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""Il Governo corregga l’errore della riforma Fornero": Manuela Ghizzoni difende i pensionandi della scuola" di Giuseppe Grasso

La deputata del Pd Manuela Ghizzoni, Presidente della Commissione Cultura alla Camera, si batte da oltre sette mesi per difendere i diritti dei pensionandi della scuola di «Quota 96». Non è un caso che abbia ospitato nel suo sito il denso e fruttuoso dibattito di questo nuovo ‘popolo viola’ le cui progettualità di vita sono state illecitamente troncate dalle cesoie della riforma Fornero. Il comparto scuola gode da sempre, come tutti sanno, di una speciale decorrenza per la collocazione a riposo: il 1 settembre (e non il 31 dicembre) di ogni anno. Aver fissato al 31 dicembre 2011 il termine per accedere alla pensione con i vecchi requisiti non può rendere ragione al personale della scuola le cui cadenze temporali sono scandite, a differenza degli altri dipendenti pubblici, dall’anno scolastico e non dall’anno solare. Non si tratta di un privilegio di casta ma di un «diritto acquisito» già dal 1 settembre 2011 ancorché da «esercitare» – come ha puntualizzato il giudice veneziano Luigi Perina – il 1 settembre 2012, un diritto per la cui tutela tutti i lavoratori coinvolti, per lo più del 1952, hanno adito le vie legali. Manuela Ghizzoni, che aveva presentato lo scorso giugno un disegno di legge apposito per ovviare a tale discriminazione, il n. 5293, è sempre più determinata a non allentare la presa e a proseguire la battaglia in nome dell’equità. Per questo ribadisce ad Affari che il Governo Monti deve trovare il modo di correggere quella ‘stortura’ normativa con un equo provvedimento che tenga conto delle ordinanze favorevoli emesse, nel frattempo, da alcuni tribunali italiani. La via legale non può e non deve escludere la via governativa, ribadisce la deputata democratica, che è persona pacatamente combattiva, caparbia, coraggiosa, non avvezza a perifrasi quando si tratta di tutelare le ragioni di questi lavoratori.

Onorevole Ghizzoni, lei ha appena presentato una interrogazione parlamentare sui pensionandi della scuola di quota 96, interrogazione elaborata anche alla luce degli sviluppi giudiziari che contemplano i verdetti favorevoli ai ricorrenti emessi dai Giudici del Lavoro di Siena, Torino e Venezia. Cosa chiede?

«Chiedo che venga riconosciuto e corretto l’errore contenuto nella riforma Fornero. La scuola, infatti, è l’unico settore del comparto pubblico che accede alla pensione un solo giorno all’anno, il 1 settembre, in virtù dell’articolo 1 del D.P.R. 351/98, che vincola la cessazione dal servizio «all’inizio dell’anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata». La riforma Fornero, fissando al 31 dicembre 2011 il termine della normativa previgente, non ha tenuto conto della specificità della scuola. Così circa 4000 fra docenti e personale Ata, che hanno iniziato l’anno scolastico 2011-2012 nella fondata convinzione di accedere al pensionamento il 1 settembre 2012, non sono potuti andare in quiescenza nonostante la maturazione dei requisiti necessari. Si tratta di un errore evidenziato esplicitamente nelle recenti ordinanze di alcuni magistrati del lavoro: ora tocca alla politica riconoscere di aver sbagliato e sanare quella disparità. I tribunali, come ho già detto in passato, non possono bastare».

Ma l’errore lei lo aveva denunciato già lo scorso gennaio alla Camera con l’ordine del
giorno n. 79 accolto dal governo.

«Esatto. L’accoglimento di tale ordine del giorno da parte del Governo – che riconosceva l’errore compiuto e si impegnava a correggerlo – ha ovviamente acceso legittime speranze circa una soluzione positiva. Sono arrivate, invece, reiterate “docce fredde”. Prima due bocciature dell’emendamento che si prefiggeva di ristabilire i diritti acquisiti dei pensionandi della scuola “traditi” dalla riforma Fornero. Poi la superficiale risposta del viceministro Martone alla nostra puntuale interrogazione che palesava la ragione giuridica della specificità della scuola anche in materia pensionistica – risposta che smentiva l’impegno precedentemente assunto. La bontà della richiesta è evidente e ora persino acclarata dai pronunciamenti di alcuni magistrati: ecco perché abbiamo presentato una proposta di legge ad hoc che potrebbe confluire nella proposta Damiano redatta per rispondere alle istanze dei lavoratori esodati esclusi o dimenticati dalla riforma Fornero. È una strada non facile da percorrere, visti i precedenti, ma la dobbiamo battere con fermo convincimento. Alla conferenza stampa di giovedì scorso, indetta dal gruppo del Pd della Camera, è stata prefigurata chiaramente questa eventualità».

