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“Istat: matrimonio, storico sorpasso. Al Nord rito civile supera quello religioso”, da repubblica.it

Il matrimonio religioso resta la scelta più diffusa (60,2%) ma nelle regioni del Nord quello civile nel 2011 ha operato il sorpasso e prevale con il 51,7% rispetto al 48,3% di quello celebrato in chiesa. Nelle regioni meridionali prevale il rito religioso (76,3%), in leggero vantaggio anche al Centro (50,1%). E’ quanto certifica l’annuario statistico dell’Istat, secondo cui la tendenza è per una sempre maggiore diffusione del rito civile: le coppie che decidono di sposarsi davanti all’ufficiale di stato civile sono passate da 79 mila nel 2010 a circa 83 mila nel 2011. Ma in Italia ci si sposa sempre meno: nel 2011 sono stati celebrati 208.702 matrimoni, quasi novemila in meno dell’anno precedente, tasso di nuzialità che passa da 3,6 a 3,4 per mille.
Calano divorzi, aumentano separazioni. Nel 2010 in Italia sono aumentate le separazioni (+2,6%), mentre sono leggermente diminuiti i divorzi (-0,5%). In crescita anche il numero di minori per i quali è stato stabilito l’affido congiunto, che si conferma la soluzione più diffusa sia in caso di separazione (89,9%) sia di divorzio (73,8%). Diminuisce di conseguenza il ricorso alla custodia esclusiva alla madre, che fino al 2006 è stata la più frequente. Nell’anno preso in esame, le separazioni sono state 88.191, rispetto alle 85.945 del precedente, mentre i divorzi sono stati 54.160, a fronte dei 54.456 del 2009. I figli minori coinvolti sono stati 65.427 nel caso delle separazioni e 23.545 per i divorzi.
Mamme sempre più tardi. Altra importante fotografia è quella che l’Istat scatta alla fecondità della popolazione femminile italiana: in lieve aumento, ma si diventa mamme sempre più tardi. Nel 2011 il numero medio di figli per donna si attesta a 1,42 a livello nazionale, contro l’1,41 dell’anno precedente. Il valore raggiunge 1,48 al Nord, che si conferma l’area della Penisola con la fecondità più alta. All’interno dell’Unione europea a 27 i paesi con un minor numero medio di figli per donna sono la Lettonia (1,17), l’Ungheria (1,25) e la Romania (1,33 ); l’Italia si posiziona al decimo posto. In ogni caso le donne diventano madri sempre più tardi: 31,3 anni è l’età media al parto in Italia, il valore più alto fra i paesi europei, lo stesso di Liechtenstein e Svizzera, seguono Irlanda e Regno Unito (31,2).
Meno aborti, più interruzioni spontanee. Diminuiscono le interruzioni volontarie di gravidanza tra le donne italiane, ma al contempo si registra una impennata degli aborti spontanei soprattutto tra le over-35, complici le maggiori difficoltà nell’affrontare una gravidanza in età avanzata. Il tasso di abortività (calcolato per mille donne di età 15-49 anni) per il 2010 (dato parziale) è risultato essere pari a 7,9, dopo un decennio di assestamento intorno al 9 per mille. Nel 2010, l’area con il più elevato ricorso all’aborto risulta essere l’Italia centrale con 9,1 casi ogni mille donne, mentre una situazione opposta si rileva nel Mezzogiorno con un valore pari a 7,9. Cresce il numero di interruzioni volontarie tra le donne immigrate, arrivando a quota 33,4% nel 2010 e facendo registrare un picco di aborti tra le donne straniere pari al 43% in regioni come Veneto, Emilia Romagna e Umbria. Aumentano invece gli aborti spontanei: il numero assoluto di casi registrati è passato da 56.157 (nel 1982) a 73.722 (nel 2010), con un aumento del 31%. L’età avanzata della donna, rileva l’Istat, “risulta essere un fattore cui si associa un rischio di abortività più elevato”.
