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“Il Tar del Lazio guasta la festa del Cavaliere”, di Andrea Carugati

Tra legge elettorale ed election day, questo fine legislatura si presenta decisamente bizantino e dominato da un tatticismo esasperato e talvolta incomprensibile, in cui la parte del leone la fanno Berlusconi (con le sue minacce al governo e le continue giravolte sul Porcellum) e la governatrice dimissionaria del Lazio Renata Polverini.
Fatto sta che a ieri sera l’accordo su una nuova legge elettorale era in alto mare, il Tar del Lazio ha deciso che il Lazio deve votare il 3-4 febbraio, e non una settimana dopo (Polverini aveva indicato il 10-11) e che oggi il Consiglio dei ministri si troverà sul tavolo questa ingarbugliata matassa. Con il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri convinta che il 3-4 febbraio non sia la data giusta, per via del rischio che la raccolta delle firme per le liste debba svolgersi nel pieno delle feste natalizie e che per eventuali ricorsi sia necessario aprire gli uffici nel giorno dell’Epifania. Il ministro, spiegano fonti a lei vicine, sembra orientato a proporre oggi al Cdm di «aggirare» la sentenza del Tar del Lazio, e di trovare una soluzione che consenta di votare nel Lazio il 10 febbraio (con la possibilità di accorpare anche Lombardia e Molise). Mentre i legali della Regione Lazio suggeriscono addirittura un ricorso alla Consulta contro la sentenza di ieri del Tar.
Sulla data del voto per le politiche pesano altre incognite. Un election day il 3-4 febbraio è ritenuto impossibile. Per votare in quelle date, infatti, le Camere andrebbero sciolte questa settimana, senza approvare dunque né la legge di Stabilità e neppure la nuova legge elettorale. Uno scenario ritenuto impercorribile al Quirinale.
Sul tavolo del Consiglio dei ministri peseranno anche le minacce di Berlusconi, che non vuole che si voti nelle regioni in una data diversa dalle politiche e medita una sfiducia contro Monti. Tra i ministri nessuno vuole correre il rischio di essere sfiduciato. E questo elemento è destinato a pesare mnella discussione. Anche se la minaccia del Cavaliere viene ritenuta “a salve.”
Quanto al Lazio, a fissare le elezioni non sarà più la governatrice ma il Viminale, nella figura del suo commissario Giuseppe Pecoraro, prefetto di Roma, entro tre giorni dalla notifica. Nel caso in cui la sentenza non fosse aggirabile, è probabile che il governo si orienti a lasciare il Lazio al suo destino (le urne il 3-4 febbraio), e ad accorpare le regionali in Lombardia e Molise e le politiche al 10 marzo. Un’ipotesi che, a quanto pare, potrebbe placare le ire di Berlusconi, che ha già dato per scontata la vittoria di Nicola Zingaretti nel Lazio, e punta tutte le sue fiches sul Pirellone, dove intende sostenere Maroni in cambio del sostegno della lega alle politiche.
L’altro fronte bollente è quello della legge elettorale. E qui, se possibile, la situazione è ancora più caotica. Dopo che il Pd aveva aperto sul cosiddetto lodo Calderoli (che prevedeva un premio progressivo per il primo partito o coalizione che restasse sotto il 40%), martedì Berlusconi ha imposto ai suoi rappresentanti in Senato di presentare una nuova proposta, che prevede solo 50 seggi di “premietto” per il primo partito e un premio di maggioranza solo per la coalizione che superi il 40%, ma di tutti i voti validi (conteggiando anche le liste che non superano lo sbarramento del 4%). Un modo per spostare più in alto la soglia vera per accedere al premio di maggioranza, e per far saltare la trattativa col Pd. Non è un mistero che il Cavaliere abbia deciso di tenersi il Porcellum, per nominare lui i parlamentari e per tentare di boicottare in Senato la vittoria del centrosinistra (a palazzo Madama infatti il premio è regionale e Berlusconi è convinto di conquistarlo in alleanza con la Lega in Lombardia e Veneto).
Ieri la legge elettorale avrebbe dovuto iniziare il suo iter in aula al Senato. Ma, vista l’assenza di un accordo, tutto si è fermato. Il Pd ha fatto una sua controproposta (premietto di 58 seggi invece di 50), che sarebbe stata respinta dal Pdl. Oggi comunque la Commissione Affari costituzionali di palazzo Madama riprenderà l’esame del testo, e l’approdo in Aula dovrebbe essere la settimana prossima. Tra ieri sera e oggi nuova serie di contatti tra i due “sherpa” Denis Verdini (Pdl) e Maurizio Migliavacca (Pd), ma le possibilità di un’intesa in extremis non sembrano molte.
La novità è che il Pd sembra disposto a ragionare anche sulla base dell’ultima proposta del Pdl, forte dei sondaggi. Gasparri fa capire che Il Pdl è intenzionato ad andare avanti in Aula con la sua proposta, anche senza accordo. Calderoli si dice convinto che «il maiale può dormire sonni tranquilli». «È interesse sia del Pd che del Pdl andare a votare con l’attuale legge elettorale», assicura il padre del Porcellum. Resta il fatto che l’ultima proposta del Pdl (firmata Quagliariello) ancora non è stata depositata in commissione. Una proposta fantasma, in attesa dell’ultima giravolta di Berlusconi. Enrico Letta assicura: «Se resta il Porcellum faremo le primarie per i parlamentari».
L’Unità 06.12.12