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"Insegnanti non fannulloni", di Francesca Puglisi

Berlusconi era bravo a raccontare barzellette e a lanciare insulti. Uno di essi era che gli insegnanti sono una categoria di fannulloni. Ebbene, a forza di ripeterlo, forse qualcuno ci ha creduto. Perfino qualche grande quotidiano nazionale ha pubblicato numeri e tabelle che, male interpretati e con dati parziali, farebbero credere che l’Italia scolastica è la patria degli scansafatiche e che i docenti italiani lavorino meno dei loro colleghi europei.
È una bugia: l’orario degli insegnanti italiani è assolutamente in media con quello di altri paesi. Se togliamo le eccezioni, come i maestri diplomati spagnoli o gli insegnanti tecnico-pratici d’Oltralpe, scopriamo che differenze eclatanti non ce ne sono. Nella scuola media c’è chi lavora qualche ora in più (i danesi: 2 ore), chi lavora esattamente come gli italiani (gli spagnoli, ad esempio) e chi lavora un po’ meno (i francesi). Nella scuola superiore le 18 ore sono le stesse in Francia, in Spagna e in Italia.
È vero piuttosto che gli insegnanti italiani ricevono il più basso stipendio d’Europa: da 4 a 10mila euro in meno. È questo il divario, rispetto alla media europea, tra lo stipendio di un insegnante italiano, a inizio e a fine carriera, rispetto ai suoi colleghi degli altri paesi dell’Unione.
Inoltre le ore di lezione frontale (quelle in cattedra) sono soltanto una parte dell’attività di un docente, perché poi ci sono i compiti da correggere a casa, la preparazione delle lezioni, lo studio indispensabile per essere aggiornati, la programmazione delle attività collegiali, le riunioni coi genitori ecc. A fronte del contratto di 18 ore settimanali, possiamo allora dire senza esagerazioni che le ore di lavoro effettive sono circa il doppio. E che sarebbe ora che il contratto dei docenti fosse sì rivisto, ma per conteggiare in busta paga tutto quel lavoro “oscuro” – poiché fatto a casa – ma indispensabile, offrendo agli insegnanti la possibilità di farlo in scuole aperte tutto il giorno.
La spending review chiede al Miur un taglio di 182,9 milioni di euro. Il ministro Profumo portando l’orario a 24 ore, pratica un taglio di quasi un miliardo di euro per andare a costituire con i risparmi aggiuntivi ottenuti sulla pelle di decine di migliaia di insegnanti, un Fondo per la valorizzazione dell’istruzione, con la promessa di ridistribuirli tra i “superstiti”. Anche la Gelmini promise di restituire agli insegnanti il 30 per cento del “cosiddetto risparmio” ottenuto tagliando 132.000 posti di lavoro. Sappiamo che furono promesse da mercante.
La verità è che grazie alla quotidiana generosità degli insegnanti, la scuola pubblica sta ancora in piedi.
È dalla scuola che è stato pagato l’86 per cento del risparmio della spesa statale di questi anni. La “reingegnerizzazione” stavolta deve essere fatta altrove.
Accogliamo con fiducia le parole di apertura del ministro Profumo per correggere le misure sulla scuola contenute nella legge di stabilità.
Anche noi vogliamo una scuola europea e di qualità per studenti e insegnanti. Ma le riforme si fanno investendo, non tagliando. Il ministro troverà sempre nel Pd il sostegno per invertire il segno e rimettere la scuola al centro dell’agenda delle politiche di sviluppo del paese. Dopo anni di tagli e di denigrazione, nella Carta di intenti Pier Luigi Bersani scrive che “«nei prossimi anni se c’è un settore della spesa statale per il quale è giusto che altri ambiti rinuncino a qualcosa è quello della formazione. Dalla scuola dell’infanzia e dell’obbligo all’università. Oggi gli insegnanti vanno in pensione vedendo con rammarico distrutti dalla destra i gioielli di famiglia del sistema scolastico italiano per i quali hanno combattuto – scuola dell’infanzia, modulo e tempo pieno nella primaria – e i nuovi insegnanti entrano sfibrati dopo anni di precariato. Ecco, vorremmo che quando saremo chiamati al governo del paese, il passaggio del testimone tra le generazioni di educatori avvenga con un nuovo entusiasmo e slancio, per ricostruire la scuola pubblica di qualità di cui l’Italia ha urgente bisogno».

da Europa Quotidiano 20.10.12

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