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Scuola, Profumo ai prof «L’orario non aumenterà», di Mariolina Iossa

Non ci sono soltanto professori, studenti e rappresentanti sindacali alla manifestazione romana contro l’aumento dell’orario di lavoro settimanale dei docenti e per la difesa della scuola pubblica italiana. Davanti al ministero ci sono anche tante famiglie con i figli, bambini nei passeggini, come ad una passeggiata domenicale senza auto.
La scuola è in fibrillazione, anche se in commissione Bilancio alla Camera, dove si sta discutendo la legge di stabilità, è emersa nettamente la linea politica che dice no alle 24 ore, una linea confermata dal ministro Francesco Profumo che ieri a Torino ha dichiarato: «Non faremo l’intervento sull’incremento di ore». Ma gli insegnanti vogliono essere sicuri: «Non ci fermeremo fino a che la norma non sarà cancellata», hanno detto, e stamattina si incontreranno davanti al Miur per un flash mob. Martedì, poi, nuova mobilitazione: scioperano la Cgil e i sindacati di base.
Non c’è ancora la cancellazione della norma ma è sicuro che ci sarà. I lavori in commissione sono stati interrotti l’altra sera per permettere a governo e ministeri di trovare una strada ma oggi i lavori riprendono e, si augura il sottosegretario al Miur Marco Rossi Doria, «ci sono ottime possibilità che la vicenda si chiuda e si possa tornare a parlare di futuro della scuola. Non ci sarà nulla di cambiato sull’orario dei docenti. Troveremo, con il ministero dell’Economia, la soluzione. La scuola ha già dato, ha risparmiato 8 miliardi e mezzo, è stato un atto generoso che però deve finire. Solo i Paesi che investono su scuola e ricerca riescono ad uscire dalla crisi».
Il nodo della questione sono quei 183 milioni di risparmi che il governo ha chiesto al ministero della Pubblica Istruzione. «Le 24 ore sono un’ipotesi tramontata — conferma Manuela Ghizzoni, Pd, presidente della commissione Cultura —. Su questo c’è un accordo politico. Purtroppo la protesta non si è fermata perché c’è stata un’errata interpretazione di come stavano andando i lavori in commissione. Il Miur ha lavorato per trovare una strada diversa riuscendo a risparmiare altri 99 milioni senza intaccare la funzionalità della scuola».
In pratica il ministero risparmierebbe assottigliando l’apparato centrale (per esempio, tra le possibilità c’è quella di dismettere l’affitto della sede di piazzale Kennedy a Roma) e con il mancato turnover. Ma all’appello mancano ancora 84 milioni. «Ci vuole buona volontà — continua la presidente Ghizzoni — e comprensione da parte dei relatori della legge di stabilità, Baretta e Brunetta, che mi sembra ci sia: loro hanno dato disponibilità per altri 40 milioni. Bisogna ora trovare la copertura per gli ultimi 43 milioni, e per questo speriamo di coinvolgere Grilli, il ministro dell’Economia, perché si vada a guardare altrove. E soprattutto per evitare altri tagli “lineari” alla scuola».
Tutti i partiti in commissione, contrari all’aumento dell’orario settimanale, avrebbero anche indicato a Grilli dove cercare i soldi: per esempio, continua la Ghizzoni, «nella dismissione degli affitti del patrimonio pubblico, secondo l’articolo 7 punto 2 del ddl Stabilità. Gli effetti di quella norma dovrebbero produrre un’eccedenza di risparmio di 100 milioni di euro, si potrebbe dirottare una parte di questo denaro sulla scuola».
La partita in gioco è grande: anche altri ministeri chiedono al governo una fetta di quei soldi.
