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“Le italiane riscoprono i lavori di casa baby sitter o colf ma per necessità”, di Elena Polidori

Assunzioni in aumento del 20%, cresce la concorrenza con le straniere
Cessano di essere «scoraggiate» e «inattive», escono di casa e ricominciano a cercare una occupazione che finisce col sommarsi a quella domestica, gratuita. Come la si giri e la si volti, il risultato non cambia: in tempi di vacche magre, tocca alle donne rimboccarsi le maniche. Magari non è un «gender backlash», un contrattacco di genere, tipico dei momenti più duri. Ma di sicuro la risposta alla recessione si sta tingendo inaspettatamente di rosa. Piccoli grandi segnali confermano che, nella necessità, le donne cercano di mantenere in piedi la rispettiva baracca. Come possono.
Il primo dato significativo viene dall’Inps: dal 2008 ad oggi le domestiche e le badanti di nazionalità italiana sono aumentate del 20%. Il numero complessivo è ancora piccolo — su un totale di 651.911 collaboratori domestici,
solo 133.431 sono italiani, 3.227 in più rispetto al 2010 (uomini e donne, le donne costituiscono però la stragrande maggioranza) — ma è considerato sintomatico di una tendenza. Potrebbero anche essere molte di più se è vero, come sostiene Eures, la rete europea dei servizi per l’impiego, che nel mondo del «caregivers », della cura della persona, 6 su 10 lavorano in nero, dietro le quinte.
Chi sta in prima linea conferma che siamo di fronte ad un nuovo fenomeno. «E’ una bolla in espansione », sintetizza Federica Rossi Gasparrini, presidente di Federcasalinghe. Nel suo identikit le nuove Mary Poppins sono donne-mamme con figli a carico, donne sole, donne con i mariti a spasso. E comunque, «persone in sofferenza che escono di casa per aumentare il reddito di famiglia».
Negli uffici di Migrantes, la fondazione nata per assistere gli immigrati, ora che la congiuntura è buia si ritrovano a collocare tante caregivers italiane. «Perché è una opportunità di lavoro», racconta il direttore generale, Monsignor Giancarlo Perego: «C’è un bisogno insopprimibile e sempre crescente di persone che si occupino della cura dei piccoli o degli anziani: le italiane sanno cosa fare, se la cavano benone». E per di più si preparano,
studiano il mestiere. Scoprendosi d’improvviso più povere, eccole frequentare in massa i corsi pubblici di formazione, snobbati anche solo pochi mesi fa. Acli colf calcola che negli ultimi due anni le iscritte italiane a questi corsi sono raddoppiate.
Desperate housewives, allora? Al contrario. Secondo Paolo Legrenzi, uno degli psicologi che ha studiato prima l’euro e poi la sua crisi, ad essere disperati di fronte a questa carica
femminile sono soprattutto gli uomini, «i mariti che, senza più paga, risultano colpiti nella loro stessa identità perché si ritrovano a non poter più soddisfare i bisogni di casa». Non c’è dubbio: la donna che, volente o nolente si rimette in pista, anche solo per fare la domestica, rappresenta «una piccola rivoluzione nella struttura delle famiglie». Al dunque, «destabilizza gli assetti tradizionali».
Il secondo dato, meno glamour
ma più strutturale, viene dall’Istat: nel secondo trimestre di quest’anno, aumenta il numero delle occupate italiane nel Sud di 61 mila unità. Di queste, 50 mila appartengono a coppie con il coniuge rimasto senza lavoro. Altra novità: in termini macro, crescono le disoccupate, spia di un fenomeno che gli esperti invitano a leggere senza paraocchi. Linda Laura Sabbadini, che all’Istat segue proprio questo genere di faccende dal suo ufficio
di direttore del dipartimento sociale e ambientale, spiega il perché: «E’ disoccupato chi cerca attivamente lavoro. Tra le donne, soprattutto del Mezzogiorno, è sempre stato molto diffuso lo scoraggiamento: desistevano dal cercare una occupazione pensando di non trovarla, spesso anche in competizione con gli uomini che pure fanno fatica a occuparsi». Adesso però è scattato un click, un qualcosa che è frutto di una recessione dura e senza fine: «Allungandosi i tempi della crisi si riattivano nella ricerca di lavoro e anche per questo crescono le disoccupate». E dunque: il tasso di disoccupazione femminile passa dal 9,3% del maggio 2011 al 11,8% di settembre 2012.
Ora, sarà pure vero che essere donna, in Italia «è un ostacolo oggettivo», come sostiene il ministro Elsa Fornero. Però certo, questa declinazione al femminile di tenacia e intraprendenza, la dice lunga sui ruoli dentro e fuori dalle mura domestiche. «Le donne si confermano un pilastro», spiega la sociologa Chiara Saraceno secondo cui questa «spinta», così la chiama,
«nasce dall’insicurezza. I redditi familiari sono intaccati dalla crisi. Non ci si può più permettere di stare fuori dal mercato del lavoro. E ci si accontenta di tutto, anche di fare lavori di caregivers che senza recessione sarebbero socialmente meno accettati ». Così, mamme e mogli “si arrabattano”, e senza fiatare accettano di diventare “doppiolavoriste”: «A casa propria, fanno gratis tutti i lavori domestici, curano gli anziani, vigilano sui piccoli poi continuano fuori, a pagamento ». Saraceno tuttavia resta convinta che, da questo punto di vista, la crisi è «un’occasione», una «sollecitazione». In pratica, «una scossa che provoca cambi nei comportamenti e nelle aspettative».
In Italia, alla fin fine, la risposta femminile alla recessione sta prendendo una piega diciamo così, domestica. Ma altrove si sentono storie ben più tristi. Per esempio che viene dalla Grecia piegata dall’austerity la nuova ondata di prostituzione che spopola sulle strade nazionali.
O che nella Spagna squassata dagli effetti della bolla immobiliare, perfino la morte è un costo: c’è chi «vende» il proprio corpo alla ricerca, così almeno non paga il funerale, quando sarà.
da www.repubblica.it