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"Severino: la condanna è di primo grado. Ex premier candidabile", di Virginia Piccolillo

La sentenza sui fondi neri Mediaset è di primo grado e quindi «non ha una diretta e immediata conseguenza sulla vita politica di Berlusconi come di qualunque altro politico, perché nel nostro paese vige un principio che è la presunzione di innocenza». Da Gerusalemme, dove è intervenuta alla Hebrew University contro la prescrizione per i crimini di guerra internazionali, il ministro della Giustizia Paola Severino ha chiarito un punto chiave della fibrillazione politica di questi giorni. Il ddl anticorruzione, se approvato, non renderà incandidabile Silvio Berlusconi. La norma applicativa della legge che dovrebbe prevedere il divieto di inserire nelle liste elettorali candidati con precedenti penali, infatti, si riferisce solo a condanne definitive, che hanno cioè superato il terzo grado di giudizio. «Principio vinto e superato — ha spiegato la Severino — solo quando c’è una sentenza definitiva. Quindi Berlusconi è libero di decidere del suo destino politico e deciderà liberamente quello che vorrà nelle prossime elezioni». «Finché le sentenze non diventano definitive — ha aggiunto —, ciò che stabiliscono non può essere considerato definitivo; in ogni caso prenderò visione anche della motivazione della sentenza che è sempre molto importante oltre che la decisione». Teoricamente, dunque, sul provvedimento non dovrebbe influire la ricomparsa sulla scena del leader Pdl. Anche perché il ddl, se approvato, potrebbe semmai concedere a Berlusconi un accorciamento dei tempi di prescrizione del processo Ruby. Certo, l’occasione di un voto di fiducia potrebbe essere un’opportunità per chi auspica la caduta del governo e il ritorno anticipato alle urne. Del resto non sono mancate critiche al ddl, soprattutto per quanto riguarda la prescrizione. Come ha fatto notare, dopo il Csm, anche l’Associazione Nazionale Magistrati che sabato ha parlato di «sostanziali effetti di parziale amnistia». E, nel documento finale del comitato direttivo approvato all’unanimità, ha definito il ddl «senza dubbio un’occasione mancata per quello che non prevede (come l’incriminazione dell’autoriciclaggio, la riforma del falso in bilancio e del voto di scambio)».
Lunedì alle 16, comunque, il provvedimento sarà all’esame dell’aula di Montecitorio. E forse si capirà di più sul suo destino.