Domande e risposta (e una scheda tecnica) sulla norma che prevede l’aumento dell’orario di lavoro degli insegnanti: è falso che i docenti italiani lavorino meno dei loro colleghi europei, è vero che la scuola italiana è ancora ferita dai disastrosi tagli del governo Berlusconi. Ora basta: l’istruzione è il futuro del Paese. Nella Legge di Stabilità è contenuta una norma che prevede l’aumento dell’orario frontale (cioè le lezioni in classe) degli insegnanti delle scuole medie inferiori e medie superiori da 18 a 24 ore settimanali. Questo provvedimento non è accettabile per una serie di ragioni che cercheremo di spiegare in questo articolo.
Molti cittadini non si rendono bene conto di quel che potrebbe significare per la scuola italiana una norma di tal fatta. Cerchiamo di spiegare perché il PD non voterà la legge di stabilità e perché è importante la mobilitazione di tutti, non solo del mondo della scuola.
Aumentare le ore di lavoro migliora la qualità della scuola?
NO, NON MIGLIORA IN ALCUN MODO LA QUALITÀ’ DELLA SCUOLA e non avrà nessuna ricaduta positiva sugli studenti. Anzi porterà solo ripercussioni negative sulla qualità della didattica. Dietro questa proposta, infatti, non vi è alcun progetto o idea per migliorare, rilanciare o innovare la scuola italiana. Quello che e certo e che si tratta solo dell’ennesimo taglio alle risorse destinate all’istruzione.
E’ vero che i docenti italiani lavorano poco, meno che in altri paesi europei?
NON E’ VERO. CON QUESTA NORMA SI FA PASSARE UN MESSAGGIO SBAGLIATO E OFFENSIVO rispetto alla professionalità del nostro corpo docente, lasciando intendere che il lavoro di un insegnante si esaurisca nel corso delle lezioni frontali in classe, quando invece il contratto attuale prevede che per le attività funzionali alla didattica (lezioni da preparare, correzione compiti in classe, incontri con i genitori, partecipazione agli organi collegiali, aggiornamento professionale, etc.) un insegnante dedichi non meno di una ventina di ore alla settimana. Dunque raggiungiamo una media non inferiore alle 35 ore di lavoro settimanali. In piena media europea.
Se passasse questa norma, diminuirebbero i posti di lavoro?
SI’, AVREMO UNA PEGGIORE QUALITÀ’ DELLA SCUOLA E MENO POSTI DI LAVORO. L’approvazione di una simile norma determinerebbe l’immediato peggioramento della didattica di cui farebbero le spese gli studenti e i docenti. L’aumento delle ore di lezione frontale, infatti, costringerebbe gli insegnanti a lavorare su più classi aumentando in modo irragionevole il numero degli alunni da seguire e tagliando decine di migliaia di posti di lavoro. In questo modo si potrebbe produrre un triplice drammatico effetto: insegnanti di ruolo in sovrannumero, drastica riduzione di opportunità per i precari e per quelli che faranno il concorso appena bandito sperando di ottenere un posto che non ci sarà più. Tutto questo a stipendio invariato, che già oggi è il più basso d’Europa. Nei dati Ocse pubblicati a settembre emerge un confronto impietoso tra le retribuzioni dei nostri docenti e quelle degli altri paesi appartenenti a questa organizzazione. Se si osserva la dinamica nello scorso decennio, ci sono paesi che hanno aumentato anche del 50% gli stipendi degli insegnanti mentre negli ultimi anni il salario reale dei docenti italiani è diminuito di un punto percentuale.
E’ vero che la scuola italiana ha già subito tagli disastrosi negli anni passati?
SI’, E’ VERO. LA SCUOLA NEGLI ULTIMI ANNI HA GIA’SUBITO TAGLI INTOLLERABILI OPERATI DAL GOVERNO BERLUSCONI a partire dalla legge 133 del 2008 con cui, nel solo triennio 2009-2011, sono stati fatti tagli per circa 8 miliardi di euro che hanno colpito proprio il personale della scuola (87 mila insegnanti e 44 mila personale ATA in meno rispetto al 2008). Sono diminuite le ore di scuola mentre sono aumentati gli alunni per classe a fronte di una riduzione delle classi e dei plessi scolastici. Tremonti e Gelmini sono intervenuti con l’accetta con scelte sciagurate che hanno avuto come unico obiettivo quello di fare cassa sulla pelle degli alunni, del personale della scuola e delle famiglie.
Il problema della scuola italiana è nelle poche ore di lavoro degli insegnanti?