Il Corriere della Sera 11.11.12
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“La scuola in piazza. Profumo: no alle 24 ore per i prof”, di Luciana Cimino
Nessun aumento delle ore di lavoro per i docenti. Il ministro Profumo rassicura e questa volta pone la parola fine alla questione. L’occasione, dopo l’allarme delle ultime ore, è il convegno di ieri «Il futuro del liceo classico» organizzato a Torino. Il ministro è chiaro: «Non faremo l’intervento nella legge di Stabilità». Ma non rinuncia alla sua idea di insegnante del futuro: «Si è
aperta la discussione su questo tema e insieme alle componenti della scuola, le parti sociali e i partiti avvieremo un ragionamento di come dovrà essere questa figura». Il docente, comunque, «dovrà avere una presenza diversa all’ interno della scuola». Profumo rivendica i buoni risultati raggiunti da questo governo sulla sicurezza nelle scuole, sebbene sia «un tema che si porta dietro una storia e che ha bisogno di una programmazione pluriennale». Il ministro si dice disponibile a incontrare il presidente dell’Upi, Saitta, che nei giorni scorsi aveva minacciato di spegnere il riscaldamento negli istituti, ma soprattutto ci tiene a distinguersi da Elsa Fornero: «I giovani non sono choosy. Non si può essere sempre d’accordo su tutto dichiara, aggiungendo rivolto ai giovani se devo confrontarvi con la mia generazione, voi siete molto più bravi perché vivete in una realtà più complessa, con meno sicurezze».
Tuttavia ieri è stata ancora una giornata di protesta. Diverse le occupazioni, le assemblee, i presidi in tutta Italia (a Bologna si è tenuto un flash mob) tutto in vista delle manifestazioni del 14 e 17 novembre. Mentre a Roma si è svolto un corteo regionale molto partecipato (al quale hanno aderito anche l’Anpi, la Flc Cgil di Roma e Lazio, l’Unicobas Scuola, l’Usb e l’Usi Scuola, il Coordinamento Scuole Roma e il Coordinamento Precari Scuola) conclusosi proprio sotto la scalinata del ministero al grido di «dimissioni». Trenta, forse 50mila i manifestanti tra studenti, personale Ata, insegnanti di ruolo e precari, genitori. Come le mamme dell’istituto comprensivo di viale Venezia Giulia che riunisce 4 scuole. Hanno portato un lungo striscione fatto con la carta igienica che ormai da anni sono costrette a comprare per le aule dei loro figli. «Lo avevamo fatto per la Gelmini, pensavamo di riporlo invece siamo ancora qui perché è sempre peggiodicono Da un governo tecnico ci saremmo aspettati più attenzione per la scuola pubblica, per quella privata è pure troppa». Michela, che insegna francese alle medie, vede «molti elementi di decadenza nella scuola pubblica. I genitori ci comprano le carte geografiche, io faccio le fotocopie a mie spese per le mie 9 classi, un mio alunno diversamente abile quest’anno non poteva fare il campo scuola perché né il Comune né l’istituto potevano pagare l’assistente. Io correggo 250 compiti al mese senza essere retribuita per questo e vengo accusata di lavorare poco».
DEMAGOGIA SENZA DIDATTICA
Interviene anche Maria, insegnante da 25 anni: «Mi parlano di tablet quando a me mancano i soldi per le fotocopie, troppa demagogia non sostituisce la didattica». Genitori e docenti di una scuola media di Centocelle (periferia romana) mostrano uno striscione con scritto «meno F35, più istruzione». «Abbiamo fatto seminari per parlare dello stermino dei rom e abbiamo portato in aula i partigiani spiega una mamma -, è chiaro che se passa il ddl Aprea nella nostra scuola di periferia non investirà nessuno». La stessa preoccupazione dei ragazzi del Liceo Amaldi di Tor Bella Monaca, altra zona della capitale. «Con quella legge la nostra sarà una scuola di serie C, per reietti dice Matteo (18 anni) La smettano di chiamarle “riforme della scuola”, sono leggi di bilancio, la formazione non c’entra». C’è una professoressa del Falcone-Pertini che dice: «Io sono di ruolo ma voglio dire che i precari sono stati massacrati, è indice di uno scarso riconoscimento sociale della figura del docente. I presidi, poi, sono diventati dirigenti che devono pensare ai conti non alla didattica». Le parole pronunciate dal ministro nella mattinata sono accolte con speranza ma anche con diffidenza. «Lo deve mettere nero su bianco», dice una professoressa del Turistico. Mentre quelle del Liceo Aristotele sfilano con tutti i compiti in classe attaccati fino a formare un lungo striscione, «Difendiamo il nostro diritto a lavorare bene e quello dei ragazzi a essere educati, è sulla Costituzione». «Basta con i balletti. L’aumento dell’orario di lavoro per i docenti deve essere ritirato come tutti i tagli alla scuola», chiede il segretario generale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo.
l’Unità 11.11.12