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"Vita da prof: dopo 20 anni di lavoro record di disturbi psichiatrici", di Flavia Amabile

I prof andranno in pensione più tardi come tutti in Italia ma sappiamo a che cosa andranno incontro i nostri figli? La risposta è nel primo studio condotto in Italia sui docenti inidonei e sulle loro malattie realizzato da Vittorio Lodolo D’Oria, medico specialista che dal 1998 si sta occupando del Disagio Mentale Professionale negli insegnanti con pubblicazioni dale cifre sempre più chiare.

Gli inidonei sono i professori che hanno un esonero dall’insegnamento per malattia e che fino all’anno scorso hanno lavorato in segreterie e biblioteche e che ora il governo ha deciso di declassare a bidelli. Quello che emerge dallo studio è l’alta incidenza di diagnosi psichiatriche (il 64%) a dispetto del fatto che quella dei prof è considerata una professione a mezzo servizio, come sottolinea Vittorio Lodolo D’Oria nello studio. Questo lavoro continuato per cinque giorni, nell’arco di nove mesi l’anno comporta un’usura psicofisica: l’87% delle diagnosi si riferisce a problemi ansioso-depressivi, il 13% si divide tra disturbi di personalità e psicosi.
Un altro dato interessante è l’anzianità di servizio media al momento della diagnosi, circa 20 anni di lavoro continuativi in cattedra.

Non ci sono differenze sostanziali tra le varie zone d’Italia a conferma del fatto che non si tratta di malattie inventate ma che colpiscono tutti, indistintamente: al Nord il 37%; al centro il 30%; Sud e Isole 33%.
Dati analoghi si ritrovano anche all’estero a conferma che l’usura si riferisce al lavoro e non è una delle solite anomalie italiane. I prof sono la categoria a maggior rischio suicidio in Francia mentre in Inghilterra il rischio di suicidi è al 40%. In Baviera uno studio mostra come la maggior parte dei pre-pensionamenti per malattia fra i prof sia dovuta a disturbi psichiatrici. “Questo studio – spiega Lodolo D’Oria – dimostra che le patologie psichiatriche accusate dai docenti inidonei debbono essere ritenute patologie professionali. Il problema, comune ad altre nazioni – dove viene però affrontato con risolutezza – vede un Governo italiano distratto, che non attua studi epidemiologici su base nazionale, non valuta la salute della categoria professionale prima di licenziare le riforme previdenziali, ma al contrario penalizza i docenti (l’82% di questi sono donne) che si ammalano (decreto Brunetta, abolizione della causa di servizio, spending review).

I provvedimenti fin qui adottati dal Governo sono stati quelli di: allungare l’età pensionabile dei docenti senza prima aver valutato lo stato di salute della categoria; trascurare ad ogni effetto la preponderante componente femminile tra i docenti (le donne sono l’ 82%) e la diversa suscettibilità delle lavoratrici di fronte al rischio delle patologie psichiatriche professionali come prevede anche la legge; cancellare la possibilità di dispensa dal servizio per gli inidonei permanentemente all’insegnamento; abolire la Causa di Servizio per la Pubblica Amministrazione col D.L. 201/11; collocare d’ufficio gli inidonei per motivi di salute nel ruolo amministrativo demansionandoli e dequalificandoli. Una sorta di accanimento – ai limiti dell’incostituzionalità – sui “deboli”, resi tali da malattie tra l’altro sviluppate durante il lavoro, dopo aver tolto loro anche la possibilità di richiedere un indennizzo a titolo di risarcimento”.

La Stampa 09.10.12

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