Non ho più avuto una vita normale.Tutto mi riporta al campo. Qualunque cosa faccia, qualunque cosa veda, il mio spirito torna sempre allo stesso posto. È come se il “lavoro” che ho dovuto fare laggiù non sia mai uscito dalla mia testa. Non si esce mai, per davvero, dal Crematorio.(Shlomo Venezia)
È il 16 ottobre del 1943, il “sabato nero” del ghetto di Roma. Alle 5.15 del mattino le SS invadono le strade del Portico d’Ottavia e rastrellano 1024 persone, tra cui oltre 200 bambini. Due giorni dopo, alle 14.05 del 18 ottobre, diciotto vagoni piombati partiranno dalla stazione Tiburtina. Dopo sei giorni arriveranno al campo di concentramento di Auschwitz in territorio polacco. Solo quindici uomini e una donna (Settimia Spizzichino) ritorneranno a casa dalla Polonia. Nessuno dei duecento bambini è mai tornato…
Oggi la presentazione del disegno di legge contro il negazionismo
prima firmataria Silvana Amati (PD)
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L’addio a Shlomo Venezia
IL MESSAGGIO DI BERSANI ALLA COMUNITÀ EBRAICA DI ROMA IN OCCASIONE DEL 69° ANNIVERSARIO DELLA DEPORTAZIONE DEGLI EBREI ROMANI
Quella di oggi è una data scolpita in maniera drammatica nella memoria di Roma e del paese intero. E’ il giorno in cui ricordiamo il rastrellamento del Ghetto e la deportazione di 1024 ebrei romani, uno dei momenti più dolorosi delle persecuzioni antisemite fasciste e naziste in Italia.
Il 16 ottobre di 69 anni fa, una parte della città fu strappata con inaudita violenza alla vita e agli affetti. Furono soltanto sedici le persone che riuscirono a tornare dai campi di sterminio nazisti e, con un coraggio e con una forza incredibile, sono diventati i testimoni della Shoah avendo come loro unica priorità il desiderio di trasmetterne la memoria ai giovani.
La data di oggi resta una ferita aperta nel cuore di Roma. Una ferita che ha subito nuovi oltraggi. Non possiamo dimenticare di aver vissuto altri momenti dolorosissimi, come l’attentato del commando palestinese alla Sinagoga nel 1982, nel quale perse la vita il piccolo Stefano Gay Tache’, e prima di questo l’odioso gesto di una bara lasciata durante una manifestazione davanti alla Sinagoga. Dinanzi alle vittime innocenti e al dolore di chi resta, non è consentito l’oblio.
E’ significativo che questa giornata sia stata scelta per dare avvio a un disegno di legge del Partito Democratico che porterà alla definizione del reato di negazionismo.
Essere consapevoli della nostra storia, coltivare il valore della memoria, non dimenticare la vergogna delle leggi razziali, sono le fondamenta per dire mai più all’antisemitismo e al razzismo, sotto qualsiasi forma dovessero tornare a presentarsi.
Mali che si nascondono nella parte più buia dell’animo umano e che minacciano la pacifica convivenza tra le persone. Lo vediamo con preoccupazione nel risorgere in tutta Europa, dalla Grecia all’Ungheria, di movimenti neonazisti che si richiamano a quel passato. Perché dobbiamo essere consapevoli che proprio nella crisi possono insorgere regressioni devastanti.
Non dobbiamo dimenticare che sui valori della convivenza e del rispetto dei diritti dell’uomo i Padri Costituenti costruirono un futuro di pace e sviluppo risollevando il Paese dopo le devastazioni della guerra e della dittatura. Leader europei ugualmente lungimiranti capirono che solo un destino comune avrebbe preservato l’Europa da altre guerre.
Elie Wiesel con parole straordinarie ha motivato il suo consenso al Nobel per la Pace assegnato all’UE dicendo che è bello pensare all’Europa di oggi non più come un’idea ma soprattutto come un ideale.
Mi unisco a questo pensiero ed osservo che la prospettiva di un’Europa unita sia l’unica in grado di fermare i rigurgiti di nazionalismo.
Proseguire un cammino per mantener fede ad una promessa di pace e di progresso, per non conoscere più la vergogna della discriminazione razziale o religiosa: questo è il futuro. E, dentro questo progetto, ognuno di noi non deve stancarsi di lottare affinché le persone imparino a parlarsi senza odio.
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