IL PROBLEMA NUMERO UNO DELLA SCUOLA ITALIANA E’ LA MANCANZA DI INVESTIMENTI. Gli ultimi dati OCSE, in questo senso, scattano una fotografia sconfortante. L’Italia è il fanalino di coda negli investimenti per la scuola: la percentuale della spesa pubblica italiana destinata all’istruzione è calata rispetto al 2008 ed è ora molto inferiore alla media OCSE. Complici i tagli apportati negli ultimi anni, la nostra spesa per l’istruzione in rapporto al PIL è scivolata al penultimo posto tra i paesi industrializzati. Per queste ragioni il governo Monti, nei primi giorni del suo mandato, si era impegnato affinché questa gravissima lacuna fosse colmata, affermando che l’istruzione rappresenta il volano di crescita per il paese e che non è immaginabile pensare di sostenere lo sviluppo senza investire in istruzione. Le ultime scelte del governo sono in evidente contraddizione con queste affermazioni.
Per tutte queste ragioni il Pd si oppone alla norma sull’orario degli insegnanti contenute nella Legge di Stabilità ed è impegnato in Parlamento perché siano cancellate.
E’ vero che la legge di stabilità è già passata al vaglio delle commissioni parlamentari?
NO, NON E’ VERO. Cerchiamo di fare chiarezza. Innanzi tutto la commissione Bilancio non ha ancora cominciato a discutere nel merito delle norme della legge di stabilità, per cui immaginare che non ci sia uno stralcio della norma sull’orario, è fantasia. La relazione sarà fatta mercoledì prossimo, e gli emendamenti -che sono lo strumento per poter arrivare allo stralcio- si presentano entro il 31 ottobre.
La norma sarà esaminata anche in Commissione Cultura e Istruzione e il Pd non voterà, come detto e ripetuto, ha già dichiarato che non voterà altri tagli sulla pelle degli insegnanti.
Il Pd difende la scuola pubblica?
Il PD difende e difenderà sempre la scuola pubblica. La nostra è una storia recentissima: siamo nati appena 4 anni fa, ma abbiamo fatto del sistema pubblico di istruzione uno degli assi portanti del nostro programma, perché nel dna di coloro che hanno fondato il PD, c’è questo. Lo abbiamo scritto almeno in una decina di articoli, pubblicati negli ultimi giorni in questo sito: questa legge di stabilità non la voteremo. Non la voteremo non per una difesa corporativa, non perché molti di noi sono insegnanti o perché abbiamo molti docenti in parlamento (come altre forze hanno molti avvocati…), ma perché pensiamo questa legge apra una ferita nella democrazia italiana, e metta a rischio, in particolare, il valore la forza e perfino la bellezza dell’articolo 3 della Costituzione.
Cosa dirà e cosa farà il PD in concreto?
FATTI E PAROLE. Le nostre “parole” sono le nostre ripetute dichiarazioni, i nostri “fatti” sono gli emendamenti per cambiare la norma e l’arma del voto che è l’arma della democrazia: senza ‘se’ e senza ‘ma’, diciamo NO a una norma pericolosa e ingiusta.
Ma perché il Pd non fa cadere il governo?
Vogliamo, come la stragrande maggioranza degli italiani responsabili, che si arrivi alla scadenza naturale del mandato, perché una crisi politica in questi giorni significherebbe precipitare nel baratro e questa volta senza uscita, non la Grecia ma l’Argentina, o peggio Weimar, senza più stipendi statali e senza più pensioni. Ma abbiamo anche detto che questo senso di responsabilità non può essere scambiato per un lasciapassare su tutto, e la responsabilità deve essere di tutti, a cominciare dal governo. Quindi a Monti e a Profumo abbiamo chiesto un ragionevole passo indietro. La scuola e gli insegnanti il loro ‘contributo di generosità’ lo hanno già dato. Ora tocca ad altri. In questo momento, siamo convinti che questo NO rappresenti il senso di responsabilità per il futuro del Paese.
www.partitodemocratico.it
Per ulteriori approfondimenti, ecco una Scheda Tecnica preparata dal gruppo PD della VII Commissione della Camera dei Deputati:
SCHEDA TECNICA
Legge stabilità e insegnanti medi: tagli di risorse e personale a regime e nel primo anno (2013)
Come descriveremo in seguito, la legge di stabilità porterà l’orario di lavoro degli insegnanti medi da circa 35 a circa 46 ore settimanali a stipendio invariato. A parte i profili di diritto del lavoro e incostituzionalità che lo impedirebbero (per cambiare orario di lavoro agli insegnanti, contrattualizzati, occorre rifare il contratto all’ARAN), esaminiamo qui gli effetti di questa operazione. NB qui e nel seguito “insegnanti medi” sta per “insegnanti delle scuole secondarie di primo e secondo grado”.
