Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani dice «bisogna evitare che alcune candidature solitarie, come in Sicilia, diventino pura testimonianza», perché i progressisti, ragiona, hanno un’ispirazione di governo e non di testimonianza. Imprimendo un’accelerazione per un patto con moderati e centristi e dando una stoccata a Vendola. «Insisto: la nostra proposta è quella di un’alleanza dei progressisti che si apra al confronto con le forze politiche e civiche moderate per ricostruire il Paese», dice l’ex ministro mentre viaggia in un mini tour tra Caserta, Avelli no e Benevento in vista delle primarie che «fanno bene ai partiti. Anche il Pdl dovrebbe farle a dispetto di un Berlusconi che si rimette in campo anche se quel campo oggi mi pare piuttosto malmesso».
Segretario, addirittura una “cosa da pazzi” la vittoria in Sicilia. Ma vince l’astensione più che un partito.
«Suvvia siamo seri: quella era solo una battuta. Ma la vittoria c’è perché in un mare di sfiducia bisogna riconoscere che il Pd e i suoi candidati sono all’incrocio dell’esigenza di cambiamento e di un nuovo governo. Credo che questo sia il punto da dove ripartire perché tocca a noi trasformare questo disagio in un vero cambiamento, apportando però i temi di governo: la protesta da sola non offre soluzioni».
Epperò se si contano gli astenuti il Pd sull’isola non arriva al 7-8 per cento.
«Non si può contare in questo modo altrimenti dovrebbero essere abbassate le percentuali di tutti i partiti. Con il Pd c’era anche una lista civica attorno a Crocetta, dobbiamo guardare non al singolo risultato ma al dato complessivo. Se si guarda questo dato, la nostra forza rimane intatta, mentre gli altri partiti perdono tutti, tranne Grillo. Dopodiché sì, c’è un problema di disaffezione della gente verso la politica. Ma sono fiducioso, perché i risultati siciliani e tutte le rilevazioni dimostrano che siamo l’unica forza capace di aggregare».
Ma Grillo esonda al Sud come un fiume in piena.
«Come lo spiego? Lo dico da un anno. Temi come la sobrietà, l’utilizzo della rete, la democrazia diretta interrogano tutti, anche noi. Ma quel movimento è ormai un catalizzatore di disagio e disaffezione verso la politica. Ma, attenzione, i grillini non hanno una soluzione per il Paese e contro la più grave crisi economica degli ultimi decenni, mentre occorre decidere cosa fare e dare risposte all’altezza della crisi».
Un problema di riconoscimento dei partiti: il presidente Napolitano vi chiede di riprendervi il proprio ruolo.
«Dopo vent’anni di sbandamenti dobbiamo decidere se metterci nel solco delle grandi democrazie occidentali, che sono fatte di partiti, o se vogliamo coltivare in forme nuove l’eccezionalismo italiano sconosciuto negli altri paesi. Perché personalizzazione e demagogia ci allontano dal contesto delle democrazie che funzionano mentre i partiti riformati sono un’esigenza ineludibile per metterci su una strada che non prevede ricette semplificate e populistiche».
Il premier Monti ironizza “Noi cattivi? I partiti stanno messi peggio”.
«Mettere tutti i partiti nel mucchio non mi piace. Noi stiamo reggendo una situazione complicata: sosteniamo il governo anche su cose che non ci piacciono e diamo contributo generoso in una situazione difficile».
Non teme Grillo, quindi?
«Io ragiono per l’Italia, mi preoccupo del mio Paese».
Sicuro di andare al governo?
«Penso di sì. E questo sarà il nostro primo impegno». Eppure la nuova legge elettorale di cui si sta discutendo potrebbe portare all’ingovernabilità. «Sono seriamente preoccupato. Noi proponiamo un premio di maggioranza del 12 o il 15 per cento ma c’è chi pensa che occorra abbassare il tasso di governabilità secondo il principio “Muoia Sansone con tutti i Filistei”. Ma sarebbe un disastro».
Prima però d sono le alleanze: dopo la vittoria di Crocetta con Pd e Udc ora è forte il pressing per chiudere con I moderati.