Sud, sei donne su 10 fuori del mercato del lavoro. Il tasso d’inattività per la componente femminile è ancora particolarmente elevato, nonostante il calo registrato nel corso del 2011 (48,5% nel 2011 rispetto a 48,9% di un anno prima), specie nel Mezzogiorno, dove poco più di sei donne ogni dieci in età lavorativa non partecipano al mercato del lavoro. Per inattivi si intende coloro che né sono occupati né cercano lavoro.
Occupazione: cresce, ma sempre meno tra i giovani. Crescono gli occupati in Italia, ma non tra i giovani. Nel 2011 – sottolinea l’Istat – sono 22.967.000 gli occupati, in aumento, dopo due anni di discesa, di 95.000 unità rispetto all’anno precedente. Risultato della sintesi tra una riduzione della componente italiana, controbilanciata dall’aumento di quella straniera (+170.000 unità). La quota di lavoratori stranieri sul totale degli occupati raggiunge il 9,8% (9,1% nel 2010)”. Il tasso di occupazione è al 56,9%, valore ampiamente al di sotto della media Ue (64,3%), quello maschile si attesta al 67,5%, mentre il tasso riferito alle donne si posiziona al 46,5%. Secondo l’Istat, “rimangono ampi i divari territoriali, con il tasso di occupazione che al Nord è oltre venti punti più elevato di quello dell’area meridionale”.
Nel 2011, nella fascia tra i 15 e i 34 anni, l’occupazione registra un calo tendenziale del 3,2% (-200mila unità). Nel 2011 si contano 1 milione 128 mila persone in cerca di lavoro tra i 15 e i 34 anni, con un picco del 40,4% nel Mezzogiorno. Da sottolineare, poi, come tra i giovani fino a 29 anni il tasso di disoccupazione dei laureati sia più elevato rispetto a quello dei diplomati. Conseguenza del più recente ingresso nel mercato del lavoro di chi prolunga gli studi, ma anche dalle crescenti difficoltà occupazionali dei giovani, pur con titolo di studio elevato.
Gli occupati crescono sia nella classe di età centrale, fra i 35 e i 54 anni (+143.000), sia soprattutto fra gli over 55(+151.000) tendenza da ricondurre, secondo l’Istat “ai requisiti sempre più stringenti per accedere alla pensione” e alla posizione professionale: “La crescita degli occupati riguarda esclusivamente i lavoratori dipendenti (+130.000 unità), mentre gli indipendenti tornano a ridursi (-0,6%, pari a -36.000 unità) dopo il leggero incremento osservato nel 2010”.
A livello di settore, l’occupazione nell’agricoltura registra una nuova flessione (-1,9%, pari a 16.000 unità in meno), mentre l’industria in senso stretto segna, dopo tre anni di calo, un moderato recupero (+1,4% pari a +63.000 unità). Prosegue a ritmi più sostenuti il calo nelle costruzioni (-5,3% pari a -102.000 unità) mentre nei servizi l’occupazione torna a crescere (+1%, pari a 151.000 unità in più), dopo la sostanziale stabilità del 2010.
Imprese, il 95% è micro. La struttura produttiva italiana continua ad essere caratterizzata da una larga presenza di micro-imprese (con meno di 10 addetti), rappresentative del 94,8% delle imprese attive. Con riferimento al 2009, l’Istituto sottolinea come la dimensione media delle imprese si mantenga stazionaria negli ultimi anni, intorno a un livello, molto basso, di 3,9 addetti per azienda.
Imprese, il 37,5% commercia online. Nel 2012 il 95,7% delle imprese con almeno 10 addetti dispone di una connessione a Internet e il 37,5% si avvale del commercio elettronico. Il 93,6% delle aziende è connesso a Internet in banda larga fissa o mobile, ma solo il 26% circa delle imprese connesse a Internet dichiara di disporre di velocità nominali pari o superiori a 10 Mbps. Il 64,5% delle imprese dispone di un sito web, ma solo il 10,6% dichiara di offrire sul sito servizi per ricevere ordinazioni o prenotazioni online.