Primo punto: a regime (dal 2015) questo forte aumento di orario a stipendio invariato produce (cfir. tabelle legge stabilità) risparmi per 721.3 milioni di euro l’anno: 385.7 in meno per insegnanti medi curricolari, 328.6 in meno per insegnanti medi di sostegno, cui si aggiunge un altro piccolo risparmio che non c’entra di 7 milioni euro l’anno per l’abolizione dei distacchi. Totale: 721.3 milioni di euro in meno all’anno, che equivalgono ad una diminuzione di circa 26mila unità nell’organico della scuola media. Combinati ai mancati pensionamenti per effetto della legge Fornero ciò implica che la scuola non assumerà nuovi insegnanti ancora per molti anni: niente ingressi in ruolo né per precari né per giovani laureati, né per concorso né per scorrimento dalle graduatorie, in barba alle frequenti dichiarazioni del Ministro in proposito. Anche i vincitori del primo concorso appena avviato non avranno posto!
Secondo punto: nella legge di stabilità è previsto, a regime, che più di metà di questi risparmi (484.5 milioni euro) siano versati in un fondo di valorizzazione dell’istruzione scolastica. Ai fini del bilancio dello stato si tratterebbe insomma di un’inutile strage di insegnanti: solo un terzo dei “morti” produce un risparmio netto a regime di 236.8 milioni di euro l’anno, mentre i rimanenti due terzi produrrebbero nuovi fondi per il Miur. Qualcuno potrebbe dire: beh, c’è almeno un vantaggio per la scuola. Ma a parte che solo un padrone delle ferriere aumenterebbe unilateralmente ai propri lavoratori l’orario di lavoro di 10 ore a salario invariato per il benefico scopo di investire di più nell’azienda, s’impone una nota storica sul bilancio a regime. Anche la legge 133/2008 prevedeva che un terzo del risparmio ottenuto con i tagli delle varie “riforme” Gelmini, pari a circa un miliardo l’anno, ritornasse al Miur per la “valorizzazione dell’istruzione scolastica”. I conti (fatti allora da Grilli per conto di Tremonti) e le previsioni della Gelmini sull’adesione al maestro unico risultarono però errati e, anche a causa di altri imprevisti (sentenza Consulta su sostegno, scatti stipendiali cancellati e una tantum restituiti nel 2010, rimborso parziale debiti scuole), quel miliardo di risparmio non è mai stato pienamene ottenuto e quanto ottenuto non è mai stato usato per la “valorizzazione dell’istruzione scolastica”. Prova ne sia che nel regolamento del Sistema Nazionale di Valutazione della scuola (agosto 2012) non si fa più alcun cenno a quel fondo, che, se non fosse scomparso, ne sarebbe il naturale polmone.
Terzo punto: l’operazione appena descritta (aumento orario a stipendio invariato) per il primo anno di applicazione (2013) implica circa un terzo di risparmi (240.4 milioni euro l’anno) rispetto al valore a regime, per ovvi motivi legati allo sfasamento fra anno fiscale e anno scolastico. Ora:
1. La Spending Review (votata MOLTO a malincuore) imponeva per il 2013 minor spesa scolastica per ca. 180 milioni, quindi dei 240 milioni risparmiati con questo abracadabra ne avanzano ben 60, molto probabilmente aggiunti al fondo di valorizzazione del 2014. Solo una mente malata poteva però, sulla base di un risparmio obbligato di 180 milioni per il 2013, partorire un provvedimento da 720 milioni l’anno basato su un brutale aumento di orario di lavoro a stipendio invariato di personale già massacrato da Berlusconi, facendo nuovamente balenare un ricupero parziale verso una non meglio precisata valorizzazione dell’istruzione scolastica: film già visto, crudele beffa, nessuna valorizzazione, compensazione di gravi errori contabili.
2. Per gli insegnanti medi europei, l’orario di insegnamento in classe è in media inferiore alle nostre 18 ore settimanali (inoltre nella maggioranza dei Paesi l’ora di lezione ha durata convenzionale compresa fra 40 e 55 minuti), mentre lo stipendio, anche rapportato al potere d’acquisto dei diversi paesi, è superiore a quello italiano (http://www.indire.it/eurydice/content/index.php?action=read_pubblicazioni)
Va pure ricordato che questo provvedimento arriva:
3. dopo che la spesa Miur “si è ridotta nell’ultimo triennio di 3.5 miliardi, di cui 2.2 nella scuola e quasi 1 nell’università” ovvero “negli ultimi quattro anni la popolazione scolastica è aumentata lievemente, mentre gli organici di fatto, al netto del sostegno, si sono ridotti di oltre 80.000 unità (-12%) e il personale ATA di oltre 40.000 (-20%)” (pag. 28, rapporto Giarda Spending Review, vedi http://www.governo.it/GovernoInforma/spending_review/documenti/Revisione_spesa_pubblica_20120508.pdf).