«La mia proposta è questa: occorre un patto, una convergenza tra l’area progressista e quella moderata. Il mio compito è dare un contributo per creare un’area di progressisti per il governo che accetti il confronto con forze moderate. Ed evitare nel frattempo che posizioni di sinistra diventino, come in Sicilia, una pura testimonianza. Casini e altri protagonisti di un centro moderato stanno lavorando per organizzare il loro campo, dopodiché lo svolgimento del tema tra due aree distinte che si parlano è affidato a meccanismi elettorali che non conosciamo ancora. Ma, ripeto, serve il confronto con i moderati che rifiutano di correre dietro la destra».
Dopo i governi Pdl a trazione leghista qual è la ricetta che propone il Pd per il Mezzogiorno?
«Purtroppo abbiamo inaugurato in Europa l’idea che c’è qualcuno che si salva da solo. Ragionamento che va contro ogni evidenza, perché più si allarga la forbice tra Nord e Sud, e più si allarga quella tra l’Italia e l’Europa. Occorre invece partire dalla reciprocità tra Nord e Sud e quel che dico a Napoli lo dico anche a Varese: dal Mezzogiorno deve partire la richiesta di riforme che servano al Sud ma siano utili per l’intero paese, a cominciare da quelle per la legalità e per dare lavoro».
Cosa intende?
«Riforme per combattere la criminalità, la legalità, per ridurre l’intermediazione amministrativa, riforme per aiutare gli investimenti che danno lavoro, riforme per un welfare che non sia solo basato sugli occupati e così via. È chiaro che tutte queste politiche devono poi essere rafforzate al Sud smettendola finalmente di tagliare le risorse destinate al Mezzogiorno come avvenuto in questi anni».
Nel frattempo ci sono emergenze già scoppiate: da oggi in Campania ci sono 21mila esondati senza stipendio o ammortizzatore.
«Noi non abbiamo mai abbandonato questa tema e, di legge in legge, abbiamo lavorato in questo senso per risolvere i problemi più immediati e insisteremo sino ad arrivare all’obiettivo. Se ci avessero ascoltati prima non saremmo arrivati qui. La nostra soluzione era diversa: darci un arco di anni per l’uscita dal lavoro; chi andava via prima prendeva meno; chi dopo di più. E se qualche azienda aveva problemi di esodi si sarebbe potuto trovare un sistema affinché la gente non perdesse quota pensioni. C’è un buco nella riforma ma siamo testardamente impegnati a chiudere questo buco».
Non l’unica emergenza se a voi, come al Pdl del resto, non piace la legge di stabilità che si sta discutendo.
«Cí sono ricette diverse tra noi e il Pdl su almeno 4 punti. Primo: sulla scuola; secondo: sulla fiscalità noi siamo per alleggerire il peso sui redditi da lavoro; terzo: abbiamo a mente gli esodati e, quattro, pensiamo che sul tema di enti locali e sanità ci siano molte cose da correggere. Noi ci mettiamo sul fronte sociale e del lavoro mentre il Pdl è meno interessato a questo fronte. Capisco che ci sia un difficile equilibrio ma la legge di stabilità deve esserci e sfido io a mettere sullo stesso piano noi e il Pdl. Vedi la legge sulla corruzione, per esempio. Per noi deve esserci anche la legge sul falso in bilancio. Se Il Pdl insiste a impedirlo, lo faremo sicuramente nel prossimo governo».
Mentre si scopre che l’Idv, in tema di finanziamento, non è immacolato.
«Preferisco notare solo come i dipietristi mettendosi nella posizione di rifiuto ad una qualsiasi discussione sui temi di governo per protestare genericamente si siano autoesclusi. Da mesi l’Idv è su un’altra strada».
Intanto le primarie rischiano di lacerare il suo partito.
«La discussione si è aperta e non è lacerante. Io le ho volute perché penso facciano bene al Pd e quindi all’Italia, perché rompono il muro di incomunicabilità tra la politica e i cittadini. Anzi dovrebbe farle anche il Pdl».
Ma le farà? Il Cavaliere è tornato in campo.
«Dice? Vuole tornare in campo ma non ha capito che il suo campo mi pare un campo piuttosto impantanato».
Il Mattino 31.10.12
Pubblicato il 31 Ottobre 2012