«Sui parametri bibliometrici individuati dall’Agenzia, non registro un consenso unanime nella comunità accademica». Ora che anche l’ex-ministro Maria Stella Gelmini critica l’operato dall’Anvur il cerchio si chiude e non è facile trovare qualcuno che difenda l’operato di questa istituzione. L’attività dell’Agenzia nazionale per la valutazione dell’Università e la ricerca è diventato forse l’unico argomento di discussione all’interno delle aule e dei dipartimenti universitari. Migliaia di aspiranti professori hanno seguito con ansia le tappe che avrebbero dovuto condurre a criteri certi per la verifica delle loro qualità di ricercatori.
Ma ora non c’è più nulla se non il fatto che qualsiasi decisione presa viene messa in discussione. Infatti l’Agenzia ha continuamente corretto i criteri che aveva emanato magari pochi giorni prima. Sul sito dell’Anvur sono ormai più numerose le note che chiariscono qualcosa, piuttosto che quelle che affermano qualcosa. Ma la creatività dei commissari Anvur non si è limitata a questo arrivando ad inventare fantasiose locuzioni ossimori che, come il capolavoro della mediana come «definizione univoca ma anche ambigua».
L’ultimo atto è datato 14 settembre 2012 e poteva essere la parola fine ad una richiesta di chiarimenti che ormai proveniva da molte parti. Tante le domande a cui avrebbe dovuto rispondere l’Agenzia, dall’utilizzo pedissequo di parametri non utilizzati in nessuna parte del mondo – tutto il sistema è basato sul numero di citazioni ricevute, che può misurare forse quanti amici hai ma non la qualità della tua ricerca – all’elenco delle riviste buone e cattive – di cui sarebbe stata misurata la qualità oggettivamente ma non è dato sapere in base a quale criterio. Non da ultimo si fa una distinzione rigidissima tra sapere scientifico e sapere umanistico, che utilizzeranno due diversi sistemi di valutazione, rinnegando decenni di innovazione multidisciplinare nella ricerca.
Un vero pasticcio che si sperava l’Agenzia potesse dipanare con una nota ufficiale. Invece l’Agenzia non fa altro che riaprire tante questioni tirando in ballo il ministro Profumo accusato, tra le altre cose, di aver voluto chiudere in tutta fretta una questione che necessitava di tempi molto più lunghi.
C’è poi una questione non secondaria che è quella del conflitto d’interessi tra gli esperti che hanno dovuto stilare i criteri di valutazione e la lo loro candidatura a commissario per l’abilitazione. Il buon senso avrebbe evitato che un esperto potesse decidere i criteri attraverso il quale lo stesso o negativamente. Invece per l’Anvur tutto questo è normale, e così ora un gran numero di persone verrà valutata attraverso criteri che loro stesso avranno individuato.
Insomma a due anni di distanza dall’istituzione di questa Agenzia il risultato è magrissimo. Peccato perché la costituzione dell’Agenzia di valutazione è sempre stata una proposta del centrosinistra, fin dal 2007 con il ministro Mussi, ed è sempre stata richiesta a gran voce da tutta la comunità scientifica italiana. Oggi si rischia invece di buttare via il bambino con l’acqua sporca.
Una soluzione però ci sarebbe ed è contenuta in una mozione parlamentare che il Pd vuole presentare che chiede al ministro una norma interpretativa che consideri i criteri emanati dall’Anvur un’indicazione di massima per le commissioni e non rigido ostacolo da superare ad ogni costo.
A questa mozione ha lavorato Luciano Modica, ex-sottosegretario all’Università del secondo governo Prodi, che ci spiega come questo sia l’unico modo per salvare l’intera procedura dell’abilitazione ma soprattutto per rimettere in moto il sistema esperto viene poi giudicato positivamente concorsuale bloccato da diversi anni. Ci sarà poi tempo per aprire una vera discussione pubblica sulla valutazione universitaria e sugli strumenti da utilizzare per valorizzare le molte cose positive che le nostre università producono.
A sorpresa è l’ex ministro Gelmini ad aprire a questa soluzione: «Ci sono grosse perplessità sull’operato dell’Agenzia. È necessario evitare qualsiasi ricorso giudiziario che bloccherebbe nuovamente i concorsi per anni anche perché non esiste una giurisprudenza sulla valutazione». Ma non si ferma qui. Infatti ci annuncia che anche lei è disposta, attraverso la mozione parlamentare del Pd, a richiedere al ministro una norma interpretativa: «Sarebbe necessario un provvedimento interpretativo del ministro che dica che i criteri dell’Anvur sono un criterio indicativo e non vincolante».
La cosa veramente strana è che anche l’Anvur chiede al ministro questo provvedimento. Nel documento del 14 settembre scrive infatti che si può «concedere l’abilitazione anche a candidati che non superino le soglie delle mediane (i criteri individuati dall’Anvur ndr)» dichiarando inutile tutto il lavoro da loro fatto negli ultimi mesi. Servirà molto tempo per riflettere sull’operato di un’Agenzia che alla fine di un lungo percorso dichiara fallimento in maniera così palese.
Molto meno tempo hanno però migliaia di giovani ricercatori che attendono da anni di entrare dentro le università italiane prima di decidere, come molti altri, di trovare all’estero quello che in Italia sembra impossibile trovare.
L’Unità 22.09.12