Forse l’umidità sedimentata nel tempo. Forse un’infiltrazione aggravata dalle ultime piogge. A rovinare sul suolo degli Scavi di Pompei, stavolta, è una pesante trave di castagno che risale agli anni Settanta e non servirà prendersela con Giove Pluvio. Per fortuna capita di notte e non c’è nessuno a rischiare il collo: l’asse di legno marcita, lunga quasi cinque metri, si stacca dalla struttura che sorregge le tegole e vola giù per quasi otto metri sul pavimento dello splendido (solitamente affollato) porticato: è il peristilio con affreschi della famosa Villa dei Misteri. Alla propaggine estrema di un parco archeologico, lungo 44 ettari, sorvegliato da pochissimi custodi, penalizzato da sette crolli negli ultimi ventidue mesi.
La trave non ha alcun valore, dunque, e non c’è danno alle strutture della domus: eppure non basta questo sollievo a placare le polemiche sugli Scavi a rischio abbandono, e sul tema sicurezza che pende — è il caso di dire — sulla testa di lavoratori e turisti, oltreché su un inestimabile patrimonio.
Protestano i sindacati, Legambiente, parlamentari di destra e sinistra. Dalla senatrice Pdl Diana De Feo che parla di «manutenzione inesistente e rischio incolumità per i turisti», al collega Pd Andrea Marcucci, che denuncia: «Esiste uno spread culturale, non meno grave di quello finanziario. Il governo assuma come priorità gli interventi su Pompei». Solo sei mesi fa, a febbraio, volò via l’intonaco della Domus di Venere in Conchiglia. Un danno che già allungava la lista dei clamorosi cedimenti degli ultimi anni, cominciati con il crollo nel cuore della Schola Armaturarum del novembre 2010. In meno di due anni, siamo al settimo episodio. Ma diventano 21 se si parte dal 2003. Fortuna che, mentre si ripropone l’eterna giostra delle reazioni, sul futuro di Pompei credono più a Bruxelles. I 105 milioni stanziati dall’Unione europea già lo scorso inverno sono i unici fondi grazie ai quali potranno partire, (seppure con ritardo di alcuni mesi), sia il restauro di 5 Domus, sia la messa in sicurezza delle tre aree più a rischio: le Regio Sesta, Settima e Ottava.
Da ieri è interdetta la sola area del peristilio. La soprintendente ai beni archeologici di Napoli e Pompei, Teresa Cinquantaquattro, assicura il via all’istruttoria interna «per capire cosa sia stato a
provocare il cedimento». Aggiunge la soprintendente: «Forse, a pesare in maniera determinante sono state le piogge violente degli ultimi giorni, che evidentemente hanno aggravato una fragilità che non era visibile, da quanto ci viene riferito dai tecnici». Scatta subito il sopralluogo dei carabinieri. E la conseguente apertura di un quarto fascicolo sugli Scavi da parte della Procura di Torre Annunziata. Le altre tre indagini, in corso, riguardano i precedenti cedimenti degli Scavi e denunce di presunti illeciti nella gestione pregressa dei fondi. Proprio il commissariamento degli anni scorsi ha lasciato opacità e vuoti di gestione che — con i tagli alle risorse, il calo progressivo della manutenzione e i cedimenti di vario livelli delle scorse stagioni — continuano a presentare un grave conto. Restano in piedi le altre domande. Cosa sarebbe accaduto se il crollo fosse avvenuto di giorno? Soprattutto: quante sono le altre travi “potenzialmente” killer?
La Repubblica 09.09.12