Ricerca, spesa italiana in coda Ue. L’Italia è il fanalino di coda nell’Unione Europea per le spese in ricerca, con un investimento pari all’1,26% del Prodotto Interno Lordo contro la media Ue del 2.01% del Pil. Complessivamente, nel 2009 l’Italia ha investito in ricerca 19.209 milioni, considerando i finanziamenti da parte di imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni no profit, università. Dopo l’Italia si collocano Ungheria, Lituania, Polonia, Malta, Bulgaria, Cipro, Slovacchia, Romania e Lettonia. A guidare la classifica dell’Unione Europea ci sono Finlandia, Svezia e Danimarca: tutti e tre questi Paesi si pongono ben al di sopra della media Ue, con investimenti superiori al 3%. Intorno al 3% si attestano Germania e Austria, seguite da Francia, Belgio e Slovenia.
Diminuiscono iscrizioni a Università e istituti superiori. Ci si iscrive meno, non solo all’università ma pure alle superiori. Per il terzo anno consecutivo, a scendere sono soprattutto gli iscritti alle secondarie di secondo grado (-24.145 unità). Se il tasso di scolarità si attesta ormai da qualche anno intorno al 100% per elementari e medie, subisce un’ulteriore flessione, dal 92,3% del 2009-2010 al 90%, quello riferito alle superiori. In generale l’aumento della scolarizzazione ha prodotto, nel corso degli anni, un costante innalzamento del livello di istruzione della popolazione: la quota di persone con qualifica o diploma di scuola superiore raggiunge il 34,5% (33,9% nel 2009-2010), mentre sale all’11,2% la quota dei laureati. A proposito di università, le matricole nell’anno accademico 2010-2011 sono circa 288.000, circa 6.400 in meno rispetto all’anno precedente (-2,2%). Si conferma, quindi, il trend negativo delle immatricolazioni iniziato nel 2004-2005, che ha riportato il numero di nuove iscrizioni a un livello inferiore a quello rilevato alla fine degli anni Novanta.
Alla previdenza due terzi della spesa pubblica. Più di due terzi della spesa per prestazioni delle amministrazioni pubbliche si concentra nella previdenza (67,2%), alla sanità è destinato il 24,9% e all’assistenza il restante 7,9%. L’incidenza sul prodotto interno lordo è pari al 17,8% per la previdenza, al 6,6% per la sanità, al 2,1% per l’assistenza.
Peggiorato quadro economico delle famiglie. Nel 2012 la situazione economica delle famiglie è sensibilmente peggiorata rispetto al 2011. Il dato negativo coinvolge tutti gli ambiti territoriali: il Nord passa dal 41,2% al 53,6, il Centro dal 43,4% al 56,2 e il Mezzogiorno dal 47,6% al 58,8. Nell’anno che sta per chiudersi, la percentuale di famiglie che affermano di disporre di ‘risorse ottime o adeguate’ è diminuito dal 56,8% al 52,5, mentre le famiglie che le ritengono scarse passano dal 37% al 40,3 e insufficienti dal 5,7% al 6,8. I giudizi migliori sulle risorse economiche, sottolinea l’Istat, sono state registrate al Nord (il 58,5% le ritiene ottime o adeguate), mentre nel Mezzogiorno questa quota scende.
Longevità, cresce l’assistenza domiciliare. L’Italia è un paese di anziani, nel quale cresce dunque l’assistenza domiciliare. Secondo le stime relative al 2011, afferma l’Istat, la speranza di vita alla nascita migliora sia per gli uomini (79,4) che per le donne (84,5). Nel contesto internazionale l’Italia si conferma uno dei paesi più longevi: nel 2010, all’interno dell’Unione europea, soltanto la Svezia continua a mantenere migliori condizioni di sopravvivenza maschile (79,6 anni), mentre in Francia e in Spagna le femmine fanno registrare la vita media più elevata (85,3 anni). Il progressivo invecchiamento della popolazione spiega la crescita progressiva, da 475 mila nel 2007 a 533 mila nel 2009, dei pazienti assistiti al proprio domicilio, l’84% dei quali è ultrasessantacinquenne.
