attualità

“La lunga notte di Gaza aspettando la tregua”, di Lorenzo Biondi

Devastazione senza precedenti nella Striscia e nel sud di Israele mentre al Cairo si trattava sulle condizioni del cessate il fuoco. La tregua è vicina, dicevano ieri sera i negoziatori egiziani, ma intanto Israele e Hamas scatenavano tutta la loro potenza di fuoco contro il nemico. I missili degli islamisti hanno ucciso un soldato israeliano nel nord nel Negev, e hanno raggiunto anche Gerusalemme. Israele da parte sua ha lanciato un massiccio attacco missilistico dalle navi che stazionavano al largo della Striscia: il conto delle vittime palestinesi è ormai sopra quota 130. Gli ultimi fuochi prima della tregua?
Nel pomeriggio di ieri fonti egiziane e palestinesi hanno fatto sapere che l’accordo con Israele era stato raggiunto. La smentita israeliana è arrivata a stretto giro di agenzie. Il quotidiano Haaretz ha svelato che nella riunione decisiva del governo di Tel Aviv il voto favorevole del ministro della difesa Ehud Barak si è scontrato con quelli contrari del premier Benjamin Netanyahu e del ministro degli esteri Avigdor Lieberman. I due vorrebbero che nell’accordo venisse codificato il “diritto” di Israele a intervenire nuovamente se il lancio di missili dalla Striscia riprendesse, anche a opera di gruppi diversi da Hamas. Impossibile allora trovare un compromesso entro le nove di sera, come annunciato in precedenza.
«Forse si riuscirà nelle prime ore di mercoledì mattina», ha detto una fonte palestinese alla Bbc, spiegando che «c’è bisogno di più tempo del previsto perché non ci sono negoziati diretti, i colloqui avvengono col tramite dei mediatori egiziani e turchi».
È soprattutto l’Egitto a giocare un ruolo chiave. Ospite dei negoziati, interlocutore privilegiato di Hamas ma in buoni rapporti anche con gli Stati Uniti. Il presidente Mohamed Morsi, della Fratellanza musulmana, ha cercato di portare Hamas verso più miti consigli. Se l’accordo venisse firmato entro stamattina, come previsto, sarebbe la consacrazione dell’Egitto come garante degli equilibri regionali.
Sarebbe anche un successo della linea filo-israeliana ma anti-escalation adottata da Barack Obama. Il presidente Usa non ha mai fatto mancare il suo sostegno al «diritto all’autodifesa» di Israele, spiegando però che l’America non vedrebbe di buon occhio un’invasione di terra della Striscia. Un’idea, questa, che non piace neppure all’opinione pubblica israeliana, contraria al 70 per cento a spedire la fanteria a Gaza. Ma senza un accordo entro la mattina di oggi, l’invasione diventerebbe inevitabile.
da Europa Quotidiano 21.11.12