Gliel’ha detto a quattr’occhi, incontrandolo a Palazzo Chigi, che sarebbe stato più utile al Paese se fosse rimasto «fuori dalla contesa». Poi Pier Luigi Bersani ha atteso ancora qualche giorno, per vedere cosa avrebbero prodotto le riflessioni di Mario Monti. Ma ora che si parla esplicitamente di una lista con il nome del premier nel simbolo, il leader del Pd batte un colpo: «Non fa bene all’Italia costruire le formazioni politiche intorno alle persone».
Bersani vuole sentire una parola definitiva dal capo del governo («sono curioso anch’io di sapere quale sarà la conclusione delle riflessioni del presidente Monti»), ma se dovessero rivelarsi fondate le indiscrezioni che ormai da quarantott’ore stanno filtrando da Palazzo Chigi, il giudizio del leader Pd non sarebbe affatto positivo. «Noi siamo stati lealissimi verso il governo Monti», dice a SkyTg24, «francamente, non avevo immaginato che potesse essere nella contesa e non so se sarà questa la sua scelta». Fosse questa la decisione del presidente del Consiglio, il Pd non avrebbe «nessuna difficoltà, nessun problema particolare» a giocare la partita avendo di fronte un nuovo competitor. Dice però Bersani facendo entrare in una nuova fase il confronto con il premier: «L’unica cosa di principio che ho sempre posto al presidente Monti è che non credo faccia bene all’Italia costruire formazioni politiche intorno alle persone. Io ho detto che il mio nome sul simbolo non lo metterò mai. In nessun Paese democratico al mondo si procede così. Le formazioni politiche devono essere guidate da persone ma devono essere costruite intorno ai programmi, non alle persone».
CON CHI STANNO I CENTRISTI?
Ormai è chiaro che a meno di un ripensamento da parte del premier, a giocare un ruolo da protagonisti in questa campagna elettorale saranno in tre: Bersani, Monti e Berlusconi, che il leader Pd è pronto a incontrare in un confronto televisivo («dove c’è Berlusconi come si fa a mancare? risponde con un sorriso a SkyTg24 Io sono disponibilissimo, mi pare una cosa utilissima, seria»).
La novità è che il leader del Pd, al quale non è piaciuta la visita di Monti con Marchionne allo stabilimento Fiat di Melfi, ha deciso di giocare ora la partita insistendo sulla differenza del suo partito rispetto alle altre formazioni. Per questo insiste sulla decisione di organizzare le primarie per i candidati parlamentari, che il segretario democratico mette in contrapposizione con le due operazioni che vanno sotto il segno del personalismo. «Ho una fiducia enorme nella partecipazione e una sfiducia enorme nell’uomo solo al comando». Una frase che in passato ha più volte pronunciato con riferimento polemico a Berlusconi, e che però in queste ore si carica di un nuovo significato.
In questo caotico finale di legislatura c’è bisogno di fare chiarezza, secondo Bersani, di definire i campi di gioco e gli schieramenti. Per questo il leader Pd non esita a sfidare apertamente Monti e per questo prova a stanare i centristi che da troppo tempo ormai si muovono sul filo dell’ambiguità. Così, il giorno dopo che il ministro Andrea Riccardi ha detto che «il centro di Monti sarebbe alternativo alla sinistra», Bersani rilancia la proposta di un patto di legislatura tra progressisti e moderati, e però al contrario del passato ci aggiunge una richiesta di chiarezza: «Io voglio costruire un centrosinistra che abbia disponibilità ad incontrare un centro moderato, europeista, saldamente costituzionale. Che io abbia o non abbia la maggioranza. Sarebbe interessante chiedere a queste formazioni centrali cosa pensano loro del Pd, perché noi siamo il partito più grande. Sento cose a volte contraddittorie: qualcuno dice “siamo alternativi”, altri dicono “siamo colloquiali”. Io non mi sento alternativo al centro moderato, mi sento alternativo a Berlusconi e alla Lega».
LA PARTITA DELLE LISTE
Mentre Bersani centra la sua strategia contro le liste personali, nel partito si discute delle deroghe da concedere a parlamentari europei, sindaci di Comuni oltre i 5000 abitanti e consiglieri e assessori regionali che vogliono candidarsi alle primarie, e anche dei nomi da inserire nel 10% esonerato dalla sfida ai gazebo. Al comitato elettorale, riunito ieri fino a tarda sera, sono arrivate oltre cento richieste di deroga. Il criterio seguito è stato però quello di limitare al massimo il via libera, anche per evitare un effetto domino con lo scioglimento anticipato di molti consigli comunali. Di segno opposto è l’iniziativa della Direzione del Pd di Modena, che ha approvato un ordine del giorno in cui si chiede che un sindaco dell’area colpita dal terremoto «o comunque una personalità della società civile rappresentativa dell’impegno nel fronteggiare il post-sisma venga inserito nel listino delle candidature appanaggio del segretario».
Questo 10% di nomi è però ancora al centro di trattative tra le diverse anime del partito. Al momento sembra ci debbano essere tutti i segretari regionali del Pd e chi ha corso alle precedenti primarie del partito (Matteo Renzi non ci sarà, ma verranno inseriti i membri del suo comitato). Una curiosità che sta emergendo a scorrere l’elenco di chi correrà alle primarie: nel prossimo Parlamento Sandra Zampa potrebbe essere l’unica prodiana, visto che Parisi, Magistrelli, Santagata, Barbi e gli altri parlamentari vicini al Professore stanno pensando di non ripresentarsi.
L’Unità 21.12.12
Pubblicato il 21 Dicembre 2012