Trattativa finita sulla legge elettorale, dicono al Partito democratico. Pier Luigi Bersani si concentra sulle primarie, convinto che alla fine dimostreranno soprattutto la forza del centrosinistra e del Pd. Nei sondaggi continua la crescita del suo partito e all’indomani del 25 potrebbe registrarsi un ulteriore balzo in avanti. «Senza di noi — è la convinzione dei democratici — sarà difficile sia una modifica del sistema di voto sia la formazione di un nuovo governo». Ma a Largo del Nazareno non si nascondono la doppia insidia di una tenaglia che ha un obiettivo ormai chiaro: il ritorno di Mario Monti a palazzo Chigi. L’iniziativa di Montezemolo e Riccardi ufficializza la corsa del premier per il bis. Le parole di Monti dal Kuwait la confermano anche se ieri la precisazione chiesta dal Pd è arrivata. L’esternazione di Napolitano completa il cerchio. Un quadro allarmante, completato dal muro contro muro sulla riforma del Porcellum. La legge, sostanzialmente proporzionale, che da oggi verrà votata in commissione al Senato favorisce una larga coalizione e dunque un nuovo esecutivo
Monti.
Bersani vede la conventio ad excludendum, ne conosce i contorni, l’ha denunciata ad alta voce quando ci fu il blitz sulla riforma elettorale di una maggioranza diversa da quella di governo, una riedizione della Casa delle libertà: Pdl, Udc, Lega, Fli. «Non vogliono farci governare», disse allora il leader Pd. Ma la partita delle primarie è la chiave e va oltre la sfida con Renzi. Una legittimazione popolare forte, le file ai gazebo, il riconoscimento degli avversari al vincitore, il patto che lega i candidati con la firma alla
carta d’intenti, sono elementi, secondo il segretario, capaci di offrire una prova muscolare e innescare un circolo virtuoso. Nel Paese, ma anche negli ambienti internazionali che rappresentano uno degli ostacoli all’ascesa del centrosinistra e uno dei viatici maggiori per il Monti bis. Milioni di elettori alla competizione interna sarebbero anche un segnale per chi vuole procedere senza il Pd sulla legge elettorale. Però, la preoccupazione per la tenaglia rimane.
Stamattina a Largo del Nazareno torneranno a riunirsi i capigruppo e gli sherpa del Pd sulla riforma. I contatti tra Maurizio Migliavacca e i colleghi Denis Verdini e Lorenzo Cesa sono interrotti da giorni. L’incarico affidato da Bersani ai suoi ambasciatori è molto netto: non stiamo fermi, ma la nostra posizione è quella, vediamo dove arrivano loro. “Loro” sono tuttavia determinati ad andare avanti. L’Udc non si occupa più di tenere i rapporti diplomatici con i democratici. Ha problemi nel suo campo dopo la comparsa di un soggetto concorrente come quello di Montezemolo e Riccardi. Può difendere la linea del Monti bis, che fuori dal Palazzo è stata impugnata dal movimento civico di Italia Futura, lavorando in Parlamento a una legge che aiuti l’esito desiderato. L’associazione “Verso la terza repubblica” gode di alcune simpatie tra i parlamentari, ma non ha un suo gruppo ed è fuori dalle trattative. I rapporti tra centristi e democratici sono ai minimi termini. Bersani fa sapere che guarda «con molta attenzione » al lavoro del presidente Ferrari. «Ho sentito parole d’ordine che sono le nostre da tempo. E sono coerenti con l’alleanza tra progressisti e moderati », dice. Un gesto di sfida all’altro Pier? Dario Franceschini da giorni suggerisce di avviare da subito un dialogo con la nuova lista civica. E stamattina proporrà al vertice del partito di andare a vedere le carte sulla riforma elettorale. «Possiamo accettare un premio al partito dell’8 per cento e metterli in difficoltà», è la posizione del capogruppo alla Camera.
La formula magica del Pd è quella del 40/10/5. Il 40 per cento è la soglia oltre la quale la coalizione vincente prende il 52,5 per cento dei seggi, 10 per cento è il premietto di governabilità al primo partito, 5 per cento lo sbarramento. Ricalca la formula D’Alimonte. La risposta del Pdl però è un rifiuto netto. E l’apertura iniziale dell’Udc a una mediazione sembra svanita. La conferma si avrà oggi quando cominceranno le votazioni al Senato e non saranno lanciati ponti verso il Pd. Ma adesso tutto il quartier generale di Largo del Nazareno ha l’attenzione solo sulle urne di domenica. Si attribuisce un enorme potere taumaturgico alle primarie, la forza di rovesciare gli equilibri. Tanto più se dopo un eventuale vittoria di Bersani nascerà subito un ticket con Matteo Renzi. Il segretario democratico non rinuncerà al contributo del sindaco di Firenze, al suo bacino di voti.
La Repubblica 20.11.12
Pubblicato il 20 Novembre 2012