Gli incidenti, le sassaiole, le provocazioni contro le forze dell’ordine, le cariche con i loro eccessi: tutto questo fa parte di un rito pericoloso e vano, estenuante, immodificabile nei decenni. Che invece la protesta contro le politiche di austerità conquisti una dimensione continentale, e richiami nelle piazze tante persone e tantissimi giovani, anche questo certo ha una sua ritualità però segna un cambio di clima in Europa.
Parlando dell’Italia, si può dire così: le politiche di rigore di bilancio non potranno che protrarsi nel tempo. Hanno però bisogno di essere rielaborate, corrette, proposte e difese davanti al paese da un governo e da un parlamento radicalmente rilegittimati. La necessità di una investitura popolare è stata fin qui evocata rifacendosi a valori generali, importanti ma astratti. Qui, oggi, emerge concretissima una primaria esigenza politica: gli italiani – anche quelli che protestano, per certi aspetti soprattutto loro – hanno bisogno e diritto di associare le scelte che li riguardano a una classe politica e di governo democraticamente eletta.
Credo che quando Bersani avverte che non potrebbero nascere alcuna grande coalizione e alcun nuovo governo da uno stallo postelettorale intenda questo: che qualsiasi coalizione e qualsiasi governo, per quanto ampi e tecnici possano essere, devono scaturire da un voto che individui maggioranze e opposizioni riconoscibili.
La rabbiosa reazione di Pdl e Lega alla convocazione delle regionali a febbraio vale come conferma che lo scenario di un risultato netto alle elezioni politiche è ormai considerato il più probabile.
C’entra assai anche il poderoso salto di attenzione che si registra intorno alle primarie del centrosinistra; il successo del dibattito televisivo; la conseguente invasione mediatica da parte dei candidati, tutti ora attenti a consegnare un messaggio di unità nella competizione; il venir meno delle paure (anche alimentate ad arte) che la visibilità e la forza di Matteo Renzi possano nuocere al Pd, preoccupazione che Bersani con lungimiranza ha sempre respinto.
Dunque ci sono motivi e spinte sociali al cambiamento. C’è un assetto politico (ancora insufficiente) che può rispondere a queste spinte. Le tappe elettorali sono lì, ormai imminenti. E però sappiamo che è proprio quando tutto appare leggibile e lineare, che si annidano il rischio dell’errore e l’insidia della mossa che ribalta: occhi aperti.
da Europa Quotidiano 15.11.12
Pubblicato il 15 Novembre 2012