Il comma 20 bis approvato in parlamento con la spending review, per ritornare sul comportamento contraddittorio del governo, ha riconosciuto al personale della scuola la data del 31 agosto 2012 come termine utile alla maturazione dei requisiti con le vecchie regole ma ne ha limitato il riconoscimento ai soli docenti in esubero, escludendo i docenti non soprannumerari e tutto il personale Ata. Con l’approvazione di tale articolo non si è di fatto sancito quel diritto?

«Assolutamente sì. Questa norma sancisce inequivocabilmente la ragionevolezza della nostra richiesta di far slittare al 31 agosto 2012 il termine per la vigenza della normativa ante Fornero per chi avrebbe maturato la cosiddetta quota 96 nel corso dell’anno scolastico appena concluso. La limitazione degli effetti della nuova norma al solo personale docente soprannumerario è una mediazione “al ribasso” difficile da digerire, soprattutto perché nasce dalla presunta assenza di risorse. La cifra necessaria, per la verità, come dimostrano le coperture agli emendamenti da noi presentati e poi bocciati, è relativamente contenuta e non impossibile da recuperare. I diritti dei lavoratori in questione, pur nel difficile contesto economico-finanziario in cui versa il Paese, non possono essere a corrente alternata».

Dunque il governo, pur riconoscendo l’esistenza di un diritto, ha finito per negarlo avanzando, del tutto incoerentemente, problemi di copertura finanziaria.

«Con l’approvazione del comma 20 bis il re è nudo! E, in virtù di tale evidenza, alle necessità di copertura finanziaria occorre dare una precisa risposta. Aggiungo che, fin dal gennaio scorso, indicammo al ministro Profumo l’opportunità di accogliere la nostra richiesta per poter disporre di ulteriori posti da attribuire ai precari: si tratta, peraltro, dell’unica strada percorribile per ringiovanire la classe docente più anziana d’Europa e per inserire, come più volte affermato dallo stesso ministro, professionisti motivati e anagraficamente più vicini ai discenti».

Come giudica il comportamento del ministro dell’Istruzione che non ha mai preso una posizione in merito?

«Per raggiungere il risultato sperato è indispensabile una incisiva azione del ministro Profumo nei confronti del collega Grilli. Incisività che fino ad ora è mancata, verosimilmente, per condivisione del rigore montiano. Tuttavia, a maggior ragione dopo l’approvazione del comma 20 bis in favore dei docenti soprannumerari, non potrà non esserci una soluzione definitiva per tutti gli aventi diritto. È un obiettivo di equità a cui il governo non può e non deve sottrarsi».

Pensa dunque che il comportamento del ministro, a fronte delle sentenze favorevoli emanate, possa farsi più incisivo? Che scenari – governativi e parlamentari – si possono prevedere?

«Penso che le sentenze possano essere di sprone per il ministro. Ma, più in generale, ritengo che siano utili a far riconoscere la fondatezza delle nostre ragioni e a farla diventare senso comune. Non è solo nei confronti del governo e delle forze politiche, in realtà, che occorre rivendicare l’esigibilità di un diritto “scippato”; ancor di più bisogna farlo nei confronti della società in generale, presso la quale alberga ancora un diffuso pregiudizio – convintamente alimentato dal precedente governo – sull’impegno e sulla professionalità dei lavoratori della conoscenza. Occorre accompagnare la richiesta di veder riconosciuto il diritto alla pensione con una grande campagna culturale, affinché la società comprenda l’importanza della scuola come presidio di democrazia e di crescita e sia nuovamente tributato ai professionisti che vi operano quel prestigio sociale di cui ancora godono in tutta Europa ma non – purtroppo – nel nostro Paese. I lavoratori della scuola hanno denunciato, con i loro ricorsi, una grana giudiziaria di non poco conto. E hanno fatto bene perché i tribunali hanno finalmente cominciato a far luce (e giurisprudenza) sulla «sfasatura» esistente fra le norme ordinarie della pubblica amministrazione e le norme peculiari della scuola, sulla “violazione” di quelle leggi non abrogate dalla riforma Fornero e sulla volontà del governo di non tenerne debitamente conto».

da affaritaliani.it

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