La scuola è delusa dal ministro Profumo, è evidente. È delusa dalle promesse mancate, dalle speranze che lo stesso Profumo incarnava e dai passi falsi. Tremendo quello sull’aumento delle ore di lavoro per gli insegnanti. Lo sciopero della scuola e le manifestazioni collegate nascevano appunto da un forte aumento (30%) dell’orario degli insegnanti medi a stipendio invariato (che Bersani ha definito «invotabile» ed è stato ritirato dal governo), ma anche dal mancato recupero degli scatti stipendiali – giovedì il ministro ha illustrato una soluzione parziale del problema rispondendo a un’interrogazione del Pd, e una parte dei sindacati si è accontentata e ha revocato lo sciopero.
Perché tutta questa delusione? Perché, dopo Berlusconi, Tremonti e Gelmini, dopo la denigrazione e il massacro della scuola, la nomina di Profumo al Miur aveva dato una speranza di cambiamento: a Viale Trastevere finalmente arrivava un Rettore che sembrava capace di parlare non solo alla politica ma anche al mondo dell’istruzione. I fatti, però, hanno deluso le speranze: in continuità con il governo precedente sono stati confermati i tagli. Per questo, ormai, è difficile riallacciare i rapporti e il dialogo con il mondo della scuola. Ed è chiaro anche al Pd che per rilanciare l’istruzione pubblica, per allinearla agli standard europei, per parlare credibilmente di valutazione ed edilizia scolastica è necessario un governo politico. Questo esecutivo si è fermato sull’orlo del baratro ma è evidente che non è in grado di ingranare la marcia indietro.
I problemi ormai si sono incancreniti e anche a fronte di qualche scelta positiva del governo, come le indicazioni per il primo ciclo da tempo attese, o il primo concorso dopo tanti anni, il mancato ricupero della centralità della scuola e delle relative risorse da parte di questo governo ha inquinato il clima a tal punto che perfino quando il Pd ottiene importanti correzioni di rotta si trovano “pretesti” per dirottare la mobilitazione, non tanto da parte della Cgil quanto di altri gruppi e gruppetti per attaccare il Pd anziché il governo.
È il caso delle sproporzionate polemiche sulla legge 953, che non è un provvedimento governativo urgente e pericoloso come erano le 24 ore: alla camera l’avevamo già radicalmente modificata, poteva con audizioni e poche altre modifiche servire a un rilancio della partecipazione nella scuola, dato l’atteggiamento del Pdl il Pd al senato ha preferito fermarla… e invece viene messa nel calderone delle proteste e delle litanie anti-Pd, senza che probabilmente sia stata letta.
Purtroppo riforme importanti del centrosinistra, come l’autonomia scolastica, la parità e la stessa riforma del titolo V della Costituzione, che avrebbero richiesto un cammino e uno sviluppo coerente e stabile, sono stati invece boicottate dai governi Berlusconi. Il rischio è che questa esasperazione, legata prevalentemente a una politica di definanziamento della scuola e di propaganda distruttiva del lavoro e del valore dei nostri insegnanti, renda ancora più difficile il dialogo, anche per un governo futuro. La scuola però ha bisogno di andare avanti, non di tornare a Gentile, al centralismo, allo statalismo: per colmare lo spread con l’Europa in termini di risorse, di valutazione, di edilizia, di uscita dalla scuola a 18 anni. E questo passa attraverso una piena attuazione del titolo V della Costituzione per l’istruzione e una vera autonomia scolastica nel quadro delle autonomie locali. Il rischio che si corre è che qualcuno dica, in buona fede, che “si stava meglio quando si stava peggio” e anziché il rilancio della scuola, distrugga tutte le riforme fatte dal centrosinistra anziché completarle.
Il governo non ci ha davvero aiutato ad essere riformisti, ma il Pd non intende perdere la bussola: vuole andare avanti, perché solo una nuova scuola potrà ritrovare il consenso e le risorse necessarie a salvare anche gli insegnanti e tutti quelli che ci lavorano.
da Europa Quotidiano 24.11.12
Pubblicato il 25 Novembre 2012