Doveva essere il giorno delle primarie. Sancisce invece il via alle scissioni e apre la grande fuga dal Pdl, ormai in rotta. Ma soprattutto, Berlusconi trasforma il 16 dicembre nel B-day e lancia al grande pubblico tv la sua candidatura alla premiership. Soffocando così sul nascere aspettative e ambizioni dei montiani Pdl e del gruppo dirigente riuniti in un teatro romano. Mentre in un altro auditorium la Meloni e Crosetto (presente Storace) tengono a battesimo l’ala anti-montiana, un piede già fuori dal partito. E oggi La Russa annuncia il decollo del suo “Centrodestra nazionale”. Tutto si sbriciola, in campo resta solo il Cavaliere.
Per il capo, del resto, l’ipotesi di una corsa in sostegno di Mario Monti era già archiviata. Sebbene ieri l’abbia ancora caldeggiata in pubblico, sia nella lettera inviata ai suoi dirigenti di “Italia popolare”, sia nel pomeriggio nell’intervista di un’ora in diretta a Barbara D’Urso a “Domenica5live”. Il succo è un altro. Berlusconi rientra in serata ad Arcore da Roma per un faccia a faccia con Roberto Maroni, già saltato la sera prima e nuovamente aggiornato a stamattina (stavolta causa nebbia). E si sfoga col suo entourage: «Monti ha già scelto e per noi poco male: otto nostri elettori su dieci non lo volevano e da solo non va oltre il 10 per cento. Il candidato premier sono e resto io». Davanti alle telecamere di Canale5 lo ammette, del resto: «Sono tornato a essere, e sono, il candidato alla presidenza del Consiglio ». Compie anche un passo avanti. Se pure Monti dovesse accettare l’«occasione storica» che gli offre, lui comunque farebbe la sua campagna elettorale. Resterebbe insomma in campo, in ogni caso. Una deterrente per le residue prospettive di un “sì” del Professore all’offerta. Che Berlusconi fosse in piena campagna era evidente, la performance di 80 minuti di ieri dalla D’Urso, con
tanto di annuncio di programma («Imu assolutamente da abolire ») è stata solo l’ultima tappa dell’escalation. Pianificata con direttori di rete mobilitati in breafing settimanali. Intervista al Tg5 sabato sera, a Studio Aperto dieci giorni fa, puntata a Mattino5 mercoledì, senza contare il servizio sui risultati dei governi Berlusconi andato in onda il 6 dicembre al Tg5 o Rete4 che mercoledì notte ha mandato in replica l’integrale del Cavaliere alla presentazione del libro di Vespa. Lui è in campagna, i dirigenti Pdl rassegnati e in fuga. La manifestazione “Italia popolare” organizzata da Alemanno e Sacconi, Lupi e Formigoni, Quagliariello e Augello, tra gli altri, doveva segnare lo strappo dei cattolici e dei “montiani”. Ieri mattina si è trasformata invece in una manifestazione di partito ancora «berlusconiano », col segretario Alfano (che arriva in mattinata da Arcore) e il capogruppo Cicchitto a
suggellare e garantire fedeltà al capo. Berlusconi racconta in privato di fidarsi poco o nulla di loro, ormai. Sospetta che «tramavano » per farlo fuori, che dietro il sostegno a Monti ci fosse il tentativo di convincerlo a compiere il passo indietro per investire lo stesso Alfano, come chiede Maroni (che oggi riunirà a Milano il Consiglio federale per decidere la linea leghista). Alemanno nel suo intervento introduttivo alla kermesse lo dice: «Monti è il candidato ideale, ma se dice no, allora la strada sarebbe quella che porta ad Alfano». L’exploit tv del Cav è servito anche per cancellarli mediaticamente. La delusione, espressa in anonimato dagli organizzatori della manifestazione, è profonda («Si è trasformata in tutt’altro»). Scena clou, il segretario Alfano, lo stesso che il 6 dicembre col suo intervento ha decretato la crisi del governo tecnico, che sale sul palco per chiede a Monti di accettare l’investitura del Pdl. Salvo poi chiudere con un «non ci faremo imporre il candidato dalla Lega, un leader ce l’abbiamo, è Berlusconi». Frattini fa solo un collegamento audio, Fitto non si vede, disertano tra gli altri Ronchi e Rotondi. C’è invece Mario Mauro, in rotta ormai con Berlusconi. Assenti come previsto tutti i fedelissimi berlusconiani. Al Teatro Olimpico, comunque colmo, età media elevata. Pieno e soprattutto di ragazzi l’Auditorium della Conciliazione da dove la Meloni e Crosetto hanno lanciato fendenti a destra e a manca. D’accordo su un punto: «Monti non può essere l’orizzonte e la candidatura di Berlusconi sarebbe un errore». Né con l’uno, né con l’altro. «Siamo pronti a costruire altro» dice la Meloni. Dopo la prova di forza, oggi ci sarà anche lei alla riunione che La Russa ha in programma con Corsaro, Rampelli e altri ex An per formalizzare la scissione. Sostengono di avere in mano un sondaggio che li accredita di un 4-7 per cento. «È stata una giornata che ha chiarito molte posizioni, oggi sarà il momento di tirare le somme, non c’è più tempo» dice La Russa già proiettato verso il suo “Centrodestra nazionale”.
La Repubblica 17.12.12
Pubblicato il 17 Dicembre 2012