Caro governo, non ci siamo. Con i sindaci del Pd la mattina, con i sindacati nel pomeriggio, e il messaggio che esce da entrambi gli incontri è il medesimo. I due appuntamenti sono stati organizzati da Pier Luigi Bersani per discutere la «carta d’intenti», per raccogliere suggerimenti, obiezioni, contributi in vista della stesura definitiva del documento che disegnerà i confini della coalizione dei progressisti (e se Matteo Renzi dice che chi vince ai gazebo «impone il suo programma», il leader del Pd replica che «queste sono le primarie dei progressisti e una cornice che delimita il campo dei valori da cui non ci sradichiamo va accettata da chiunque partecipa»). Ma è inevitabile in una giornata come questa, caratterizzata dal forte calo delle Borse, dall’allarme Istat sul crollo delle vendite al dettaglio e da un rapporto Svimez che dà il tasso di disoccupazione al Sud al 25%, discutere anche dell’attuale situazione economica. «La situazione è molto complicata», dice Bersani confessando di pensarla in modo totalmente diverso da chi parla di ripresa in atto. «Il meccanismo rigore-recessione si sta avvitando, passiamo di manovra in manovra, purtroppo quel famoso spiraglio non c’è ancora, stanno accelerando gli elementi di recessione, disoccupazione, calo dei consumi e quindi credo che dobbiamo partire da questa verità, dire parole di verità».
LASCIATO SOLO CHI È SUL FRONTE
Per oltre due ore il leader del Pd ascolta i sindaci raccontare le difficoltà a cui devono far fronte per chiudere i bilanci, per non tagliare i servizi, per pagare le imprese, annuisce, e poi chiude l’incontro dicendo che «il governo è troppo algido» sul sociale e sul ruolo dei Comuni. «Come facciamo a rispondere al tema sociale, se il fondo sociale non c’è più?», si chiede denunciando il fatto che «viene lasciato troppo solo chi è sul fronte». Gli enti locali possono essere uno strumento utile alla ripresa, ma questo non sembrano averlo capito a Palazzo Chigi: «Tagliare ai Comuni è la cosa più semplice, ma c’è anche un tema culturale, non è che possiamo aspettarci dei terremoti per riprendere il rapporto tra amministrazione centrale ed enti locali».
Non è questa l’unica critica che muove al governo, perché al di là del monito che lancia a pochi giorni dal varo della legge di stabilità («se stanno pensando a qualche altra “botta” sulla scuola non possiamo essere d’accordo, si è già pagato il pagabile»), e al di là del giudizio critico sulla riforma delle Province (parla di una visione dell’autonomia locale che è un «abborracciamento confuso»), nel corso dell’incontro con i rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil e Ugl Bersani riconosce che grazie a Monti «ci siamo allontanati dal baratro», aggiungendo però che «la ripresa ancora non c’è». È soprattutto la situazione occupazionale a destare «preoccupazione».
Con i sindacati discute della Fiat, dell’Ilva, di Piombino, di Finmeccanica e, dice Bersani, il tema è come affrontare una fase che sarà ancora impostata sulla «difensiva»: «Bisogna mettere crescita, lavoro e uguaglianza nelle prossime riforme. Se fin qui ci siamo allontanati dal baratro la dinamica è ancora difficile, la ripresa ancora non c’è». E comunque sia, dal 2013 spetterà al centrosinistra aggiungere al «rigore» di Monti «più lavoro e più equità».
FIDUCIA SULL’ANTI-CORRUZIONE
Ma in queste ore caratterizzate dal caso Lazio è inevitabile, anche, discutere del tema della legalità, che per Bersani, nell’ottica di «un rinnovamento morale», è cruciale per costruire un futuro meno a tinte fosche di quel che si vede oggi: «L’economia non può riprendere se non c’è l’idea che ci può essere una riscossa civica», dice rispedendo al mittente la tesi propagandata in questi giorni da Berlusconi del “sono tutti uguali”, o la sfida lanciata da Alfano di non ricandidare nessuno dei consiglieri del Lazio uscenti. «Noi il rinnovamento lo facciamo, ma non è che voi che sguazzate nel fango lo mettete nel ventilatore e siamo tutti uguali, noi di Batman non ne abbiamo». Il riferimento è a Fiorito, anche se Bersani non fa finta di niente di fronte al fatto che l’aumento spropositato dei fondi ai gruppi è stato votato anche dai consiglieri democratici: «Noi avremo dovuto ribaltare il tavolo ma i soldi li abbiamo spesi per iniziative e manifesti e non per le ostriche». Bersani rivendica al Pd il merito per aver «proposto e testardamente portato avanti» i disegni di legge che hanno portato all’abolizione dei vitalizi a livello parlamentare e alla riduzione del finanziamento pubblico ai partiti.
«Mentre le cose che non siamo riusciti a fare, come il dimezzamento dei parlamentari, sono state bloccate da loro. E lo stesso sul disegno di legge anti-corruzione».
Un provvedimento, quest’ultimo, su cui il Pd chiede al governo un atteggiamento più risoluto, ricorrendo anche alla fiducia: «È indecoroso e inaccettabile che in una situazione talmente disastrosa nel rapporto tra istituzioni e politica, se ne impedisca l’approvazione. Il governo ha gli strumenti in mano per fare approvare questa legge che il mondo si aspetta – dice uscendo dall’incontro con i sindacati – altro che articolo 18».
L’Unità 27.09.12