Gasbarra: «È emergenza democratica, chiederò agli alleati di sostenerlo». Ok di Sel al presidente della Provincia • Campidoglio, si pensa a Riccardi. Alemanno, forse le dimissioni. Nicola Zingaretti in campo come candidato presidente alle regionali del Lazio. E’ la scelta compiuta dal Partito democratico, è la proposta che il Pd fa agli alleati. Il presidente della Provincia, fino a ieri candidato per il Campidoglio, ha dato la sua disponibilità «per spirito di servizio», il passo successivo è l’incontro con le forze di centrosinistra. La svolta decisa dal Pd, ieri c’è stata una lunga telefonata fra Pier Luigi Bersani e Enrico Gasbarra, è maturata rapidamente e risponde a diverse esigenze nel rapido precipitare degli avvenimenti politici.
Nel Lazio si va al voto subito, almeno questo è lo scenario più probabile, è il convincimento del ministro Anna Maria Cancellieri, il soggetto istituzionale che, insieme alla presidente uscente, deve stabilire la data della consultazione. Il Lazio diventa dunque la consultazione più importante, insieme alla Sicilia, della tornata che si concluderà con le elezioni politiche. Ma si va alle urne, per usare le parole di Renata Polverini, dopo un’alluvione di fango come quella del 1966 a Firenze. L’ingordigia del Batman di Anagni, al secolo Franco Fiorito, ha scoperchiato meccanismi che toccano tutti, alimentando il fiume dell’antipolitica. Zingaretti ha, in questa situazione, molte carte da giocare: è già in campo, anche se fino a ieri ha studiato da sindaco; è il più apprezzato fra i TQ, l’unico insieme a Matteo Renzi, ad avere una caratura e una popolarità nazionale. In più, quando è scoppiato lo scandalo della Pisana, è stato il primo a twittare «tutti a casa», la sua è una candidatura nel segno del rinnovamento in una regione sotto choc, mette tutti d’accordo, tagliando di netto con il totonomi fra autocandidature deboli e nomi che ritornano da tre lustri (Gentiloni e Touadi, Sassoli e Melandri).
Last but not least, il Pd ha davanti a sé la questione aperta dell’allargamento delle alleanze. Con il voto a dicembre non ci sono i tempi politici, prima ancora che di calendario, per stringere un patto con l’Udc. I centristi del Lazio hanno scelto di sostenere Renata Polverini e Luciano Ciocchetti, vicepresidente e assessore all’urbanistica, è stato accanto alla governatrice fino alla sera delle dimissioni e anche oltre. Inoltre, come ha subito sottolineato Luigi Nieri (Sel), è anche l’autore della peggiore legge sul piano casa che abbia visto la luce. Non sembra quindi proponibile un così rapido giro di valzer centrista. Discorso diverso potrebbe valere per il Campidoglio, una volta che Zingaretti, con «spirito di servizio» abbia lasciato il terreno. E il lavoro, avviato dal presidente della Provincia su Roma, con il «progetto strategico per l’area metropolitana», che punta welfare, urbanistica, mobilità, sviluppo sostenibile e ambiente, cultura, è in gran parte mutuabile anche dalla cabina regionale. Così come la riforma delle strutture della politica e degli apparati, a cominciare dalle società partecipate.
Dunque lo schema di gioco è «classico» per la Regione, con una alleanza di centrosinistra, mentre nel campo avverso si scalda i muscoli Giorgia Meloni, che punta sulla chance di ricompattare l’elettorato di destra (il filone ex An) forte soprattutto nelle province fuori Roma, da Viterbo, a Latina, a Rieti, a Frosinone. A Roma, invece, dove si voterà in contemporanea con le politiche, potrebbero realizzarsi le condizioni dell’allargamento dell’alleanza al centro a cui si sta lavorando a livello nazionale. Se questa ipotesi si realizzerà, la figura di Andrea Riccardi, ministro del governo Monti, avrebbe il profilo alto di un candidato tecnico. «Roma ha bisogno di un nuovo Argan», ha detto il ministro in una intervista di qualche giorno fa al Corriere della Sera. Se gli sviluppi, sul piano nazionale, andassero diversamente, in ogni caso, la candidatura per lo scranno più alto dell’aula Giulio Cesare, sarebbe scelta in area cattolica.
Su Andrea Riccardi, nel Pd, insieme a Giuseppe Fioroni, che ne è stato sponsor molto convinto, puntano i veltroniani. Veltroni sindaco con Sant’Egidio ha stabilito un forte feeling, soprattutto nelle iniziative per la pace, volte a superare le barriere fra israeliani e palestinesi. Sull’allargamento delle alleanze per il Campidoglio c’è anche la sintonia del capogruppo romano, Umberto Marroni.
I prossimi passi saranno le consultazioni con gli alleati, Nieri ha posto la questione delle primarie e Gasbarra ha risposto che si faranno, anche se i tempi sono brevi, per Idv «prima viene il programma». Enrico Gasbarra, il cui nome era fra i papabili per la Regione Lazio, forte del successo dell’iniziativa da «elettrochoc» conclusasi con le dimissioni della Polverini, si trova bene nel ruolo di segretario che dovrà affrontare le tre elezioni a Roma e nel Lazio.
Intanto nel Pd romano si discute animatamente sui consiglieri uscenti. La linea è quella del rinnovamento, ma l’ex capogruppo Esterino Montino sostiene: «Sarebbe un errore grave non ricandidare nessuno degli uscenti. Non si può mettere sullo stesso piano Pd e Pdl». Roberto Morassut, intervenendo in direzione, ha posto un problema più generale, «l’errore politico ha origine nel come si fa opposizione».
Nel centrodestra vertice, ieri, da Alfano, con Alemanno e Renata Polverini. Si susseguono le voci sulle dimissioni del sindaco, lui nega ma è costretto a fronteggiare difficoltà che gli vengono dalla sua maggioranza, condite con lo scoppiare degli scandali sugli appalti per gli autobus. Le dimissioni gli aprirebbero la strada per il Parlamento.
L’Unità 04.10.12