In attesa della conferenza stampa del 21 dicembre in cui Monti rivelerà il contenuto della profezia dei Maya sulla sua candidatura a Palazzo Chigi, il centrodestra pop del trio lombardo Berlusconi, Bossi & Formigoni si trastulla con un pacco di note spese. Si tratta di una tipica specialità italiana. Da sempre gli spiriti grigi degli altri Paesi si fanno bastare una misera diaria e con essa hanno attraversato le loro spente vite senza mai sperimentare l’ebbrezza, la fantasia, diciamo pure la creatività che soltanto la nota spese garantisce, quando è compilata come si deve. Non sorprende che questo simbolo del Made in Italy vada oggi a incrociare le vivaci esistenze dei consiglieri di maggioranza della Regione Lombardia, il cui presidente ha un severo e dettagliato curriculum di crocierista a sbafo.
I noti spenditori lombardi sono alcune decine. Li capeggia per fama un’igienista dentale, Nicole Minetti, che con i rimborsi istituzionali avrebbe comprato di tutto, dalla crema per il viso al sushi. Persino una copia del libro Mignottocrazia, che forse potrebbe rientrare alla voce «aggiornamento professionale». Al suo fianco il caro vecchio Trota, che con le note spese finanziate dai contribuenti di Roma Ladrona si sarebbe accaparrato videogiochi, bibite e sigarette. Fin qui il Bossino. Poi c’è il Bossetti – Bossetti Cesare, pure lui leghista – che nel 2011 avrebbe consumato quindicimila euro in pasticceria, nonostante oggi abbia dichiarato di essere diabetico. Pare di vederlo, questo Poldo longobardo, mentre si abboffa di bignole e croissant inneggiando alla Padania Libera e alla superiorità del panettone sulla pastiera. Ma il mio preferito è un altro leghista, Pierluigi Toscani, a cui si imputa l’acquisto compulsivo di lecca lecca e gratta e vinci. Va dunque immaginato nel suo habitat naturale, il bar, mentre alterna slappate a grattate. La sua nota spese traccia il profilo di una personalità variegata, capace di mettere in conto ai contribuenti la torta sbrisolona come le ostriche, senza mai rinunciare a un maschio rapporto con la natura, testimoniato dai 752 euro spesi per le cartucce da caccia.
Sarebbe però ipocrita scagliarsi sui consiglieri lombardi, la cui percentuale di indagati ha ormai superato quella del colesterolo nel sangue, senza ricordare che negli anni delle vacche grasse la nota spese è stata un bene nazionale a cui hanno attinto con gioia molte categorie di privilegiati. Si narra di un manager pubblico che avrebbe presentato come cena uno scontrino di supermarket così formulato: «Prosc. 140 euro, Form. 130». E alla domanda del revisore dei conti – che riteneva un po’ elevata la spesa di prosciutto e formaggio, tanto da supporre che non di una porzione si trattasse, ma di stinchi e forme intere – avrebbe risposto sconsolato che purtroppo il medico gli aveva proibito di mangiare altro.
Anche noi giornalisti abbiamo saputo mettere in campo dei fuoriclasse, e non solo alla Rai, dove una corrispondente dalla guerra del Golfo si meritò da Beniamino Placido il soprannome di Nostra Signora delle Note Spese. Della leggenda di questa professione fa parte il racconto dell’inviato reduce dal Sudamerica (sulla cui identità esistono varie versioni) che presentò come nota spese un foglietto qualsiasi con la giustificazione vergata a mano: «Passaggio a dorso di mulo: 1000 dollari» e la firma in calce «Pablo». Quando il contabile del suo giornale gli fece rispettosamente notare che si trattava di una indicazione un po’ vaga, egli si offrì di telefonare a Pablo, il proprietario del mulo, davanti a lui. «Quiero hablar con Pablo», urlò nella cornetta. Ma dopo un infinito silenzio abbassò gli occhi e sospirò: «Nooo! Pablo es muerto…».
Ora la festa è finita, ma restano da avvertire alcuni ritardatari. A tutto questo nota-spendere e nota-spandere va poi aggiunta la sensazione di ribollita che i nomi della Minetti e Bossi junior hanno provocato oggi al loro sbarco nelle redazioni e, immagino, nelle orecchie dei lettori. E’ da una settimana che il tempo sembra essersi fermato. Berlusconi, Ruby, Berlusconi, Trota, Bossi, Minetti, Berlusconi, Formigoni, Berlusconi, Berlusconi… Come se la puntina della Storia si fosse incantata su un graffio profondo e il disco non riuscisse ad andare avanti.
Il nuovo scandalo lombardo accelera la resa dei conti fra i due centrodestra. Quello populista delle note-spese e quello europeista che le spese finora le ha fatte pagare ai soliti noti. Impossibile che si uniscano sotto la stessa bandiera, a meno che siate così creativi da immaginare Monti sul palco mentre canta l’inno di Forza Italia con la Santanché. Sembra un paradosso, ma se vent’anni fa Berlusconi fu l’artefice insostituibile della coalizione contrapposta alla sinistra, oggi ne è il principale e forse unico ostacolo. Se vuole davvero salvare l’Italia dai «cumunisti», il Cavaliere deve compiere il sacrificio supremo: ritirarsi a vita privata, portando con sé un po’ di noti, un po’ di note e possibilmente anche un po’ di spese.
La Stampa 15.12.12
Pubblicato il 15 Dicembre 2012