha spiegato il leader socialista. Intanto dopo la battuta del segretario Pd su Berlusconi a Ballarò («cosa ha più di me? I capelli mi pare evidente») è partito quello che sarà il tormentone fra i democrat: su twitter è già comparso l’account pelatiXBersani.
L’Unità 17.01.13