C’è da chiedersi chi stia smantellando il delicato meccanismo che sta alla base della attività di previsione e prevenzione dei rischi sismici, vulcanologici, ambientali. Chi stia, cioè, smantellando l’interfaccia scientifico della Protezione civile, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Un giudice a L’Aquila che, nella solitudine della sua coscienza, ha ritenuto un gruppo di «clerici» della scienza responsabili del tradimento della propria missione per essersi prestati a un gioco mediatico di rassicurazione? Oppure un burocrate della spending review che ha deciso di mandare a casa, dal 31 dicembre 2012, quasi la metà (più del 40 per cento) dei ricercatori che ogni giorno controllano i movimenti della terra, delle sue faglie sismiche, dei suoi impetuosi o silenti vulcani, nel nostro dissestato Paese? Si tratta di cose molto diverse fra loro e l’Ingv non ha mancato di esprimere solidarietà e preoccupazione per la sentenza de L’Aquila: «Quale scienziato si sentirà ora libero di esprimersi al di fuori della discussione accademica?». Sta di fatto che da un paio di settimane il Centro nazionale terremoti, che fornisce il servizio di sorveglianza sismica dell’intero paese, ha difficoltà a funzionare. Assemblee dei lavoratori, ferie arretrate accumulate durante le emergenze dell’Emilia Romagna e del Pollino, da smaltire per legge entro l’anno, fanno saltare i turni di controllo della rete sismica. Cosa è successo? Il nuovo direttore generale, Massimo Ghilardi, ha disdetto un accordo firmato dalla precedente direzione che prevedeva il rinnovo, fino al 2016, dei contratto a termine dei precari storici, gli «stabilizzandi», considerati indispensabili per «le pressanti esigenze operative», «personale perfettamente inserito in tutte le attività istituzionali dopo essere stato formato a svolgerle». Ghilardi, si ricorderà, faceva di mestiere l’assicuratore a Brescia. È stato portato al ministero della Ricerca da Maria Stella Gelmini. Come dirigente del Miur ha seguito la pratica che ha portato alla nomina di Stefano Gresta a presidente dell’Ingv. Ora è il braccio destro del nuovo presidente. La sua proposta è indire un concorso, azzerando un decennio. I protagonisti di questo gioco dell’oca non sono, per usare un’espressione del ministro Fornero, choosyboys, ragazzi schizzinosi. Simone Atzori ha 39 anni, lavora all’Ingv da quando ne aveva 29, è ingegnere ambientale, dottorato in telerilevamento. L’estate scorsa, con una aspettativa non pagata ha lavorato in Svizzera per alcuni mesi. Se non gli rinnoveranno il contratto alzerà il telefono, perché in Svizzera gli hanno subito offerto di restare con loro, guadagnerebbe circa tre volte i 1700 euro al mese che riceve a Roma. Il problema riguarda l’Italia, «la mia formazione», spiega Raffaele Di Stefano, 41 anni, geologo, dottorato in Svizzera, «è costata allo Stato circa mezzo milione di euro». Cosa va in crisi se escono i precari storici? Nei prossimi 3 mesi si prevedono difficoltà per la manutenzione della rete sismica nazionale in Campania, in Sicilia orientale, in Calabria, a Roma, da dove i dati del monitoraggio raccolti su tutto il territorio nazionale vengono trasmessi alla Protezione civile. Sarà difficile anche mantenere in funzione la rete Gps grazie alla quale si rilevano spostamenti del terreno anche minimi, di un millimetro. Per capire cosa tutte queste difficoltà significano per il cittadino comune bisogna risalire con la memoria fino al 1980, al terremoto dell’Irpinia. Allora, per localizzare i luoghi del terremoto e l’entità dei danni, per capire dove erano le popolazioni isolate e mandare gli aiuti ci vollero settimane. Le colonne di camion con gli aiuti intasarono le vie di comunicazione con ritardi che causarono danni pesantissimi e costo di vite umane. Adesso la zona epicentrale si localizza in tempo reale, il monitoraggio registra scosse anche minime, e fino ad una magnitudo inferiore a uno, entro mezz’ora, si comunica alla Protezione civile posizione, profondità, magnitudo della scossa, elenco dei comuni interessati. Se la magnitudo è più di 2.5 la Protezione civile viene avvertita per telefono entro due minuti, 5 minuti dopo c’è il primo algoritmo, dopo mezz’ora la Protezione civile ha tutte le coordinate e l’intensità finale. Ancora più veloce la procedura con magnitudo 5. È il presupposto per aiuti veloci e coordinati ma è anche lo strumento per arricchire il database sugli eventi sismici in Italia che consente di affinare gli strumenti di previsione e prevenzione. Metodologie rimaste uguali dopo il terremoto de L’Aquila. Se errori ci sono stati, si è valutato, non sono avvenuti al livello della struttura allora diretta da Giulio Selvaggi. Ma si tratta di un sistema di hardware e software elaborato in contatto con i maggiori centri di ricerca nel mondo, che va mantenuto in efficienza, anche in modo banale: la memoria che si esaurisce, il vandalo che distrugge la stazione di rilevamento. È un campo nel quale l’attività pratica, i turni di notte, le partenze in missione se si verifica un evento come il terremoto dell’Emilia, la reperibilità, si mescolano in modo indissolubile alla ricerca, che porta all’Istituto milioni di finanziamenti europei. La situazione è così grave che a Catania un ordine di servizio ha proibito ai precari che dal 1 gennaio saranno mandati a casa di non prendere le ferie.
L’Unità 25.10.12
Pubblicato il 25 Ottobre 2012