4. dopo il non-pagamento degli scatti di anzianità del 2011
5. dopo le pensioni sfumate per molti insegnanti per via della riforma Fornero
Nemmeno la Gelmini aveva osato tanto! Questo provvedimento è stupido, iniquo, irricevibile: incendierà le scuole e impedirà qualsiasi riforma della professionalità docente anche al prossimo Governo.
Incredibile aumento da 35 a 46 ore settimanali di lavoro a stipendio invariato
Per gli insegnanti della scuola secondaria (medie e superiori) il contratto nazionale in vigore articola esplicitamente gli obblighi di lavoro in attività di insegnamento in classe (18 ore alla settimana) e attività funzionali all’insegnamento. In che cosa consistono e quante ore prendono queste ultime?
• La parte principale di queste attività funzionali all’insegnamento consiste in adempimenti individuali (preparazione delle lezioni e delle esercitazioni, correzione degli elaborati, rapporti dell’insegnante con le famiglie) e collegiali (scrutini, esami) per i quali non è quantificato un tempo di lavoro preciso, ma si tratta di un tempo che ammonta a molte ore settimanali. Per fare un esempio chi insegna inglese ha 6 classi, ciascuna con 3 ore di insegnamento in classe alla settimana, per un totale di almeno 150 alunni (quando va bene): oltre alla preparazione delle lezioni ogni mese gli toccano 6 prove da inventare, almeno 150 compiti da correggere e un centinaio di genitori da incontrare. Ci vorrà almeno un pomeriggio al mese (fra invenzione e correzione) per ogni compito in classe, e un altro paio di pomeriggi al mese per il ricevimento dei genitori di tutte le classi. Fanno 8 pomeriggi al mese, cioè 40 ore al mese, ovvero 10 ore alla settimana. Per preparare le lezioni, vogliamo prevedere almeno un quarto d’ora per ogni lezione? Spesso ci vuole molto più tempo, ma anche cosi vengono circa 5 ore alla settimana. In tutto non meno di 15 ore esplicitamente previste, benché non quantificate, dal contratto di lavoro. Perché non quantificate? Perché, a seconda delle materie insegnate, si possono avere un po’ più o un po’ meno classi rispetto all’esempio fatto: quella indicata è la stima minima per un caso medio.
• Sono inoltre esplicitamente previste dal contratto altre attività funzionali all’insegnamento (partecipazione a collegio docenti, consigli di classe, dipartimenti, programmazione didattica, verifiche, informazione delle famiglie etc), per le quali è previso un tetto di 80 ore annue, pari a circa 2 ore a settimana.
Dal calcolo approssimativo fatto per un esempio medio, l’insegnamento dell’inglese, si ottengono non meno di 35 ore settimanali (18+15+2) ma, per quanto appena detto, dovrebbe essere chiaro che a seconda dell’insegnamento e del numero di alunni per classe possono diventare anche di più.
A questo punto è importante osservare che
• l’aumento di orario previsto dalla legge di stabilità per le attività di insegnamento in classe (da 18 a 24 ore alla settimana) è finalizzato a ridurre il numero degli insegnanti in servizio e pertanto (proseguendo l’esempio) il nostro insegnante di inglese avrebbe 8 classi anziché 6; ciò implica 200 alunni anziché 150 e quindi anche le 15 ore di attività funzionali all’insegnamento diventano 20; l’orario settimanale medio di lavoro effettivo arriverebbe a non meno di 46 ore settimanali (24+20+2)
• gli insegnanti sono contrattualizzati: senza tornare all’ARAN e rinnovare il contratto una legge ordinaria o finanziaria non può cambiare il loro contratto di lavoro aumentando unilateralmente l’orario di lavoro, meno che mai da 35 a 46 ore settimanali!
Ultima osservazione in ordine di tempo, non di importanza: il PD ritiene urgente, e un anno fa ha discusso in un Forum, una riforma complessiva della professionalità docente anche quanto a tempi e modalità di servizio; ma proprio questo sopruso la renderà impossibile, sia in questa legislatura che nella prossima.
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