«Ora però inizia il difficile», dice Umberto Ambrosoli sommerso dagli applausi. Sono le dieci di sera ed è ufficiale: ha vinto, anzi stravinto, le primarie lombarde, le primarie che lui ha voluto «civiche» perché fosse chiaro che i partiti erano i benvenuti ma non i padroni.
Centocinquantamila e 375 elettori nei gazebo, «solo» uno su tre è tornato ai seggi dopo le primarie nazionali. Tanti, pochi? Un successo, secondo l’avvocato. Altroché: «Abbiamo sconfitto neve e ghiaccio». E in effetti le condizioni di partenza sembravano proibitive. La terza primaria in un mese, il freddo, il Natale in arrivo. Ha vinto largamente, l’avvocato figlio di Giorgio Ambrosoli. Ha raccolto il 57,64 per cento dei voti (a Milano città il 52), staccando di netto gli avversari (il secondo si è fermato a quota 23), con picchi da plebiscito (a Brescia il 70). Un successo largo, ma sperato. Perché Ambrosoli ha raccolto da subito l’appoggio del Pd, di tutto il Pd, e di larghissima parte dell’opinione pubblica. Anche i sindaci erano con lui. Quarantuno anni, un profilo moderato, ma neanche troppo. «Io poco di sinistra? Non si tratta di essere più o meno di sinistra», risponde lui, «ma di fare proposte concrete che sappiano interpretare i valori della sinistra».
Di ispirazione liberale, l’avvocato ha avuto però parole durissime contro il formigonismo morente. Aveva titubato a lungo, aveva anche detto «no, grazie». Poi però s’è convinto. Non si può fuggire dalle responsabilità, uno con quel cognome lo sa bene.
Pronostici confermati, dunque. Ora Ambrosoli dovrà sfidare due signori che si chiamano Roberto Maroni e Gabriele Albertini (oltre a una sua coetanea che correrà con il Movimento 5 Stelle). Una battaglia durissima anche coi sondaggi a favore. Per questo dice ai suoi competitor (che incontrerà già oggi pomeriggio) che «ora bisogna andare avanti tutti assieme»; per questo a caldo picchia giù duro contro gli avversari: «Siamo forti non per le falsità che portano avanti gli altri, ma perché siamo liberi, e non siamo legati alla mentalità dell’affiliazione. Sappiamo quanto la menzogna sia utilizzata dai nostri avversari, ma noi non abbiamo paura». Oppure: «Il centrodestra ci ha abituato a tutto, dalla compravendita dei ruoli a quelle delle responsabilità, mentre il mondo del centrosinistra ha dimostrato diverse volte che è possibile vincere contro tutti».
Grande sponsor di Ambrosoli è stato, da subito, Giuliano Pisapia: «C’è chi come Penelope disfa oggi quello che ha tessuto ieri; c’è chi sta aspettando Godot e c’è chi come questo centrosinistra aperto e plurale non ha paura della mischia e si butta per vincere la partita». Tutti soddisfatti nella notte milanese. Anche gli sconfitti. Andrea Di Stefano, giornalista ed esperto di economia, era il candidato della Federazione della sinistra e di larga parte di Sel. Discreto il sui 23 per cento, con buone performance a Milano città. «Voglio far pesare il mio consenso sul programma che si andrà a scrivere insieme». Chiude Alessandra Kustermann, ginecologa alla Mangiagalli, l’unica della compagnia a non aver avuto un partito alle spalle eppure l’unica ad avere in tasca una tessera (quella del Pd).
La «primaria alle primarie» si dichiara comunque soddisfatta: «Io sono a disposizione del mio partito e porterò al centrosinistra l’enorme forza raccolta camminando in giro per la Lombardia e le mie idee soprattutto sulla sanità».
Il Corriere della Sera 16.12.12
Pubblicato il 16 Dicembre 2012