Salute, il 71% si dichiara in buono stato. La percezione personale rappresenta un indicatore globale dello stato di salute della popolazione, molto utilizzato in ambito internazionale. Nel 2012, il 71,1% della popolazione ha fornito un giudizio positivo, la percentuale è più alta fra gli uomini (75,3%) che fra le donne (67,1%). Quanto alle patologie croniche, il 38,6% delle persone dichiara di esserne affetto, ma la percentuale sale notevolmente, raggiungendo l’86,1%, fra gli ultrasettantacinquenni. Le malattie croniche più diffuse sono l’artrosi/artrite (16,7%), l’ipertensione (16,4%), le malattie allergiche (10,6%), l’osteoporosi (7,7%), la bronchite cronica e l’asma bronchiale (6,1%) e il diabete (5,5%).
Giustizia, primo grado per il 40% al giudice di pace. Nel 2010 diminuiscono, rispetto all’anno precedente, sia i procedimenti civili sopravvenuti in primo grado (-1,5% sul 2010) che i pendenti (-1%), mentre aumentano quelli esauriti (+1,4%). Presso l’ufficio del giudice di pace viene trattato il 40% dei procedimenti di primo grado; spetta ai tribunali il restante 59,8%.
Carceri, diminuiscono i detenuti ma è sempre sovraffollamento. Diminuisce lievemente il numero dei
detenuti (nel 2011 sono stati 66.897, l’1,6% in meno dell’anno precedente), ma il problema del sovraffollamento continua ad essere grave, per quanto il rapporto tra detenuti presenti e posti letto previsti sia sceso a livello nazionale, passando da 151 del 2010 a 146,4 del 2011. La situazione è mediamente più critica nel Nord (157,5 detenuti per 100 posti letto), ma anche nel Mezzogiorno e al Centro i valori sono ben lontani da quelli ottimali. La capienza massima delle carceri viene superata in tutte le regioni italiane con l’eccezione del Trentino-Alto Adige (72,3 detenuti presenti per 100 posti letto) e tocca il picco massimo di 182 detenuti per 100 posti letto in Puglia. Nel 4,2% dei casi si tratta di donne, mentre gli stranieri sono il 36,1%. Un detenuto su cinque lavora, in massima parte (83,8%) alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria.
Detenuti: un suicidio ogni sei giorni. Nel 2011 nelle carceri italiane sono stati registrati 63 casi di suicidio, praticamente uno ogni sei giorni. Sono stati invece 1.003 i tentativi di suicidio, 5.639 gli atti di autolesionismo. Il tasso di suicidio è stato calcolato allo 0,9 per mille detenuti, il tasso di tentato suicidio al 14,9 per mille e quello di autolesionismo all’83,8 per mille.
Detenuti: un quarto è tossicodipendente. Quasi un quarto (il 24,5 per cento) dei detenuti è tossicodipendente: tale fenomeno risulta avere un’incidenza minore tra gli stranieri (20,2 per cento); se si considerano le sole donne, la diversità cresce (sono tossicodipendenti il 17,6 per cento delle detenute italiane, contro il 7,4 per cento di quelle straniere).
Diminuiscono reati, cresce sfruttamento della prostituzione. Anche nel 2010 sono diminuiti i reati
denunciati all’autorità giudiziaria dalle forze di polizia: 2.621.019, lo 0,3% in meno dell’anno precedente. Tra tipologie di delitto l’unica a crescere è lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione, +21%, mentre calano del 19,4% le denunce per usura, del 10,2% gli omicidi volontari, del 23,3% quelli imputabili a organizzazioni di tipo mafioso e del 5,8% le rapine.
Traffico problema numero uno delle famiglie. Nel 2012 il traffico è sempre uno dei problemi che le famiglie dichiarano di affrontare quotidianamente relativamente alla zona in cui vivono (38,4% delle famiglie della stessa zona). L’annuario Istat sottolinea anche la difficoltà di parcheggio (35,8%), l’inquinamento dell’aria (35,7 %) e il rumore (32%). Seguono poi, con percentuali inferiori, il non fidarsi a bere acqua dal rubinetto (30,2%), la difficoltà di collegamento con i mezzi pubblici (28,8%), la sporcizia nelle strade (27,6%) e il rischio di criminalità (26,4%). In ultima posizione si colloca l’irregolarità dell’acqua, che costituisce un problema per l’8,9% delle famiglie.
