È il giorno dello sciopero generale. Non di tutta la Sardegna, ma di una parte, quella considerata la «polveriera d’Italia»: il Sulcis Iglesiente. Quel quarto di isola che, ha una popolazione di circa 130 mila abitanti, 32 mila disoccupati, e 5400 persone che campano grazie agli ammortizzatori sociali. La provincia «più povera d’Italia». Oggi il Sulcis Iglesiente si ferma e i lavoratori manifesteranno. A Cagliari. Davanti al palazzo della giunta regionale. Un sit in che prevede la partecipazione di circa duemila lavoratori. «Buona parte delle responsabilità di questa situazione sono in capo proprio alla politica regionale esordisce Roberto Puddu, segretario generale della Camera del lavoro del Sulcis Iglesiente quindi la nostra destinazione non può che essere il palazzo regionale di viale Trento». A convocare lo sciopero generale con tanto di sit in sotto il palazzo dell’esecutivo sono stati i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil assieme ai sindaci dei 23 Comuni e alla Provincia di Carbonia Iglesias. Una manifestazione di popolo, prevista inizialmente a Roma e poi spostata a Cagliari che, come ribadiscono i promotori, ha un obiettivo: salvare il Sulcis Iglesiente da una crisi devastante. «La manifestazione si sarebbe dovuta svolgere, il 29 ottobre nella capitale spiega ancora Puddu da quando è stata proclamata però ci sono state una serie di iniziative e interlocuzioni, compreso l’impegno dei ministri Passera, Barca e del sottosegretario De Vincenti ad essere nel Sulcis il 13 novembre». Un impegno accolto dai sindacati e dai primi cittadini come un segno di apertura verso la vertenza più generale che riunisce tutte le diverse situazioni di crisi. Risultato? «Davanti a questo impegno formale con le altre organizzazioni sindacali si è deciso di confermare lo sciopero generale del 29 (oggi appunto) e spostare la manifestazione da Roma a Cagliari».
A VOCE ALTA Per tutta la settimana i sindaci dei 23 comuni si sono prodigati con i sindacati per mettere in piedi la manifestazione annunciata comunque da tempo. Qualcuno, come Giuseppe Casti, sindaco di Carbonia, ha lanciato anche un appello ai cittadini invitando tutti alla mobilitazione e a partecipare alla manifestazione di Cagliari. «In una drammatica situazione economica e sociale come quella in cui versa il nostro territorio dice alzare la voce non è un atto di prepotenza ma una semplice, doverosa e necessaria rivendicazione di uno dei diritti fondanti di ogni stato democratico: il lavoro». Franco Porcu, ex sindacalista della Fiom e oggi sindaco di Villamassargia, nonché portavoce del movimento dei 23 primi cittadini è fiducioso sulla riuscita della manifestazione. «Contiamo di portare in piazza oltre 2mila persone spiega perché ci saranno cittadini e lavoratori in partenza da ciascun centro». L’ex sindacalista ha le idee chiare: «Qui in ballo non c’è il futuro di una sola fabbrica ma di un intero sistema. Cresce il numero di poveri e dei senza lavoro del Sulcis, perché tutto sta finendo. Dietro una fabbrica che chiude c’è uno spicchio di questo territorio che muore. E noi non possiamo permetterlo». Con gli amministratori e i cittadini questa mattina ci saranno tutti i lavoratori. A battere in maniera incessante i caschetti sui marciapiedi ci sarà il popolo delle fabbriche. Che lotta da parecchi mesi per salvare stipendio e lavoro. Quelli dell’Alcoa impegnati in una vera e propria corsa contro il tempo per cercare di salvare la fabbrica. Con loro ci saranno anche i lavoratori degli appalti già in cassa integrazione e in presidio permanente davanti all’ingresso della fabbrica. Non saranno certo gli unici. Il popolo delle fabbriche prevede la partecipazione in massa dei lavoratori, attualmente in cassa integrazione, dell’Eurallumina. E i minatori della Carbosulcis di Nuraxi Figus che, come assicura Giancarlo Sau della Rsu «saranno presenti». Senza dimenticare poi i numerosi lavoratori dell’indotto e delle imprese d’appalto che proprio in questi giorni si battono per cercare di ottenere gli ammortizzatori sociali. E anche i rappresentanti e lavoratori delle piccole aziende costrette a fare i conti con la crisi. «Oggi chiediamo risposte alla Regione conclude Roberto Puddu ma sia chiaro al governo che l’impegno assunto dall’esecutivo nazionale per il 13 deve accompagnarsi con altrettanti atti immediatamente realizzabili a contrasto della crisi».
L’Unità 29.10.12
Pubblicato il 29 Ottobre 2012