Maroni nega qualsiasi relazione con le cooperative degli allevatori “splafonatori” delle quote latte, già condannate per aver sottratto all’erario svariate decine di milioni di euro. Strano perché l’unica visita effettuata da Umberto Bossi all’arcinemico Monti, l’8 febbraio 2012, ebbe lo scopo di perorare a Palazzo Chigi la causa di queste cooperative fuorilegge, rimaste prive di copertura politica dopo la caduta del governo forzaleghista. In loro soccorso già si era svenata Credieuronord, la banca del Carroccio poi salvata dal duo Fazio-Fiorani quando era ormai sull’orlo del fallimento.
C’è poco da menare scandalo, dunque, se la Guardia di Finanza fa ritorno nella sede di via Bellerio a nove mesi dalla scoperta delle malversazioni in cui era coinvolto l’intero “cerchio magico” del movimento. L’odore di stalla è ancora il più lieve, rispetto alle pestilenziali esalazioni dei bilanci leghisti che ammorbano la Lombardia, dai rimborsi a piè di lista del banchetto nuziale fino ai buoniperl’acquistodielettrodomestici distribuiti al Senato. Sempre attingendo a fondi pubblici. La schiera dei don Rodrigo, ciascuno con i suoi famelici bravi, che ha occupato per un ventennio le istituzioni trasfor-mandole in mangiatoia personale, dalla quale elargire favori ai sudditi calpestandone i diritti, ha assunto dimensioni tali da coinvolgere un’intera classe dirigente. Il saccheggio di risorse pubbliche è stato vissuto come un premio naturale spettante ai vincitori delle elezioni. Riguarda in proporzioni massicce la Lega e il Pdl, rendendo temeraria la loro pretesa di ricandidarsi al governo della Lombardia e della nazione sbandierando un’inesistente rottura col passato. Come se a guidarli non fossero leader già protagonisti della stagione finita nel disonore. Maroninonavrebbedovutoessereil ministro di polizia chiamato a vigilare sul rispetto della legge, anche da parte dei pubblici amministratori? E Berlusconi? E Formigoni? Con che faccia si ripresentano?
Grazie alla legge Porcellum sono ancora loro, in questi giorni, a selezionare i candidati da presentare alle elezioni. Berlusconi affiancato da Verdini,MaroniaffiancatodaCalderoli. Con Bossi già riconfermato capolista perchéilpoverinoignoravale ruberie della sua famiglia. Pretendono di stabilire i criteri del rinnovamento e della presentabilità, come se non fossero loro stessi i più vecchi e i veri impresentabili.
In proporzioni nettamente inferiori, ma non per questo giustificabili, l’uso improprio e la sottrazione di denaro pubblico hanno riguardato pure esponenti di altri partiti, sinistra compresa. Basti pensare al movimento di Di Pietro, che ne è uscito distrutto. Eppure nelle ultime settimane pareva diffondersi fra i leader in corsa nella campagna elettorale la speranza che il tema della corruzione potesse venir derubricato. Accantonato per convenienza.
Ecco scattare quindi le solite accuse ipocrite di giustizia ad orologeria, quasi che la magistratura dovesse sospendere i procedimenti in atto garantendo alla classe politica il privilegio di una moratoria. Il culmine lo si è raggiunto al processo Ruby, dove l’avvocato Ghedini ha chiesto, cito testualmente, un “legittimo impedimento perenne” per il suo assistito impegnato nella propaganda, sempre all’insegna della smemoratezza. Quasifossecolpadeigiudicise le indagini rivelano ogni giorno la sistematicità del malaffare, oggi a Parma e domani chissà dove. Come se i tempi già ritardati dell’applicazione della legge dovessero sospendersi, per impedire ai cittadini di farsi un quadro veritiero sull’operato dei loro amministratori.
L’annosa vicenda delle quote latte, una truffa nei confronti dell’Ugura
nione europea e dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, perpetrata alla luce del sole con la copertura deiministrileghisti,hatestimoniato per anni la rivendicazione pubblica del sistema clientelare. Ma ora testimonia anche l’impossibilità di protrarla ulteriormente, perché questo blocco di potere è giunto infine al disfacimento. In agricoltura così come nella sanità, nel sistema delle discariche, negli appalti e nelle licenze. Di nuovo la Lombardia si conferma epicentro di una sfida civica per il ripristino di condizioni minime di legalità, senza cui la politica non potrà maifronteggiarelasofferenzasociale provocata dalla crisi. Maroni s’illudeva di condurre una campagna elettorale incentrata su inverosimili promesse fiscali, peraltro mai realizzate nei decenni di egemonia nordista. Il suo scopo era di rimuovere dal dibattito pubblico la piaga della corruzione che ha screditato il suo partito. Ma la realtà torna ogni giorno a imporsi in tutta la sua evidenza. E sollecita di fronte ai cittadini la scelta di un presidente della Regione come Umberto Ambrosoli: fiporto
di rottura col cinismo politico, capace di rappresentare come prioritario il bisogno della moralità calpestata da troppi don Rodrigo.
La Repubblica 17.01.13
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