Rifiuti, Nord in testa nella differenziata. Nel 2010 la quantità di rifiuti urbani raccolti si attesta a 32,4 milioni di tonnellate (ovvero 537 chilogrammi per abitante), quella differenziata arriva al 35,3%, dal 33,6% del 2009. A livello territoriale i valori più alti di raccolta differenziata si registrano al Nord (49,1%), seguono a grande distanza le regioni del Centro (27,1%) e quelle del Sud (21,2%).
Crisi, si rinuncia a spettacoli e cultura. Nel 2012 il 35% degli italiani non ha mai partecipato a uno spettacolo o a un evento culturale o di intrattenimento fuori casa. Si tratta del valore più elevato degli ultimi sei anni. Per contro, nel 2012, il 63,8% della popolazione di sei anni e oltre ha fruito di almeno uno spettacolo o un intrattenimento fuori casa, una quota inferiore al 67,1% del 2010. Nel calo generale, è il cinema a raccogliere il maggior pubblico: una persona su 2 è andata a vedere almeno una volta un film. Seguono con il 28% mostre e musei, con il 25,4% gli spettacoli sportivi, con il 21,1% le visite a siti archeologici e monumenti, con il 20,6% la frequentazione di balere e discoteche, con il 20,1% il teatro, con il 19% i concerti di musica al 7,8% il concerto di musica classica. Anche se in calo, la televisione è abitudine consolidata per il 92,4% delle persone di tre anni e più (94% nel 2011), meno diffuso l’ascolto della radio che interessa il 58,3% della popolazione ma in aumento al 59% la quota di ‘fedelissimi’ che la ascoltano tutti i giorni. Aumenta invece la produzione di libri. Nel 2010 ne sono stati pubblicati 63.800, rispetto ai 57.558 dell’anno precedente, per una tiratura complessiva di oltre 213 milioni di copie. Quasi quattro volumi per ogni abitante. La produzione editoriale registra una ripresa sia per i titoli (+10,8% in un anno) che per la tiratura (+2,5%).
Sette su 10 al lavoro in auto. Nel 2012 sette occupati su 10 (69,3%) usano l’auto per recarsi al lavoro e poco più di un terzo degli studenti (34,7%) ne risultano passeggeri per andare a scuola. L’annuario Istat registra che “nel 2012 poco meno di un quarto della popolazione di 14 anni e oltre usa i mezzi pubblici urbani, il 16,3% quelli extra-urbani mentre il 28,5% ha preso almeno una volta il treno”. Rispetto alla qualità del servizio erogato, “in particolare per quel che riguarda la frequenza delle corse, la puntualità e il posto a sedere, gli utenti dei pullman extra-urbani sono più soddisfatti di coloro che utilizzano autobus e treno”. Rimangono “sostanzialmente stabili rispetto al 2011 le quote di utenti soddisfatti per la puntualità dei treni (50,1%) e la possibilità d trovare posto a sedere (64,6%)”.
Pranzo a casa batte snack veloce. Gli italiani sembrano resistere alle ultime tendenze e mode, almeno a tavola. Nel nostro Paese fatica a prendere piede l’abitudine a consumare un pasto veloce fuori casa: il 74,% delle persone pranza generalmente a casa e la percentuale è in crescita (+1,2%) rispetto all’anno scorso, soprattutto tra i giovani di 25-34 anni (+4,%). Fortemente diffusa è anche la consuetudine a fare una colazione ‘adeguata’ al mattino: circa otto persone su 10 abbinano al caffè o al tè alimenti nutrienti come latte, biscotti, pane.
Incendi in calo. Nel 2010 si sono verificati 4.884 incendi, che hanno interessato circa 46 mila ettari di superficie forestale. Il numero di incendi è inferiore a quello dell’anno precedente (5.422), così come la porzione di territorio interessata, che scende a 9,5 ettari di superficie media percorsa dal fuoco, dai 13,5 del 2009.