La comicità disinnescata come un ordigno militare. Il festival è stato alla fine spostato a dopo le elezioni perché le battute di Luciana Littizzetto e la perfida bonomia di Fabio Fazio spaventavano Silvio Berlusconi più di Bersani e più dei giudici. Sanremo gli sembrava come il congresso dei Soviet o la comune di Parigi, il palcoscenico della sua sconfitta.
Con un foglio d’ordine, Berlusconi ha dunque trasformato il consiglio di amministrazione della Rai che, con la complicità del governo dei tecnici, ancora controlla come una caserma, in un plotone di esecuzione contro le canzonette. Ed è davvero un provvedimento militare inedito nella storia della televisione italiana di intrattenimento che in passato ha censurato Dario Fo, Zavattini e Mastelloni, vale a dire la sovversione l’invettiva e la blasfemia, ma non aveva mai trattato il festival dell’identità nazionalpopolare, la vetrina della “casalinghità” italiana e il contorno spiritoso della gara canora come un territorio occupato dove si annidano i nemici più subdoli, insomma come Israele tratta la Striscia di Gaza.
E chi l’avrebbe mai detto che proprio Berlusconi, che ha inventato e si è nutrito di televisione e che in televisione adesso è ritornato per intossicarsene, avrebbe deciso di mettersi al riparo dalla messa cantata dell’Arcitalia? Lui che ebbe al fianco Sandra e Raimondo, Mike Bongiorno e Iva Zanicchi e tutto l’album dei beniamini della leggerezza e del sorriso, stipendiati ed esibiti come intellettuali di riferimento, si è ora ridotto a una torva caricatura di Breznev. Ha paura di essere seppellito da una risata, è allergico all’ironia, si risente persino per le vignette, non sopporta le allusioni al suo fisico posticcio e malridotto.
Certo, lui avrebbe affidato il festival a Pino Insegno e a Barbara d’Urso, ma neppure con Sallusti e la Santanchè sarebbe riuscito a mettersi al riparo dalla risata contundente verso cui nutre un odio ormai invincibile al punto da avere spento persino il suo fidato vecchio Bagaglino che fu la valvola pacchiana e anarcoide della destra. E bisogna infatti sottolineare che mai Sanremo è stato favorevole a Berlusconi, neppure il festival di Tony Renis, quello dei gangster, che ebbe (ricordate?) Celentano: «Anche io ho amici delinquenti». E nei Sanremo organizzati da Ignazio La Russa per tramite di Mazzi e Mazza (“La Russa e i suo mazzieri” li chiamavano) trionfò comunque Roberto Benigni. La comicità infatti non è berlusconizzabile perché è libertà. E il solo umorismo che Berlusconi ha esibito in venti anni è quello greve delle barzellette sconce da spogliatoio maschile.
Morire di televisione è il contrappasso che si merita per non essere stato capace di affrontare una dignitosa uscita di scena, quando cala il sipario. Berlusconi è lì sulla ribalta a raccogliere non sorrisi ma fischi e lazzi, quelli del pubblico che sono più crudeli di quelli dei comici. È infatti tornato da occupare la tv ma non fa audience, non riesce più a controllarla e dunque deve aggredirla con azioni di disturbo. Per disperazione ha persino chiesto di andare da Santoro. Insomma dalla televisione non riesce a staccarsi perché è il suo karma, e dunque mena fendenti, non si controlla più. E Sanremo, che era il suo sogno, la sua vera meta, la sua ambizione di intrattenitore d’Italia è diventato il suo incubo, la sua nemesi. Non è mai riuscito a conquistarlo e dunque ora vuole abolirlo: muoia Sansone con tutti i filistei.
Quello che sta accadendo è fuori da ogni fantasia, peggio dell’editto bulgaro che aveva una sua odiosa logica repressiva, mentre è un tic da nevrosi totalitaria, un dispotismo da regime in agonia vedere in ogni comico un comunista e in ogni risata un oltraggio. Vedrete che alla fine lo spostamento di Sanremo sarà un doppio autogol perché non solo Berlusconi dovrà metabolizzare l’ovvia sconfitta, ma dovrà sopportare di essere sbertucciato, trascinato in un simbolico carro di Tespi e finire così come Re Carnevale mentre l’Italia gli “sanremerà” dietro.
La Repubblica 20.12.12
Pubblicato il 20 Dicembre 2012